Reato Continuato: La Cassazione Nega il Beneficio in Assenza di un Disegno Unitario
L’istituto del reato continuato, previsto dal nostro ordinamento, rappresenta un’importante eccezione al principio del cumulo materiale delle pene. Esso consente di considerare come un unico reato una serie di violazioni della legge penale commesse in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, con un conseguente trattamento sanzionatorio più favorevole per il reo. Tuttavia, i requisiti per la sua applicazione sono rigorosi, come ribadito dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 19890 del 2024. In questa pronuncia, i giudici hanno negato il beneficio a causa della mancanza di un piano unitario alla base dei diversi delitti.
Il Caso in Esame
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo avverso l’ordinanza di una Corte d’Appello che aveva respinto la sua richiesta di unificazione di più sentenze irrevocabili sotto il vincolo della continuazione. Il ricorrente mirava a ottenere il riconoscimento del reato continuato per una serie di delitti, sperando in una rideterminazione della pena complessiva in senso più mite, ai sensi dell’art. 671 del codice di procedura penale.
I Criteri per il Riconoscimento del Reato Continuato
Perché si possa parlare di reato continuato, non è sufficiente che più reati siano stati commessi dalla stessa persona. La giurisprudenza consolidata richiede la prova di un elemento fondamentale: l’unicità del disegno criminoso. Questo significa che l’autore deve aver pianificato e deliberato, fin dall’inizio, la commissione di una serie di reati come parte di un unico progetto. Gli indici che i giudici valutano per accertare tale unicità sono molteplici, tra cui la vicinanza temporale, l’omogeneità delle condotte e delle modalità esecutive, e il contesto in cui i reati si inseriscono.
Le Motivazioni della Cassazione
La Corte di Cassazione, nell’esaminare il ricorso, ha confermato la decisione della Corte territoriale, ritenendola corretta e ben motivata. I giudici di legittimità hanno evidenziato come le condotte criminose oggetto della richiesta fossero caratterizzate da una marcata eterogeneità esecutiva. I reati erano stati commessi in contesti territoriali diversi e in un arco temporale ampio, esteso a otto mesi, elementi che, secondo la Corte, impedivano di ricondurli a un’originaria e unitaria progettazione.
La Suprema Corte ha operato una distinzione cruciale tra il reato continuato e un generico ‘programma di vita improntato al crimine’. La semplice reiterazione di condotte illecite, anche se sistematica, non è sufficiente a integrare i presupposti della continuazione. Tale stile di vita, infatti, viene sanzionato da altri istituti del diritto penale come la recidiva, l’abitualità o la professionalità nel reato, che hanno una finalità opposta a quella del favor rei sottesa alla continuazione. Quest’ultima, infatti, presuppone un’unica deliberazione psicologica che abbraccia tutti gli episodi delittuosi, mentre la tendenza a delinquere si manifesta in una pluralità di decisioni autonome e slegate tra loro.
Le Conclusioni
Con questa ordinanza, la Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: per ottenere il beneficio del reato continuato è necessario fornire la prova concreta di un’unica preordinazione che leghi i diversi episodi criminosi. La diversità delle modalità esecutive, la distanza geografica e un lungo intervallo di tempo tra i fatti sono forti indicatori dell’assenza di tale disegno unitario. La decisione sottolinea come la continuazione non possa essere utilizzata per mitigare la pena di chi manifesta una generale inclinazione al crimine, ma solo per chi agisce sulla base di un piano specifico e predeterminato. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Che cos’è il ‘reato continuato’ e quando si applica?
È un istituto giuridico che permette di trattare più crimini come un’unica violazione di legge se derivano da un medesimo disegno criminoso, portando a una pena più favorevole. Si applica solo quando è dimostrata l’esistenza di un piano unitario e preordinato che collega tutti i reati commessi.
Perché la Corte di Cassazione ha negato il ‘reato continuato’ in questo specifico caso?
La richiesta è stata respinta perché i reati erano troppo diversi nelle modalità di esecuzione, erano stati commessi in luoghi differenti e in un arco temporale di otto mesi. Questi elementi, secondo la Corte, dimostravano l’assenza di un unico e premeditato piano criminoso.
Qual è la differenza tra ‘reato continuato’ e uno stile di vita criminale?
Il ‘reato continuato’ richiede un singolo e specifico piano per commettere una serie di delitti. Uno stile di vita criminale, invece, si manifesta con la semplice e ripetuta commissione di atti illeciti senza un piano unitario. Quest’ultima condizione è disciplinata da altri istituti, come la recidiva o l’abitualità nel reato, che non concedono i benefici sanzionatori della continuazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19890 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19890 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a MILANO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 16/10/2023 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Esaminato il ricorso proposto avverso l’ordinanza del 16 ottobre 2023, con la quale la Corte di appello di Venezia rigettava la richiesta avanzata da NOME COGNOME, finalizzata a ottenere il riconoscimento della continuazione, ai sen dell’art. 671 cod. proc. pen., in relazione ai reati giudicati dalle sen irrevocabili di cui ai punti a), b) e c), già sottoposte a unificazione, e la se di cui al punto d) del provvedimento impugnato.
Ritenuto che le ipotesi di reato di cui si assumeva la continuazione non risultavano tra loro omogenee e non erano riconducibili a una preordinazione, tenuto conto dell’eterogeneità esecutiva dei delitti commessi da COGNOME attestata dalla diversità dei contesti territoriali e dall’estemporaneità condotte – e dell’ampiezza dell’arco temporale in cui i reati di cui si controve erano stati commessi, compreso in otto mesi, che impediva di ritenere dimostrata l’originaria progettazione dei comportamenti criminosi oggetto di vaglio giurisdizionale (tra le altre, Sez. 1, n. 11564 del 13/11/2012, Daniele, 255156 – 01; Sez. 1, n. 44862 del 05/11/2008, COGNOME, Rv. 242098 – 01).
Ritenuto che la reiterazione delle condotte illecite non può esser espressione di un programma di vita improntato al crimine, come nel caso di COGNOME, venendo sanzionata da fattispecie quali la recidiva, l’abitualità professionalità nel reato e la tendenza a delinquere, secondo un diverso opposto parametro rispetto a quello sotteso all’istituto della continuazio preordinato al favor rei (tra le altre, Sez. 5, n. 10917 del 12/01/2012, COGNOME, Rv. 252950 -01; Sez. 5, n. 49476 del 25/09/2009, COGNOME, Rv. 245833 – 01).
Per queste ragioni, il ricorso proposto da NOME COGNOME deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di un somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 18 aprile 2024.