Reato Continuato: La Cassazione Chiarisce i Limiti dell’Applicabilità
Il concetto di reato continuato rappresenta uno strumento fondamentale nel diritto penale per mitigare il trattamento sanzionatorio quando più reati sono frutto di un’unica programmazione criminosa. Tuttavia, i requisiti per la sua applicazione sono rigorosi e non sempre di facile accertamento. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto un’importante occasione per ribadire i paletti entro cui tale istituto può operare, sottolineando l’importanza di un’analisi approfondita che vada oltre la semplice somiglianza tra i reati commessi.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un soggetto condannato con due distinte sentenze, il quale aveva richiesto al giudice dell’esecuzione di riconoscere il vincolo della continuazione tra i reati oggetto delle due condanne. L’obiettivo era ottenere l’applicazione di un’unica pena complessiva, calcolata secondo le regole più favorevoli previste per il reato continuato. La Corte d’Appello, in funzione di giudice dell’esecuzione, aveva respinto la richiesta, ritenendo insussistenti gli elementi necessari per configurare un medesimo disegno criminoso. L’imputato ha quindi proposto ricorso per cassazione avverso tale decisione.
La Decisione della Corte di Cassazione sul Reato Continuato
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la valutazione del giudice di merito. Secondo gli Ermellini, il ricorrente, attraverso le sue censure, mirava a ottenere una nuova valutazione dei fatti, attività preclusa in sede di legittimità, dove il controllo della Corte è limitato alla corretta applicazione della legge e alla logicità della motivazione. La Corte ha ritenuto che la decisione impugnata fosse ben motivata, immune da vizi logici o violazioni di legge, e coerente con i principi giurisprudenziali consolidati in materia.
Le Motivazioni: L’Assenza di un Disegno Criminoso Unitario
Il cuore della motivazione risiede nella rigorosa interpretazione del concetto di ‘medesimo disegno criminoso’. La Cassazione ha ricordato che per applicare il reato continuato non basta la presenza di alcuni indicatori, come l’omogeneità delle norme violate o la contiguità temporale. È indispensabile provare l’esistenza di un programma criminoso unitario, deliberato prima della commissione del primo reato, che avvolga tutte le successive condotte illecite come parte di un unico piano.
Nel caso specifico, il giudice dell’esecuzione aveva correttamente evidenziato elementi che escludevano tale unicità di programmazione. In particolare:
1. Il lasso temporale: Tra le condotte era intercorso un periodo di cinque mesi, un tempo ritenuto significativo e indicativo di una possibile interruzione della programmazione iniziale.
2. Le modalità di commissione: I reati erano stati commessi con modalità differenti; uno in concorso con altre persone, l’altro in modo monosoggettivo (da solo). Questa diversità è stata interpretata come un forte indizio della mancanza di un piano unitario e preordinato.
Questi fattori, complessivamente valutati, hanno portato a concludere che i reati successivi al primo fossero frutto di una determinazione estemporanea e non l’attuazione di un piano originario. Di conseguenza, mancava l’elemento unificante del medesimo disegno criminoso, presupposto indispensabile per il riconoscimento del reato continuato.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
La decisione in esame ribadisce un principio cruciale: il riconoscimento del reato continuato in fase esecutiva richiede una prova rigorosa e non può basarsi su mere presunzioni o sulla semplice somiglianza dei reati. L’analisi del giudice deve essere approfondita e deve verificare la sussistenza di un’originaria e unitaria programmazione che leghi tutte le condotte. La presenza di un notevole intervallo di tempo o di differenze significative nel modus operandi può costituire un ostacolo insormontabile al riconoscimento del beneficio. Per gli operatori del diritto, ciò significa che le istanze volte a ottenere l’applicazione della continuazione devono essere supportate da elementi concreti capaci di dimostrare, senza ambiguità, l’esistenza di un unico progetto criminoso fin dall’inizio.
Quali sono i requisiti essenziali per il riconoscimento del reato continuato?
Per riconoscere il reato continuato è necessaria la prova di un ‘medesimo disegno criminoso’, ovvero un piano unitario e preordinato che leghi tutti i reati, concepito prima della commissione del primo. La sola omogeneità dei reati, la contiguità temporale o la somiglianza delle condotte non sono sufficienti.
Perché nel caso specifico è stato negato il reato continuato?
È stato negato perché mancava la prova di un disegno criminoso unitario. Gli elementi decisivi sono stati il significativo lasso temporale tra i fatti (cinque mesi) e le diverse modalità di commissione (un reato in concorso, l’altro commesso da solo), che hanno fatto ritenere le condotte frutto di decisioni estemporanee piuttosto che di un unico piano.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare i fatti per dimostrare l’esistenza di un disegno criminoso?
No, non è possibile. La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità e non di merito. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata, senza poter entrare in una nuova valutazione dei fatti del processo.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5331 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5331 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 28/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a FOLIGNO il 27/11/1995
avverso l’ordinanza del 13/06/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
Rilevato che NOME COGNOME ricorre per cassazione contro il provvedimento indicato in intestazione.
Osservato che il riconoscimento della continuazione, necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protet contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicit abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficient a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati comunque frutto di determinazione estemporanea (Sez. U, Sentenza n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074); e che consolidata è l’affermazione della radicale diversità dell’iden della spinta criminosa o del movente pratico (es. fine di lucro o di profitto) alla base di violazioni della legge penale rispetto alla unicità del disegno criminoso richiesto p configurabilità del reato continuato.
Evidenziato che la prova del medesimo disegno criminoso tra le due sentenze oggetto dell’istanza è stata esclusa dal giudice dell’esecuzione, con adeguata analisi, estrinsec attraverso una motivazione non manifestamente illogica, immune da violazione di legge e coerente con i principi giurisprudenziali sopra indicati, atteso che il G.E. ha ritenuto insuss gli elementi per ritenere l’unitarietà della programmazione criminosa tra i fatti giudicati due sentenze in istanza specificate, ed ha osservato che, nonostante la parziale omogeneità delle norme incriminatrici violate, il lasso temporale intercorso tra le condotte (5 mesi) differenti modalità di commissione dei fatti (l’uno in concorso, l’altro monosoggett precludessero la possibilità di immaginare una preventiva ideazione unitaria.
Preso atto che le censure, oltre a denunciare asserito difetto di motivazione non emergente dalla lettura del provvedimento impugnato, attengono tutte al merito e invocano sostanzialmente, una nuova valutazione in fatto, non consentita in sede di legittimità.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, in via equitativa, nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa,delle ammende. Così deciso il 28/11/2024