Reato Continuato: La Cassazione Chiarisce i Limiti dell’Istituto
L’istituto del reato continuato, previsto dall’ordinamento per mitigare il trattamento sanzionatorio di chi commette più violazioni di legge in esecuzione di un medesimo disegno, è spesso al centro di complesse valutazioni giudiziarie. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito i rigorosi presupposti per la sua applicazione, negando il beneficio in un caso caratterizzato da reati eterogenei commessi in un ampio arco temporale. Questa decisione offre importanti spunti per distinguere un piano criminoso unitario da una mera inclinazione a delinquere.
I Fatti del Caso
La vicenda trae origine dal ricorso presentato da un soggetto avverso un’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari (GIP) del Tribunale di Palermo. Il ricorrente aveva chiesto il riconoscimento della continuazione, ai sensi dell’art. 671 del codice di procedura penale, tra diversi reati per i quali aveva riportato sentenze di condanna divenute irrevocabili. Tali reati erano stati commessi in un periodo di tempo significativo, compreso tra il 27 novembre 2013 e il 3 dicembre 2018. Il GIP aveva respinto la richiesta, ritenendo che mancassero i presupposti per configurare un unico disegno criminoso.
La Decisione della Cassazione sul Reato Continuato
La Corte di Cassazione, investita della questione, ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando integralmente la valutazione del giudice di merito. La Suprema Corte ha ritenuto che la decisione impugnata fosse corretta e ben motivata. Il ricorrente è stato quindi condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni: Differenza tra Reato Continuato e Stile di Vita Criminale
Il cuore della decisione della Cassazione risiede nella netta distinzione tra il reato continuato e una generica tendenza a commettere illeciti. I giudici hanno sottolineato come, nel caso di specie, mancassero i requisiti fondamentali per applicare l’istituto:
1. Omogeneità dei Reati: Le diverse condotte illecite non erano omogenee tra loro, suggerendo l’assenza di un piano unitario e preordinato.
2. Ampiezza dell’Arco Temporale: Il lungo periodo in cui i reati sono stati commessi (circa cinque anni) è stato considerato un elemento ostativo al riconoscimento di un’originaria e unitaria progettazione criminale.
La Corte ha chiarito un principio cruciale: la semplice reiterazione di condotte illecite non integra automaticamente la continuazione. Piuttosto, essa può essere espressione di un “programma di vita improntato al crimine”. Questo stile di vita, tuttavia, viene sanzionato dall’ordinamento attraverso altri istituti, come la recidiva, l’abitualità o la professionalità nel reato, che hanno presupposti e finalità diverse. L’istituto del reato continuato, invece, è concepito come un beneficio per il reo (favor rei) e richiede la prova rigorosa di un’unica ideazione criminosa che precede e lega tutte le successive condotte.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso sui presupposti del reato continuato. La decisione ribadisce che per ottenere questo beneficio non è sufficiente dimostrare di aver commesso più reati in un certo periodo, ma è necessario provare l’esistenza di un progetto criminoso unitario, deliberato sin dall’inizio. L’eterogeneità dei delitti e una distanza temporale significativa tra di essi sono considerati forti indizi contrari. Di conseguenza, chi adotta il crimine come scelta di vita vedrà le proprie azioni valutate separatamente o sanzionate con gli aggravi previsti per la recidiva e l’abitualità, senza poter beneficiare del trattamento più mite riservato a chi agisce nell’ambito di un singolo e circoscritto piano.
Quando più reati possono essere considerati in continuazione?
Perché si configuri il reato continuato, è necessario dimostrare che le diverse violazioni di legge siano state commesse in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, ovvero un piano unitario ideato prima della commissione del primo reato.
Perché la Corte di Cassazione ha negato il riconoscimento del reato continuato in questo caso?
La Corte lo ha negato perché i reati erano eterogenei e commessi in un arco temporale troppo ampio (dal 2013 al 2018), elementi ritenuti incompatibili con l’esistenza di un unico e preordinato progetto criminoso.
La ripetizione di reati nel tempo è sufficiente per ottenere il beneficio della continuazione?
No. Secondo la Corte, la semplice reiterazione di condotte illecite non integra il reato continuato, ma può piuttosto indicare uno stile di vita criminale, che viene sanzionato da altri istituti giuridici come la recidiva, l’abitualità o la professionalità nel reato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 20297 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 20297 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 19/12/2023 del GIP TRIBUNALE di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Esaminato il ricorso proposto avverso l’ordinanza del 19 dicembre 2023, con la quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palermo rigettava la richiesta avanzata da NOME COGNOME, finalizzata a ottenere il riconoscimento della continuazione, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., in relazione ai delitt giudicati dalle sentenze irrevocabili di cui ai punti 1, 2 e 3 del provvedimento impugnato.
Ritenuto che le ipotesi di reato di cui si assumeva la continuazione non risultavano tra loro omogenee e non erano riconducibili a una preordinazione, tenuto conto dell’eterogeneità esecutiva dei delitti commessi da NOME COGNOME e dell’ampiezza dell’arco temporale in cui tali reati erano stati commessi, compreso tra il 27 novembre 2013 e il 3 dicembre 2018, che impedivano di ritenere dimostrata l’originaria progettazione dei comportamenti criminosi oggetto di vaglio esecutivo (tra le altre, Sez. 1, n. 11564 del 13/11/2012, COGNOME, Rv. 255156 – 01; Sez. 1, n. 44862 del 05/11/2008, COGNOME, Rv. 242098 – 01).
Ritenuto che la reiterazione delle condotte illecite non può essere espressione di un programma di vita improntato al crimine, come nel caso di NOME COGNOME, venendo sanzionata da fattispecie differenti, quali la recidiva, l’abitualità, la professionalità nel reato e la tendenza a delinquere, secondo un diverso e opposto parametro rispetto a quello sotteso all’istituto della continuazione, preordinato al favor rei (tra le altre, Sez. 5, n. 10917 del 12/01/2012, Abbassi, Rv. 252950 -01; Sez. 5, n. 49476 del 25/09/2009, Notaro, Rv. 245833 – 01).
Per queste ragioni, il ricorso proposto da NOME COGNOME deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 9 maggio 2024.