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Reato continuato: quando non si applica per droga

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che chiedeva l’applicazione del reato continuato per due condanne relative a cessione di stupefacenti. La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, escludendo l’esistenza di un unico disegno criminoso e ritenendo i reati frutto di una generica propensione a delinquere e di circostanze occasionali, data anche la distanza temporale tra gli episodi.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato Continuato nello Spaccio: Non Basta Ripetere il Reato

L’istituto del reato continuato, previsto dall’articolo 81 del codice penale, permette di unificare più condotte illecite sotto un’unica pena più mite, a condizione che esse siano legate da un medesimo disegno criminoso. Ma cosa succede quando gli episodi, pur essendo dello stesso tipo, sono distanti nel tempo e non sembrano parte di un piano preordinato? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito i confini di questa figura giuridica, specialmente in materia di stupefacenti.

I Fatti del Caso

Il caso riguardava un individuo condannato per due distinti episodi di cessione di sostanze stupefacenti. La prima condanna si riferiva a un fatto commesso nel marzo 2010, mentre la seconda riguardava una serie di condotte poste in essere tra il 2010 e il marzo 2011. L’interessato, tramite il suo difensore, aveva richiesto al Giudice dell’esecuzione di unificare le due pene sotto il vincolo della continuazione, sostenendo che entrambi i reati fossero espressione di un unico progetto criminale.

La Corte d’Appello di Bologna, in funzione di Giudice dell’esecuzione, aveva respinto la richiesta. Secondo i giudici, i reati erano avvenuti in contesti diversi e separati da un notevole arco temporale. Più che un piano unitario, emergeva una generica propensione del soggetto a commettere quel tipo di reato, senza una programmazione specifica che legasse i singoli episodi.

La Decisione della Corte di Cassazione sul Reato Continuato

Contro la decisione della Corte d’Appello, la difesa ha proposto ricorso per cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione. Secondo il ricorrente, gli elementi a disposizione (stessa tipologia di reato, stesso ambito territoriale e un arco temporale di circa due anni) erano sufficienti a dimostrare l’esistenza di un’unica risoluzione criminosa.

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando pienamente la valutazione del giudice precedente.

Le Motivazioni della Decisione

La Cassazione ha ritenuto che la motivazione della Corte d’Appello fosse adeguata e priva di illogicità. Per riconoscere il reato continuato, non è sufficiente la semplice ripetizione di reati della stessa indole. È necessario dimostrare l’esistenza di un ‘disegno criminoso’ unitario, ovvero un piano deliberato in anticipo che preveda la commissione di una serie di illeciti.

Nel caso specifico, i giudici hanno sottolineato che non vi era alcun elemento concreto da cui desumere una simile programmazione. Al contrario, i reati apparivano determinati da circostanze occasionali e contingenti. La vicinanza temporale e la somiglianza delle condotte non bastano, da sole, a provare che l’agente abbia agito in esecuzione di un piano predeterminato. Il ricorso è stato quindi giudicato come un tentativo di ottenere una nuova valutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità.

Conclusioni: Quando non si configura il Reato Continuato?

Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale: per l’applicazione del reato continuato, l’onere della prova grava su chi lo invoca. È indispensabile fornire indici concreti che dimostrino l’esistenza di una programmazione unitaria dei reati, deliberata prima della commissione del primo. Una generica inclinazione a delinquere o la commissione di reati simili in risposta a opportunità occasionali non sono sufficienti a integrare il ‘medesimo disegno criminoso’ richiesto dalla legge. La decisione ha quindi comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Cosa si intende per ‘disegno criminoso’ ai fini del reato continuato?
Per ‘disegno criminoso’ si intende un programma unitario e preordinato che prevede la commissione di più reati, concepito dall’agente prima di commettere la prima violazione. Non è una semplice intenzione generica, ma un piano specifico.

Perché in questo caso è stato negato il reato continuato nonostante i reati fossero simili?
È stato negato perché, secondo la Corte, mancava la prova di un piano unitario. I reati, sebbene simili e commessi nella stessa area, erano separati da un significativo lasso di tempo e sembravano dettati da circostanze occasionali piuttosto che da una programmazione preventiva.

Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, la decisione impugnata diventa definitiva. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e, come in questo caso, al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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