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Reato continuato: quando non si applica la disciplina

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione di un giudice dell’esecuzione che negava l’applicazione del reato continuato a una serie di delitti predatori. Nonostante la vicinanza temporale e un simile modus operandi, è stata esclusa la sussistenza di un unico disegno criminoso, ritenendo le condotte frutto di decisioni estemporanee e opportunistiche piuttosto che di un piano unitario prestabilito.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato Continuato: La Cassazione Nega il Beneficio in Assenza di un Unico Disegno Criminoso

Con la sentenza n. 5843 del 2024, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sui criteri per l’applicazione del reato continuato, un istituto fondamentale del nostro ordinamento penale che consente un trattamento sanzionatorio più favorevole. Il caso in esame riguarda una serie di reati commessi in un breve arco di tempo, per i quali era stata richiesta l’unificazione sotto il vincolo della continuazione. La Suprema Corte, tuttavia, ha rigettato il ricorso, fornendo importanti chiarimenti sulla differenza tra un’unica programmazione criminale e una mera scelta di vita dedita all’illegalità.

I Fatti di Causa: Tre Condanne per Reati Predatori

La vicenda processuale trae origine dalla richiesta di una donna, condannata con tre sentenze definitive, di veder riconosciuto il vincolo della continuazione tra i reati giudicati. Nello specifico, si trattava di tre episodi delittuosi commessi nell’arco di circa venti giorni:

1. Un reato di truffa commesso il 21 aprile 2015.
2. Una serie di reati (violenza privata, minaccia, lesioni) commessi l’11 maggio 2015.
3. Un reato di furto in abitazione commesso il 23 aprile 2015.

Il modus operandi presentava delle somiglianze: le azioni predatorie erano dirette verso abitazioni di persone anziane, nelle quali l’imputata si introduceva fingendosi un’impiegata di un ente previdenziale per sottrarre beni.

La Decisione del Giudice dell’Esecuzione

Il Tribunale di Gela, in funzione di giudice dell’esecuzione, aveva respinto l’istanza. Secondo il giudice, mancava la prova di un’unica progettualità criminale. Sebbene i reati fossero cronologicamente vicini, erano stati commessi in luoghi diversi e sfruttando contingenze occasionali, come la presenza di anziani in casa o l’assenza dei proprietari. Questi elementi indicavano non l’attuazione di un piano unitario, ma piuttosto una scelta di vita orientata alla sistematica commissione di illeciti per profitto, basata su decisioni estemporanee e opportunistiche.

L’Analisi della Cassazione sul Reato Continuato

La Corte di Cassazione ha confermato pienamente la valutazione del giudice di merito, ritenendo il ricorso infondato. Gli Ermellini hanno ribadito i principi consolidati in materia di reato continuato. L’articolo 81, comma 2, del codice penale richiede un'”unicità di disegno criminoso” che non può essere confusa con una generica tendenza a delinquere o con l’abitualità nel reato. Per aversi continuazione, è necessario che l’agente si sia rappresentato, sin dal momento ideativo, le diverse condotte violatrici almeno nelle loro linee essenziali. Deve esistere una visibile programmazione iniziale di una pluralità di reati, finalizzata al conseguimento di un unico scopo. Tale programmazione può anche essere di massima, con un margine di adattamento alle circostanze, ma i reati successivi devono essere stati previsti come mezzo per raggiungere un fine specifico e predeterminato.

La Differenza tra Piano Unitario e Determinazione Estemporanea

La Suprema Corte, richiamando anche una pronuncia delle Sezioni Unite (n. 28659/2017), ha sottolineato che indicatori come l’omogeneità delle violazioni, la contiguità spazio-temporale e la somiglianza delle modalità della condotta non sono di per sé sufficienti. È indispensabile una verifica approfondita che accerti se, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero già stati programmati. Se, al contrario, i reati successivi risultano essere frutto di una determinazione estemporanea, scaturita da circostanze contingenti e occasionali, il vincolo della continuazione deve essere escluso.

Le Motivazioni della Sentenza

Nel caso specifico, la Cassazione ha ritenuto che la valutazione del giudice dell’esecuzione fosse logica e coerente. L’analisi dei fatti, come accertati nelle sentenze irrevocabili, ha correttamente evidenziato che le diverse condotte predatorie, seppur ravvicinate nel tempo, apparivano come il frutto di decisioni contingenti. La ricorrente approfittava delle circostanze che di volta in volta le si presentavano (la scoperta di una potenziale vittima vulnerabile) per porre in essere l’azione criminosa. Mancava, quindi, quell’elemento di programmazione unitaria e preventiva che costituisce il cuore dell’istituto del reato continuato. La critica mossa dalla difesa è stata considerata una mera richiesta di rivalutazione del merito, non consentita in sede di legittimità.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce con fermezza che il beneficio del reato continuato non è un automatismo derivante dalla somiglianza o dalla vicinanza di più reati. È necessaria una prova rigorosa dell’esistenza di un unico disegno criminoso, inteso come deliberazione iniziale che abbraccia l’intera sequenza delittuosa. In assenza di tale prova, e quando i reati appaiono come espressione di una scelta di vita criminale ma realizzati cogliendo singole e separate occasioni, le pene devono essere cumulate materialmente, senza il beneficio della continuazione. La decisione offre un importante monito sulla necessità di un’analisi fattuale concreta e non basata solo su indici sintomatici.

La vicinanza temporale tra più reati e lo stesso modus operandi sono sufficienti per riconoscere il reato continuato?
No, secondo la Corte di Cassazione questi elementi non sono di per sé sufficienti. È necessaria la prova che i reati successivi al primo fossero stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali, fin dall’inizio, e non siano frutto di una determinazione estemporanea.

Cosa si intende per “unico disegno criminoso” ai fini del reato continuato?
Si intende la rappresentazione e la deliberazione unitaria, sin dal momento ideativo, di compiere una serie di violazioni di legge. Non si identifica con una generica tendenza a delinquere o una scelta di vita, ma richiede una programmazione iniziale dei diversi reati in vista di un unico fine.

Può il giudice dell’esecuzione negare la continuazione se i reati sono frutto di decisioni estemporanee?
Sì. Il giudice dell’esecuzione deve compiere un’approfondita verifica sulla sussistenza di concreti indicatori del disegno criminoso. Se emerge che i reati, pur simili, sono il risultato di decisioni contingenti e occasionali, deve escludere l’applicazione del reato continuato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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