Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 16781 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 16781 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a CINQUEFRONDI il 17/12/1982
avverso l’ordinanza del 14/11/2024 del TRIBUNALE di CUNEO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME; J2.,,J À Q irt…~ -te’e., CP- l e GLYPH ,j7 23 ct/Le 4,35-Li GLYPH ALVY,
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che, con l’ordinanza impugnata, il Tribunale di Cuneo in funzione di Giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza di riconoscimento del vincolo della continuazione, proposta nell’interesse di NOME COGNOME tra reati giudicati con sentenza del 18 novembre 2010 della Corte di appello di Reggio Calabria, divenuta definitiva in data 8 novembre 2011, nonché con altre sentenze irrevocabili relative a reati già riuniti in continuazione con ordinanza del Giudice dell’esecuzione del 10 marzo 2023.
Considerato che i motivi proposti dalla difesa, avv. NOME COGNOME pur a fronte delle ulteriori argomentazioni di cui alla memoria depositata in data 28 gennaio 2025 (violazione degli artt. 671 cod. proc. pen. e 81, comma secondo, cod. pen. per erronea esclusione del medesimo disegno criminoso – primo motivo; vizio di motivazione – secondo motivo; travisamento della prova per omissione della valutazione di elementi forniti dal ricorrente per attestare la sussistenza di un programma fina dai primi anni 2000 – terzo motivo) / sono inammissibili perché costituiti da doglianze in punto di fatto (primo motivo), nonché manifestamente infondate per asserito difetto di motivazione che non emerge dalla lettura del provvedimento impugnato (v. p. 2 dell’ordinanza impugnata).
Reputato, infatti, che il riconoscimento del vincolo della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, di un’approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati, se i successivi reati risultino, comunque, frutto di determinazione estemporanea (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074) e che grava sul condannato che invochi l’applicazione della disciplina del reato continuato l’onere di allegare elementi specifici e concreti a sostegno, non essendo sufficiente il mero riferimento alla contiguità cronologica degli addebiti e all’identità dei titoli di reato, in quanto ind in sé sintomatici, non di attuazione di un progetto criminoso unitario, quanto di un’abitualità criminosa e di scelte di vita ispirate alla sistematica e contingente consumazione degli illeciti (tra le altre, Sez. 1, n. 35806 del 20/04/2016, COGNOME, Rv. 267580).
Evidenziato che la prova del medesimo disegno criminoso è stata esclusa dal Giudice dell’esecuzione con motivazione seppure sintetica, rispetto all’articolata istanza presentata, ma comunque, esauriente, immune da censure di ogni tipo,
non manifestamente illogica, nonché coerente con i principi giurisprudenziali indicati, sottolineando che non poteva essere rilevante, dal punto di vista unificante, la parziale omogeneità dei titoli di reato, posto che la prima sentenza si riferisce ad associazione semplice e a delitti di rapina commessi sino al 30 novembre 2004, mentre il secondo gruppo di reati riguarda la partecipazione del ricorrente all’associazione mafiosa denominata clan COGNOME, a partire dal 10 aprile 2005 e, comunque, a reati commessi tra il 2009 e fino al 2012, quindi attribuendo rilievo alla distanza temporale tra i fatti giudicati.
Ritenuto che il ragionamento svolto, esauriente ed ineccepibile, è conforme rispetto all’indirizzo interpretativo pacifico di questa Corte di legittimità secondo quale (Sez. 6, n. 4680 del 20/01/2021, COGNOME, Rv. 280595; Sez. 5, n. 54509 del 08/10/2018, Lo Giudice, Rv. 275334; 6, n. 13085 del 03/10/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259481) non è configurabile la continuazione tra il reato associativo e quei reati fine che, pur rientrando nell’ambito delle attività del sodalizio criminoso ed essendo finalizzati al suo rafforzamento, non erano programmabili perché legati a circostanze ed eventi contingenti e occasionali e, comunque, non programmati al momento dell’adesione al sodalizio (cfr. p. 2 e 3 del provvedimento, dove si fa riferimento al fatto che, secondo il Giudice dell’esecuzione, non era ipotizzabile già nell’estate del 2003 da parte del ricorrente la programmazione, sia pure per le sue linee essenziali, dell’attività poi prestata in favore di una associazione diversa, peraltro di tipo mafioso, con adesione che avviene a distanza di quasi due anni e che a maggior ragione non si può ritenere che l’istante avesse programmato, nelle linee essenziali, fin dal 2003 anche reati che verranno commessi molti anni dopo, tra il 2009 e il 2012).
Rilevato, infine, che è versata in fatto e, dunque, non scrutinabile nella presente sede, la deduzione secondo la quale i partecipi della prima associazione finalizzata alla commissione di reati predatori sono gli stessi che, successivamente, sono stati inseriti nella cosca COGNOME e che, comunque, l’avvio dell’attività associativa nel settore dei reati contro il patrimonio sia stato un “primo step” di un programma criminoso più ampio, cui aveva aderito il ricorrente e il cugino COGNOME, poi sfociato nell’adesione alla cosca di stampo mafioso.
Ritenuto, altresì, che il denunciato travisamento, in sostanza, finisce per devolvere a questa Corte il riesame delle risultanze derivanti dalle condanne irrevocabili nemmeno illustrate né accompagnate dall’indicazione delle ragioni in fatto e in diritto per le quali deve reputarsi sussistente un medesimo disegno delinquenziale, limitandosi a prospettare che i reati predatori avevano l’unica finalità di procacciare risorse economiche per le successive attività illecite, quindi, illustrando soltanto il movente delle singole azioni delittuose.
Considerato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della
Cassa delle ammende, determinata equitativamente nella misura di cui al dispositivo tenuto conto dei motivi devoluti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso, in data 6 marzo 2025
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