Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2336 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2336 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME (CODICE_FISCALE) nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 03/07/2024 del TRIBUNALE di GENOVA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso ed il provvedimento impugnato.
Rilevato che il ricorso di NOME è manifestamente infondato; Considerato, infatti, che il giudice dell’esecuzione, in puntuale applicazione dei principi in materia di continuazione come declinati dalla giurisprudenza di legittimità, ha rigettato l’istanza, avanzata dal predetto, per l’applicazione dell disciplina del reato continuato tra i delitti per i quali egli è stato riconosci colpevole con le due sentenze indicate nella medesima richiesta;
Rilevato che il decidente ha ritenuto che la sola comunanza dei beni giuridici preservati dalle norme incriminatrici violate non fosse sufficiente per affermare l’unicità del medesimo disegno criminoso, tenuto conto della distanza temporale (di circa quattro mesi) intercorsa tra i reati e delle diverse modalità di commissione dei medesimi visto che il secondo furto – a differenza del primo – era aggravato dalla violenza sulle cose;
Ritenuto, infatti, che il riconoscimento della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074);
Rilevato, in conclusione, che le censure del ricorrente sono manifestamente infondate perché tese a sollecitare una lettura alternativa degli elementi processuali, rispetto a quella coerentemente effettuata dal giudice a quo;
Ritenuto, pertanto, che deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2024.