Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 30518 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 30518 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/07/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
Sent. n. sez. 2318/2025
CC – 03/07/2025
R.G.N. 16738/2025
– Relatore –
ha pronunciato la seguente
sul ricorso proposto da:
avverso
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME COGNOME lette le conclusioni del Sost. Proc. Gen. NOME COGNOME per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte di Appello di Palermo, quale giudice dell’esecuzione, con ordinanza del 30 gennaio 2025, ha rigettato l’istanza proposta nell’interesse di NOME COGNOME di applicare la disciplina di cui all’art. 81 cod. pen. tra i reati oggetto della sentenza n. 1171/21 della Corte di Appello di Palermo del 26 febbraio 2021, irrevocabile il 25 ottobre 2022, per due ipotesi di reato di cui all’art. 73 d.P.R. 309 del 1990 commessi rispettivamente fino al mese di giugno 2017 (capo 1) e fino al marzo 2017 (capo 2) e quelli oggetto della sentenza n. 4311, emessa dalla Corte di Appello in data 11 luglio 2022, irrevocabile il 28 febbraio 2024, per il delitto di cui all’art. 74 d.P.R. 309 del 1990 e alcune ipotesi di cui all’art. 73 d.P.R. 309, commesse dall’agosto 2015 al settembre 2016.
2.Avverso il provvedimento ha proposto ricorso l’interessato che, a mezzo del difensore, ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento della continuazione evidenziando che la conclusione cui Ł pervenuto il giudice dell’esecuzione sarebbe giuridicamente errata e manifestamente illogica in quanto, dagli atti e dalle sentenze, risulterebbe che i fatti di cessione di sostanze stupefacenti erano inseriti in un medesimo contesto ed erano stati tutti programmati ab origine nelle loro linee essenziali, come peraltro si ricaverebbe dall’omogeneità dei reati commessi e dalla sovrapponibilità del modus operandi .
3. In data 17 giungo 2025 sono pervenute in cancelleria le conclusioni scritte con le quali il Sost. Proc. Gen. NOME COGNOME chiede che il ricorso sia rigettato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso Ł infondato.
Nell’unico motivo di ricorso la difesa deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento della continuazione evidenziando che dagli atti e dalle sentenze risulterebbe che i fatti di cessione di sostanze stupefacenti erano inseriti in un medesimo contesto e che erano stati tutti programmati ab origine nelle loro linee essenziali.
La doglianza Ł infondata.
2.1. Al fine di verificare la possibilità di applicare la disciplina del reato continuato, ai sensi dell’art. art. 81 comma secondo cod. pen. il giudice di merito Ł tenuto – attraverso un concreto esame dei tempi e delle modalità di realizzazione delle diverse violazioni commesse e giudicate – a individuare l’esistenza di elementi dai quali desumere la sostanziale unicità del disegno criminoso tra le condotte poste in essere.
In una corretta prospettiva sistematica, infatti, il trattamento piø mite rispetto al cumulo materiale Ł giustificato dall’esistenza di una rappresentazione unitaria sin dal momento ideativo delle diverse condotte violatrici – almeno nelle loro linee essenziali – da parte del soggetto agente così da potersi escludere una successione di autonome risoluzioni criminose.
Ciò perchØ la ricaduta nel reato e l’abitualità a delinquere non integrano di per sØ il caratteristico elemento intellettivo (unità di ideazione che abbraccia i diversi reati commessi) che caratterizza il reato continuato nØ, evidentemente, consentono l’applicazione di un trattamento sanzionatorio piø mite (Sez. 2, n. 10033 del 07/12/2022, dep. 2023. COGNOME, Rv. 284420 – 01; Sez. 1, n. 39222 del 26/02/2014, B., Rv. 260896 – 01; Sez. 2, n. 40123 del 22/10/2010, Marigliano, Rv. 248862 – 01).
La giurisprudenza di legittimità nel corso del tempo ha indicato quali possibili ‘indici rivelatori’ della effettiva preordinazione unitaria: a) la ridotta distanza cronologica tra i diversi fatti; b) le concrete modalità della condotta;c) l’omogeneità del bene tutelato dalle previsioni incriminatrici; d) l’apprezzamento della causale e delle condizioni di tempo e luogo delle singole violazioni, aggiungendo che risulta possibile valorizzare anche soltanto alcuni di detti elementi purchØ significativi (cfr. Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074 01; Sez. 5, n. 1766 del 06/07/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266413 – 01; Sez. 1, n. 8513 del 09/01/2013, Cardinale, Rv. 254809 – 01; Sez. 1, n. 11564 del 13/11/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv. 255156 – 01; Sez. 1, n. 44862 del 05/11/2008, COGNOME, Rv. 242098 – 01).
L’unicità del disegno criminoso, in altre parole, non può identificarsi con una scelta di vita che implica la reiterazione di determinate condotte criminose o comunque con una generale tendenza a commettere dei reati (cfr. ancora Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074 – 01 e giurisprudenza in precedenza indicata).
La nozione di continuazione, d’altro canto, non può neanche ridursi all’ipotesi che tutti i singoli reati siano stati dettagliatamente progettati e previsti, in relazione al loro graduale svolgimento, nelle occasioni, nei tempi, nelle modalità delle condotte, in quanto tale definizione di dettaglio, oltre a non apparire conforme al dettato normativo, che parla soltanto di “disegno”, porrebbe l’istituto fuori dalla realtà concreta, data la variabilità delle situazioni di fatto e la loro prevedibilità, quindi e normalmente, solo in via approssimativa.
Quello che occorre, invece, Ł che si abbia una visibile programmazione e deliberazione iniziale di una pluralità di condotte in vista di un unico fine, concreto e specifico, che può essere ab origine anche di massima, purchØ i reati da compiere risultino previsti almeno in linea generale -seppure con una riserva di ‘adattamento’ alle eventualità del caso- come mezzo per il conseguimento di un unico scopo o intento prefissato (in tal senso di nuovo Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 3111 del
20/11/2013, dep. 2014, Rv. 259094 – 01; Sez. 1, n. 12905 del 17/03/2010, P., Rv. 246838 01
La difficoltà di applicazione pratica dell’istituto deriva dalla natura indiziaria di tale tipologia di accertamento che impone di risalire dai fatti commessi (evidenza obiettiva) a un aspetto di tipo eminentemente psichico (che si pone come antecedente ideologico), rappresentato dalla unitaria programmazione nell’ambito di una finalità ben individuata e circoscritta.
In questa prospettiva, ad esempio, le decisioni che riconoscono una particolare valenza all’indicatore logico della ‘non eccessiva distanza temporale’ tra le violazioni realizzano, pertanto, una opportuna autolimitazione della discrezionalità affidandosi ad una massima di esperienza che può essere ritenuta ragionevole (cfr. Sez. 5, n. 1766 del 06/07/2015, dep. 2016, Esposti, Rv. 266413 – 01; Sez. 2, n. 7555 del 22/01/2014, COGNOME, Rv. 258543 – 01
Ciò perchØ l’elemento teleologico richiesto dal legislatore non può coincidere con un finalismo del tutto generico -come in ipotesi l’obiettivo dell’agente di realizzare profitti illeciti attraverso una tendenziale dedizione al crimine sì da soddisfare in tal modo, per un tempo consistente, i propri bisogni di vita- posto che ciò finirebbe con il contraddire la natura stessa dell’istituto quale norma di favore, tesa a mitigare il rigore del cumulo materiale nei confronti dell’agente che abbia mostrato una ridotta capacità criminale.
Da ciò deriva che un consistente intervallo temporale tra un episodio e quello successivo, salve le ipotesi in cui si rinvenga una chiara ragione giustificatrice di una attuazione temporalmente frazionata di un fine specifico, Ł indicatore logico di una successione di azioni sorrette da ideazione autonome o comunque orientate a realizzare piø che una finalità circoscritta (come richiesto dalla norma) una tendenza soggettiva indeterminata ed ampia.
2.2. Nel caso in cui la richiesta di applicare la disciplina della continuazione si riferisce al reato associativo e ai reati fine non Ł sufficiente che i secondi siano riconducibili a una generica e indeterminata attuazione del programma dell’associazione o che siano inseriti nel medesimo contesto criminale.
Anche in tale ipotesi, infatti, ciò che rileva Ł che il singolo il soggetto agente abbia avuto una rappresentazione unitaria delle diverse condotte violatrici sin dal momento ideativo della prima cioŁ, quanto meno, dal momento in cui lo stesso si Ł determinato a fare ingresso nel sodalizio per cui «Ł configurabile la continuazione tra il reato di partecipazione ad associazione mafiosa e i reati-fine nel caso in cui questi ultimi siano stati programmati al momento in cui il partecipe si Ł determinato a fare ingresso nel sodalizio, non essendo necessario che tale programmazione sia avvenuta al momento della costituzione dello stesso» (Sez. 1, n. 39858 del 28/04/2023, COGNOME, Rv. 285369 – 01; Sez. 6, n. 4680 del 20/01/2021, COGNOME, Rv. 280595 – 01; nel senso che la verifica della sussistenza del medesimo disegno criminoso deve fare riferimento all’atto della costituzione del sodalizio Sez. 1, n. 1613 del 18/09/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 277914 – 01; Sez. 5, n. 54509 del 08/10/2018, COGNOME, Rv. 275334 – 02; Sez. 6, n. 13085 del 03/10/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259481 – 01).
2.3. Nel caso di specie il giudice dell’esecuzione si Ł conformato ai principi indicati e il provvedimento impugnato non Ł sindacabile in questa sede.
La motivazione, nella quale si evidenzia che non Ł possibile individuare il momento in cui Ł sorto il proposito criminoso e che, piuttosto, si evince che i fatti rientravano in una scelta di vita perseguita seguendo gli impulsi del momento e le occasioni piø favorevoli che di volta in volta si presentavano, infatti, non risulta manifestamente illogica.
Ciò anche coerentemente considerato il non breve arco di tempo intercorso e che i fatti di cessione di sostanze stupefacenti appaiono, per le modalità esecutive utilizzate, svincolate dall’attività del sodalizio criminoso.
Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così Ł deciso, 03/07/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME