Reato Continuato: Quando il Tempo e la Natura dei Crimini Contano
L’applicazione dell’istituto del reato continuato rappresenta un aspetto cruciale nel diritto penale, potendo incidere significativamente sull’entità della pena finale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini di questa disciplina, negandone l’applicazione in un caso di reati eterogenei e distanti nel tempo. La decisione sottolinea come non basti la mera ripetizione di condotte illecite, ma sia necessaria la prova di un unico e premeditato disegno criminoso.
I Fatti del Caso
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un ricorso presentato avverso un’ordinanza del Tribunale di Salerno, in funzione di Giudice dell’esecuzione. Il ricorrente chiedeva di applicare la disciplina del reato continuato a una serie di condanne definitive, tra cui:
* Un episodio di lesioni personali risalente al 2008.
* Due episodi di evasione commessi nel 2011 e 2012.
* Tre condanne relative a violazioni di misure di prevenzione, avvenute nel 2015.
La difesa sosteneva che tali reati fossero legati da un’unica matrice, evidenziando come le evasioni fossero state perpetrate in violazione del medesimo provvedimento restrittivo. Tuttavia, il Giudice dell’esecuzione aveva respinto la richiesta, ritenendo i fatti del tutto slegati tra loro.
La Decisione della Cassazione sul Reato Continuato
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la valutazione del Tribunale di Salerno. Secondo gli Ermellini, le censure del ricorrente erano delle mere doglianze, manifestamente infondate e focalizzate su questioni di fatto, non sindacabili in sede di legittimità. La Corte ha ribadito che il provvedimento impugnato aveva correttamente escluso la possibilità di ricondurre i vari reati a un unico progetto criminoso.
Le Motivazioni: Perché è stato Escluso il Reato Continuato?
Il cuore della decisione risiede nelle motivazioni con cui è stata negata l’esistenza di un medesimo disegno criminoso. La Corte ha evidenziato due elementi fondamentali:
1. Il considerevole lasso temporale: I reati erano stati commessi in un arco di tempo molto vasto, dal 2008 al 2015. Una tale distanza temporale rende difficile, se non impossibile, ipotizzare una programmazione unitaria e preventiva di tutte le condotte.
2. La diversità ontologica dei reati: I fatti contestati erano di natura eterogenea (lesioni, evasione, violazione di misure di prevenzione). Questa diversità, unita alla distanza temporale, è stata interpretata come indice di volizioni criminali separate e nate in momenti diversi, piuttosto che come l’attuazione di un piano premeditato.
Secondo la Corte, la situazione descritta non delineava un reato continuato, ma piuttosto uno “stile di vita complessivo, connotato dall’adozione di risoluzioni di tipo estemporaneo”. In altre parole, il soggetto non ha agito sulla base di un piano unico, ma ha commesso reati diversi spinto da impulsi criminali distinti e occasionali.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
La pronuncia ribadisce un principio consolidato: per il riconoscimento del reato continuato non è sufficiente la semplice successione di più reati, anche se simili. È indispensabile dimostrare l’esistenza di un’ideazione originaria che abbracci tutte le future condotte illecite. L’onere della prova di tale disegno criminoso unitario ricade su chi ne invoca l’applicazione. La decisione serve da monito: la distanza temporale e la natura eterogenea dei crimini sono forti indicatori contrari alla configurabilità del vincolo della continuazione, potendo facilmente essere interpretati dal giudice come espressione di impulsi delinquenziali autonomi e non di un progetto unitario.
Quando più reati possono essere considerati un unico ‘reato continuato’?
Possono essere considerati tali solo quando risulta provato che sono stati commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, ovvero un piano unitario e preordinato che li comprendeva tutti fin dall’inizio.
Perché in questo caso è stato negato il riconoscimento del reato continuato?
È stato negato perché i reati erano di natura diversa (lesioni, evasione, violazioni di misure di prevenzione) e commessi in un arco temporale molto lungo (dal 2008 al 2015). Questi elementi sono stati ritenuti incompatibili con l’esistenza di un unico piano criminoso iniziale.
Cosa significa che un ricorso è ‘inammissibile’ per la Corte di Cassazione?
Significa che la Corte non esamina il merito della questione perché il ricorso è manifestamente infondato o si limita a criticare la valutazione dei fatti già compiuta dal giudice precedente, compito che non spetta alla Corte di Cassazione, la quale si occupa solo della corretta applicazione della legge.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3524 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3524 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 07/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 15/O7/223 del TRIBUNALE di SALERNO o tic, GLYPH ,/ 1 31 › ZA. 1 4 udita la relazione svolta dal onsigliere NOME AVV_NOTAIO COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Risultano inammissibili – in quanto costituite da mere doglianze manifestamente inammissibili e versate in punto di fatto – le censure dedotte nel ricorso di NOME COGNOME, laddove il difensore AVV_NOTAIO deduce violazione di legge, inosservanza ed erronea applicazione di legge, nonché manifesta illogicità della motivazione, in merito al mancato riconoscimento della disciplina del reato continuato, quanto alle condanne oggetto dell’unico capo dell’impugnato provvedimento. La difesa, dunque, lamenta come l’ordinanza indicata in epigrafe – emessa nei confronti del suddetto condannato – abbia trascurato gli indici rivelatori dell’unicità del disegno criminoso, emergenti dall’esame delle condotte delittuose realizzate (segnatamente, la plurima perpetrazione dell’identico reato di evasione; la ristrettezza dell’arco temporale entro il quale si collocano le condotte acclarate; il fatto che le stesse abbiano violato le prescrizioni imposte attraverso il medesimo provvedimento, emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli).
Dette censure sono tutte direttamente incentrate sul merito della questione e, altresì, appaiono meramente riproduttive di profili di censura che risultano già adeguatamente vagliati e disattesi, nel provvedimento impugnato – secondo un ineccepibile argomentare giuridico – dal Tribunale di Salerno in composizione monocratica, nella veste di Giudice dell’esecuzione. In esso, invero, si evidenzia come i plurimi fatti, in relazione ai quali si invoca la riunione in continuazione, siano, tra loro, del tutto slegati sotto il profilo ontologico, nonché separati da un considerevole lasso temporale, risultando quindi frutto di separate volizioni. Trattasi, in effetti, di un episodio di lesioni personali risalente al 2008, di d episodi di evasione commessi negli anni 2011 e 2012 e, infine, di tre condanne ex artt. 75 e 76 d.lgs. 06 settembre 2011, n. 159, temporalmente collocate in diversi periodi dell’anno 2015. Una situazione oggettiva che – stando a quanto ritenuto dal Giudice dell’esecuzione – preclude radicalmente la possibilità di immaginare una preventiva ideazione di carattere unitario, lasciando invece emergere uno stile di vita complessivo, connotato dall’adozione di risoluzioni di tipo estemporaneo, in ordine a ciascun fatto. La motivazione adottata dal Tribunale di Salerno, infine, è logica e coerente, oltre che priva di forme di contraddittorietà; in quanto tale, essa merita di rimanere al riparo da qualsivoglia stigma in sede di legittimità.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non ricorrendo ipotesi di esonero – al versamento di
una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sen dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento de spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa d ammende.
Così deciso in Roma, il 07 dicembre 2023.