Reato Continuato: Quando la Cassazione Nega il Beneficio
L’istituto del reato continuato, previsto dall’articolo 81 del codice penale, rappresenta un meccanismo fondamentale per mitigare il trattamento sanzionatorio quando più crimini sono commessi in esecuzione di un medesimo disegno. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e richiede una rigorosa valutazione da parte del giudice. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 12099/2024) offre un chiaro esempio dei criteri utilizzati per escludere tale beneficio, delineando i confini tra un piano unitario e una serie di risoluzioni criminose autonome.
I Fatti di Causa
Il caso esaminato trae origine dal ricorso di un individuo contro la decisione del Tribunale di Pescara, che aveva negato l’applicazione della continuazione tra diversi reati. La serie criminosa era iniziata con un furto aggravato nell’ottobre del 2016, a cui erano seguiti altri illeciti. L’imputato sosteneva che tutti i reati fossero riconducibili a un unico programma criminoso, chiedendo quindi di beneficiare del trattamento sanzionatorio più favorevole previsto per il reato continuato.
La Decisione della Corte di Merito
Il Tribunale di Pescara aveva respinto l’istanza, osservando come mancassero elementi concreti per sostenere l’esistenza di un disegno criminoso unitario. Il giudice aveva evidenziato diversi fattori ostativi: la notevole distanza temporale tra i vari episodi delittuosi, la diversità dei luoghi in cui erano stati commessi, la differente tipologia di reati e la non coincidenza dei beni giuridici lesi. Secondo il Tribunale, tale quadro indicava che i reati fossero piuttosto l’espressione di autonome e successive risoluzioni criminose, dettate da una volontà pervicace ma non da un piano originario.
Le Motivazioni della Cassazione sul Reato Continuato
La Suprema Corte, investita della questione, ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto l’impostazione del giudice di merito. Gli Ermellini hanno ribadito che, per riconoscere il reato continuato, non è sufficiente una generica tendenza a delinquere, ma è necessaria la prova di un’unica ideazione programmatica che preceda l’esecuzione del primo reato e che leghi tutti gli episodi successivi.
Nel caso specifico, la Corte ha sottolineato i seguenti punti cruciali:
1. Assenza di un Programma Iniziale: Mancavano circostanze concrete da cui desumere che l’imputato, fin dal primo furto, avesse già pianificato, almeno nelle linee generali, anche i crimini successivi.
2. Criteri Oggettivi Rilevanti: La distanza temporale, la diversità dei luoghi e la differente natura dei reati (che ledono beni giuridici diversi) sono stati considerati indicatori decisivi dell’assenza di un progetto unitario. Questi elementi, nel loro complesso, rendevano plausibile l’ipotesi di decisioni criminose autonome e successive.
3. Natura del Ricorso: Le censure del ricorrente sono state giudicate generiche e volte a sollecitare una rilettura dei fatti, attività preclusa nel giudizio di legittimità, dove la Corte può valutare solo la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non riesaminare le prove.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
La decisione in commento rafforza un principio consolidato nella giurisprudenza: il beneficio del reato continuato non può essere concesso in assenza di una prova concreta di un’unica deliberazione criminosa che abbracci tutti i reati commessi. La semplice successione di illeciti, anche se perpetrati dalla stessa persona, non è di per sé sufficiente. I giudici devono basare la loro valutazione su elementi oggettivi come il tempo, il luogo e le modalità di esecuzione dei reati. Questa pronuncia serve da monito: per ottenere l’applicazione della continuazione, è necessario fornire elementi fattuali specifici che dimostrino, al di là di ogni ragionevole dubbio, l’esistenza di un piano criminoso concepito fin dall’inizio.
Quando può essere escluso il reato continuato?
Il reato continuato viene escluso quando mancano prove concrete che tutti i reati siano stati commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, ovvero un piano unitario preordinato prima della commissione del primo illecito.
Quali elementi valuta il giudice per negare la continuazione tra reati?
Il giudice valuta elementi oggettivi quali la significativa distanza temporale tra i reati, la diversità dei luoghi di commissione, la differente tipologia dei crimini e la non coincidenza dei beni giuridici lesi. La presenza di questi fattori può indicare l’esistenza di risoluzioni criminose autonome e non di un piano unitario.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione è dichiarato inammissibile per colpa del ricorrente?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile per ragioni attribuibili a colpa del ricorrente, quest’ultimo viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte senza fondati motivi.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12099 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12099 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 27/11/2023 del TRIBUNALE di PESCARA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso e la ordinanza impugnata.
Considerato, infatti, che il provvedimento impugnato, in puntuale applicazione dei principi in materia di continuazione come declinati dalla giurisprudenza di legittimità, ha ineccepibilmente osservato che osta al riconoscimento della continuazione tra i reati indicati nell’istanza, con rilievo decisivo, l’assenza circostanze da cui desumere che NOME, sin dalla consumazione del primo reato (furto aggravato commesso il 10 ottobre 2016) avesse programmato, sia pure nelle linee generali richieste dall’art. 81, secondo comma, cod. pen., anche quelli successivi, tenuto conto della distanza temporale tra essi, dei luoghi di commissione in parte diversi, dei differenti tipi di reati e dei beni giuridici non coincidenti. In tale contesto i reati commessi sembrano, plausibilmente, riconducibili ad autonome risoluzioni criminose ed espressione di una pervicace volontà criminale non meritevole dell’applicazione di istituti di favore;
Rilevato, altresì, che le censure del ricorrente, oltre ad essere generiche, sollecitano una lettura alternativa del compendio probatorio tratto dalle sentenze in esecuzione da sovrapporre a quella, non manifestamente illogica, del giudice a quo;
Ritenuto che deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 7 marzo 2024.