Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 13023 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 13023 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/12/2023
SENTENZA
b..1 ricorso
proposto da: nato il DATA_NASCITA
[ E 3ELJAK BORIS
cv rso l’ordinanza del 16/05/2023 del TRIBUNALE di GORIZIA
ccii la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOMECOGNOME lette le conclusioni del PG, il quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 16 maggio 2023, il Tribunale di Gorizia, in funzione di giudice dell’esecuzione e quale giudice del rinvio, ha rigettato l’istanza, presentata da NOME COGNOME, di riconoscimento del vincolo della continuazione tra i reati di cui ai seguenti provvedimenti: a) sentenza del Tribunale di Gorizia del 17 ottobre 2012, divenuta irrevocabile il 19 aprile 2016, di condanna per il reato punito dagli artt. 81 e 648 cod. pen., accertato in Gorizia il 4 ed il 7 luglio 2006; b) sentenza del Tribunale di Gorizia del 23 maggio 2014, divenuta irrevocabile il 17 ottobre 2017, di condanna per il reato sanzionato dall’art. 648 cod. pen., commesso in epoca anteriore e prossima al 20 gennaio 2009; c) sentenza del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Gorizia del 16 settembre 2014, divenuta irrevocabile il 30 ottobre 2014, di applicazione della pena su richiesta delle parti per il reato di cui agli artt. 81 e 648-bis cod. pen., commesso in Gorizia dal 29 gennaio 2010 e fino al 6 ottobre 2010.
Ha orientato la decisione sul rilievo che i reati de quibus agitur, quantunque omogenei, sono stati consumati in un arco temporale complessivo superiore a quattro anni, che spazia da luglio del 2006 all’ottobre del 2010, dato che dimostra che le condotte non sono espressione del medesimo disegno criminoso né di una originaria, unica programmazione e si ricollegano, piuttosto, a situazioni contingenti.
Il giudice dell’esecuzione, contestualmente, ha revocato la sospensione condizionale della pena disposta con le tre sentenze sopra indiicate in ragione, in due casi, della sopravvenienza, nei confronti di NOME, di condanna a pena per delitto anteriormente commesso a pena che’ cumulata a quella in precedenza sospesa, supera i limiti stabiliti all’art. 163 cod. pen. e, nel ter deli’applicazione del beneficio in violazione del disposto dell’art. 164, quarto comma, cod. pen..
NOME COGNOME propone, con l’assistenza dell’AVV_NOTAIO, ricorso per cassazione affidato a due motivi, con il primo FfFetti.kg> dei quali eccepisce violazione di legge e vizio di motivazione per avere il giudice dell’esecuzione disatteso la richiesta di applicazione della disciplina del reato continuato senza considerare la perfetta analogia delle condotte criminose di volta in volta poste in essere, consistite nel ricevere assegni di matrice furtiva per poi depositarli su conti correnti accesi a suo nome presso istituti bancari italiani e prelevare, infine, il conseguente saldo attivo, né che la protrazione di uno degli illeciti per circa nove mesi incide sulla complessiva valutazione del requisito cronologico.
Con il secondo motivo, deduce, ancora, violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla revoca della sospensione condizionale, che il giudice dell’esecuzione ha pronunciato muovendo, in spregio al favor rei, dalla sentenza passata in giudicato per prima anziché da quella di più risalente emissione, e considerando, ai fini dell’irrevocabilità, la data in cui è spirato il termine per proporre impugnazione da parte di tutti i soggetti legittimati anziché quello relativo al solo imputato il quale, per effetto dell’indebita sovrapposizione tra le nozioni di «irrevocabilità» e «passaggio in giudicato», è stato ingiustificatamente penalizzato dal ritardo nell’esecuzione degli adempimenti conseguenti alla pubblicazione della sentenza e, in particolare, nella sua notificazione al pubblico ministero.
Il Procuratore generale ha chiesto, con requisitoria scritta, il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e, pertanto, passibile di rigetto.
Preliminarmente, va ricordato che la giurisprudenza di legittimità, con riferimento al vincolo della continuazione in sede di esecuzione, ha individuato gli elementi da cui desumere l’ideazione unitaria, da parte del singolo agente, di una pluralità di condotte illecite, stabilendo che le violazioni dedotte ai fini dell’applicazione della continuazione ex art. 671 cod. proc. pen. devono costituire parte integrante di un unico programma criminoso deliberato per conseguire un determinato fine, per il quale si richiede l’originaria progettazione di una serie ben individuata di illeciti, già concepiti almeno nelle loro caratteristiche essenziali (Sez. 1, n. 11564 del 13/11/2012, NOME, Rv. 255156).
Tale programma, a sua volta, non deve essere confuso con la sussistenza di una concezione di vita ispirata all’illecito, perché in tal caso «la reiterazione della condotta criminosa è espressione di un programma di vita improntato al crimine e che dal crimine intende trarre sostentamento e, pertanto, penalizzata da istituti quali la recidiva, l’abitualità, la professionalità nel reato e la tendenza a delinquere, secondo un diverso ed opposto parametro rispetto a quello sotteso all’istituto della continuazione, preordinato al favor rei» (Sez. 5, n. 10917 del 12/01/2012, COGNOME, Rv. 252950).
La verifica di tale preordinazione – ritenuta meritevole di più benevolo trattamento sanzionatorio attesa la minore capacità a delinquere di chi si determina a commettere gli illeciti in forza di un singolo impulso, anziché di spinte criminose indipendenti e reiterate – investendo l’inesplorabile interiorità psichica del soggetto, non può essere compiuta sulla base di indici meramente presuntivi ovvero di congetture processuali, essendo necessario dimostrare che i reati che si ritengono avvinti dal vincolo della continuazione invocato siano stati concepiti ed eseguiti nell’ambito di un programma criminoso unitario (Sez. 1, n. 37555 del 13/11/2015, COGNOME, Rv. 267596).
Ne discende che «Il riconoscimento della continuazione, necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea» (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074).
Non è, per converso, necessaria la concomitante ricorrenza di tutti i predetti ind catori, potendo l’unitarietà del disegno criminoso essere apprezzata anche al cospetto di soltanto alcuni di detti elementi, purché significativi (in questo senso cfr., tra le tante, Sez. 1, n. 8513 del 09/01/2013, COGNOME, Rv. 254809; Sez. 1, n. 44862 del 05/11/2008, COGNOME, Rv. 242098).
L’accertamento di tali indici è rimesso all’apprezzamento del giudice di me-ito ed è insindacabile in sede di legittimità, quando il convincimento del giudice sia sorretto da una motivazione adeguata e congrua, senza vizi logici e travisamento dei fatti.
3. Tanto premesso sul piano dei principi, ritiene il Collegio che il Tribunale di Gorizia vi si sia, nel complesso, attenuto, pervenendo al rigei:to dell’istanza ex art. 671 cod. proc. pen. proposta nell’interesse di NOME COGNOME sulla scorta di considerazioni logiche e coerenti e, comunque’ esenti da vizi rilevanti in sede di legittimità.
Dato atto dell’omogenea offensività delle c:ondotte illecite poste in essere dal condannato, il giudice dell’esecuzione ha, nondimeno, assegnato valenza ostativa al riconoscimento della continuazione allo iato che le separa, mai inferiore all’anno, ed alla reciproca autonomia delle iniziative criminosi, frutto di impulsi estemporanei anziché di una comune strategia.
Il Tribunale ha sviluppato, in tal modo, un tessuto argomentativo coerente con la descritta cornice ermeneutica, che il ricorrente contesta ponendosi in un’ottica sostanzialmente confutativa, in quanto tale non idonea ad abilitare l’intervento censorio del giudice di legittimità, che si impernia, oltre che sulla minimizzazione della distanza temporale tra le manifestazioni antisociali, sui tratti di oggettiva similitudine, dal punto di vista operativo, tra le vicende, ovvero su un elemento che, pur effettivamente apprezzabile, non valevconnotare in chiave di illegittimità la decisione impugnata, che si incentra su dati di fatto, correttamente esposti dal giudice dell’esecuzione, che le garantiscono un adeguato supporto razionale in quanto idonei ad orientare l’esercizio della discrezionalità giudiziale.
Non meno infondato è il motivo di ricorso vedente sulla disposta revoca della sospensione condizionale delle pene inflitte a NOME con le sentenze sopra indicate.
Da un canto, invero, generica si palesa la censura afferente all’ordine con il quale il giudice dell’esecuzione ha esaminato la sussistenza delle condizioni per pervenire alla revoca, che non è accompagnata dall’illustrazione delle conseguenze asseritamente più favorevoli all’odierno ricorrente – che sarebbero derivate dall’opzione da lui proposta invece che da quella prescelta dal Tribunale che, peraltro, appare correttamente ancorata al momento del passaggio in giudicato della decisione, secondo quanto costantemente statuito dalla giurisprudenza di legittimità (cfr., tra le tante, Sez. 1, n. 35563 del 10/11/2020, Salamina, Rv. 280056 – 01).
Del tutto avulsa dal sistema normativo è, infine, la doglianza imperniata sulla pretesa – ed insussistente – scissione tra i rispettivi concetti di «irrevocabilità» e «passaggio in giudicato», che sono, entramb i , inscindibilmente legati al decorso, per tutti i soggetti a ciò legittimati, del termine per proporre impugnazione, ovvero ad un presupposto di carattere oggettivo, e non possono, pertanto, essere influenzati dalla prospettiva della singola parte processuale.
Dal rigetto del ricorso discende la condanna di COGNOME al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’ad. 616, comma 1, primo periodo, cod. proc. pen..
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle sp processuali. Così deciso il 20/12/2023.