Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2318 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2318 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: OMEROVIC ALMA natck il 01/01/1984
avverso l’ordinanza del 15/07/2024 del TRIBUNALE di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso ed il provvedimento impugnato.
Rilevato che il ricorso proposto da NOME COGNOME è manifestamente infondato;
Considerato, infatti, che il giudice dell’esecuzione, in puntuale applicazione dei principi in materia di continuazione come declinati dalla giurisprudenza di legittimità, ha rigettato l’istanza di applicazione della disciplina del rea continuato tra i delitti per i quali l’odierna ricorrente è stata riconosciuta colpevo con le sentenze indicate nella medesima richiesta;
Rilevato che il decidente ha ritenuto che la sola comunanza dei beni giuridici preservati dalle norme incriminatrici violate non fosse sufficiente per affermare l’unicità del medesimo disegno criminoso, tenuto conto dei diversi periodi, non sempre continuativi tra loro, nonché dei diversi luoghi in cui sono stati commessi i reati ad opera di NOME COGNOME;
Ritenuto, infatti, che il riconoscimento della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati s successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074);
Rilevato, in conclusione, che le censure della ricorrente sono manifestamente infondate perché tese a sollecitare una lettura alternativa degli elementi processuali, rispetto a quella coerentemente effettuata dal giudice a quo;
Ritenuto, pertanto, che deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
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Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2024.