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Reato continuato: quando non si applica per la droga

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un imputato che chiedeva l’applicazione del reato continuato per diversi episodi di spaccio e associazione a delinquere. Secondo la Corte, per ottenere tale beneficio non è sufficiente una generica tendenza a delinquere, ma è necessaria la prova di un unico disegno criminoso, programmato sin dall’inizio almeno nelle sue linee essenziali. Nel caso specifico, l’ampio arco temporale e le modalità esecutive dei reati indicavano una serie di decisioni autonome, non un piano unitario, escludendo così l’applicazione del trattamento sanzionatorio più favorevole.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato continuato: quando la scelta di vita criminale non basta

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 30518/2025, offre un importante chiarimento sui presupposti per l’applicazione del reato continuato, un istituto che consente un trattamento sanzionatorio più favorevole. La Corte ha stabilito che una generica tendenza a delinquere o la reiterazione di crimini dello stesso tipo non sono sufficienti per unificare diverse condotte sotto un unico disegno criminoso. È necessaria la prova di una programmazione unitaria e iniziale dei vari episodi delittuosi. Analizziamo insieme la decisione e le sue implicazioni.

I fatti del caso

Un soggetto condannato per vari reati legati agli stupefacenti, tra cui associazione per delinquere (art. 74 D.P.R. 309/90) e spaccio (art. 73 D.P.R. 309/90), commessi in un arco temporale di diversi anni, ha richiesto in fase esecutiva l’applicazione della disciplina del reato continuato. La difesa sosteneva che tutti i reati fossero espressione di un unico progetto criminoso, pianificato ab origine, come dimostrerebbero l’omogeneità dei crimini e la somiglianza del modus operandi. La Corte d’Appello di Palermo, tuttavia, ha respinto l’istanza, e la questione è così giunta dinanzi alla Corte di Cassazione.

La disciplina del reato continuato secondo la Cassazione

Il fulcro della questione giuridica risiede nell’interpretazione dell’art. 81 del codice penale. Per riconoscere il reato continuato, il giudice deve accertare l’esistenza di un ‘medesimo disegno criminoso’. La Cassazione ribadisce che questo non può identificarsi con una semplice ‘scelta di vita’ criminale o con l’abitualità a delinquere. Occorre, invece, una rappresentazione unitaria e una programmazione iniziale di una pluralità di reati, finalizzati a un unico scopo concreto e specifico.

La giurisprudenza ha individuato alcuni ‘indici rivelatori’ per accertare tale disegno:
* La ridotta distanza cronologica tra i fatti;
* Le concrete modalità della condotta;
* L’omogeneità dei reati;
* Le condizioni di tempo e luogo.

Reato continuato e partecipazione ad associazioni criminali

La sentenza si sofferma anche sul rapporto tra reato continuato, reato associativo e ‘reati-fine’ (cioè i singoli delitti commessi in attuazione del programma associativo). La Corte chiarisce che non basta che i reati-fine siano una generica attuazione del programma dell’associazione. Per applicare la continuazione, è necessario che il singolo partecipe, al momento del suo ingresso nel sodalizio o comunque prima di commettere il primo reato, si sia rappresentato e abbia programmato, almeno nelle linee generali, la serie di condotte che avrebbe poi realizzato.

Le motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso infondato, confermando la decisione della Corte d’Appello. Secondo i giudici, nel caso di specie mancava la prova di una programmazione unitaria. Anzi, il considerevole arco temporale intercorso tra i vari episodi e le diverse modalità esecutive suggerivano piuttosto una successione di decisioni autonome, dettate dalle circostanze e dalle opportunità del momento, anziché l’attuazione di un piano prestabilito. I fatti di cessione di stupefacenti apparivano svincolati da un’unica strategia, rientrando piuttosto in una scelta di vita criminale che, come detto, non è sufficiente a integrare il ‘medesimo disegno criminoso’.

Le conclusioni

La pronuncia ribadisce un principio fondamentale: il beneficio del reato continuato è una norma di favore, destinata a chi dimostra una ridotta capacità criminale attraverso la pianificazione unitaria di più illeciti, e non a chi delinque in modo seriale e abituale. Per ottenere un trattamento sanzionatorio più mite, non è sufficiente affermare che i reati sono simili o commessi nello stesso contesto. È onere dell’interessato fornire elementi concreti da cui emerga che tutti gli episodi delittuosi erano stati programmati ab origine come tappe di un unico percorso verso un obiettivo finale specifico. In assenza di tale prova, prevale il più severo cumulo materiale delle pene.

Cosa si intende per ‘medesimo disegno criminoso’ ai fini del reato continuato?
Per ‘medesimo disegno criminoso’ si intende una programmazione unitaria e iniziale di una pluralità di reati, decisa da un soggetto prima di commettere la prima violazione. Non è sufficiente una generica tendenza a commettere reati, ma è richiesta una rappresentazione iniziale di tutti gli episodi, almeno nelle loro linee essenziali, come parte di un unico piano per raggiungere un fine specifico.

Una ‘scelta di vita’ criminale è sufficiente per ottenere il riconoscimento del reato continuato?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che la ricaduta nel reato, l’abitualità a delinquere o una generale ‘scelta di vita’ criminale non integrano di per sé il disegno criminoso. L’istituto del reato continuato è una norma di favore che mira a mitigare la pena per chi ha mostrato una ridotta capacità criminale, non per chi delinque in modo seriale.

Come si applica il reato continuato tra il reato di associazione a delinquere e i singoli reati commessi dal gruppo?
Anche in questo caso, non è sufficiente che i singoli reati (‘reati-fine’) siano una generica attuazione del programma dell’associazione. È necessario dimostrare che il singolo membro, al momento del suo ingresso nel gruppo o prima di agire, avesse programmato la specifica serie di reati poi commessi come parte di un suo piano unitario, anche se coincidente con gli scopi dell’associazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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