Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 43853 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 43853 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 17/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a AVERSA il 18/07/1981
avverso l’ordinanza del 19/06/2024 del TRIBUNALE di LATINA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Latina in composizione monocratica – in funzione di giudice dell’esecuzione – ha rigettato l’istanza presentata da NOME COGNOME volta all’applicazione della disciplina del reato continuato, con riferimento ai reati:
di cui alla sentenza del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Latina del 21/06/2018, riformata quoad poenam dalla Corte di appello di Roma con sentenza del 13/06/2019 e passata in giudicato il 28/02/2020, di condanna per il reato di rapina, commesso il 13/06/2017;
di cui alla sentenza del Tribunale di Latina in composizione monocratica del 16/05/2018, confermata dalla Corte di appello di Roma e passata in giudicato il 10/02/2021, di condanna per plurimi episodi di tentato furto aggravato in abitazione (due dei quali posti in essere nell’agosto del 2017 e un altro risalente al 28/06/2017) e a mezzo della quale il condannato è stato dichiarato delinquente abituale.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME a mezzo dell’avv. NOME COGNOME deducendo il vizio di carenza e manifesta illogicità della motivazione. Non esiste, a carico del richiedente, un onere di allegazione di elementi di prova in ordine alla sussistenza dell’unicità del disegno criminoso, essendo egli portatore di un mero interesse in tal senso. Il condannato – nel caso di specie – aveva richiamato il dato temporale, nonché la medesinnezza delle norme violate e l’omogeneità delle modalità attuative della condotta; aveva segnalato, inoltre, tanto che l’esistenza di un disegno criminoso unitario è stata già riconosciuta (tra i fatti posti in essere dal 29/06/2017 al 17/08/2019), quanto il fatto che uno dei reati oggetto della richiesta di continuazione, ossia quello giudicato dalla Corte di appello, risulta commesso a soli quindici giorni di distanza dall’altro.
Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso.
Il giudice dell’esecuzione ha correttamente applicato i principi di diritto in materia, evidenziando la giuridica impossibilità di ricondurre le condotte illecite ad una unica ed originaria determinazione criminosa e ritenendo che le stesse, al contrario, siano state il frutto di scelte estemporanee.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Questa Corte ha costantemente affermato – in tema di reato continuato – che l’unicità del disegno criminoso postula l’anticipata ed unitaria ideazione di più violazioni della legge penale, già presenti nella mente del reo nella loro specificità e che la prova di tale congiunta previsione deve essere ricavata, di regola, da indici esteriori che siano evocativi, alla luce dell’esperienza, del dato progettuale sottostante alle condotte poste in essere (Sez. 4, n. 16066 del 17/12/2008, dep. 2009, COGNOME, rv. 243632). Il giudice dell’esecuzione, nel valutare l’unicità del disegno criminoso, non può attribuire rilievo ad un programma di attività delinquenziale che sia meramente generico, essendo invece necessaria la individuazione – fin dall’epoca della commissione del primo episodio – di tutti i successivi fatti, almeno nelle loro connotazioni fondamentali, con deliberazione, dunque, che presenti un carattere non generico, bensì generale (Sez. 1, n. 37555 del 13/11/2015, dep. 2016, COGNOME, rv. 267596).
L’identità del disegno criminoso, quindi, deve essere negata qualora – ad onta della contiguità spazio-temporale e dell’esistenza di un nesso funzionale, che siano riscontrabili tra le diverse fattispecie incriminatrici – la successione degli episodi sia tale da escludere la preventiva programmazione dei reati ed emerga, al contrario, la natura occasionale di quelli compiuti successivamente, rispetto a quelli cronologicamente anteriori (fra tante, si veda Sez. 6, n. 44214 del 24/10/2012, Natali, rv. 254793). La ricaduta nel reato e l’abitualità a delinquere, infatti, non integrano ipso facto il caratteristico elemento intellettivo (unità di ideazione, atta ad abbracciare i diversi reati commessi) che connota il reato continuato (Sez. 2, n. 40123 del 22/10/2010, Marigliano, rv. 248862). Le Sezioni Unite di questa Corte hanno poi ribadito che il riconoscimento della continuazione necessita – anche in sede di esecuzione, non diversamente rispetto a quanto accade nel processo di cognizione – di una approfondita verifica in punto di sussistenza di concreti indicatori (quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita) del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati, laddove i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, rv. 270074). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Tanto premesso, ai fini del corretto inquadramento giuridico della dedotta questione, deve sottolinearsi come il Tribunale di Latina abbia ragionevolmente argomentato, quanto alla impossibilità di ritenere uniti da un medesimo disegno criminoso i reati oggetto dell’incidente di esecuzione ora
sottoposto al vaglio di questo Collegio. Secondo quanto esposto nell’impugnata ordinanza, infatti, trattasi di episodi delittuosi che – sebbene integranti reati contro il patrimonio – sono tra loro distinti, quanto a modalità esecutive. Viene in rilievo, infatti, in un caso la commissione di plurimi tentativi di furto all’interno di una privata abitazione e, nell’altro caso, una violenta aggressione, volta al compimento di un atto predatorio di natura patrimoniale, perpetrata in danno del titolare di un esercizio commerciale e in concorso con altra persona.
3.1. Nonostante la sostanziale identità tipologica e la contiguità temporale che sussistono fra le varie condotte, il Giudice dell’esecuzione ha ritenuto – in assenza di qualsivoglia elemento dimostrativo di una preventiva ideazione unitaria – che i fatti sussunti nella richiesta siano semplicemente l’espressione di una scelta di vita, radicalmente improntata alla commissione di reati della medesima natura, come del resto dimostrato anche dalla dichiarazione di delinquenza abituale pronunciata a carico di COGNOME L’ordinanza impugnata, in sostanza, reputa trattarsi di fattispecie di reato frutto di determinazioni estemporanee.
3.2. Il provvedimento, inoltre, è logicamente motivato e applica correttamente i principi di diritto che governano la materia, per cui merita di restare immune da qualsivoglia stigma in sede di legittimità, non venendo disarticolato dalle deduzioni difensive.
Quanto al tema – pure dedotto dalla difesa – attinente all’onere di allegazione, giova precisare che questa Corte ha ripetutamente precisato come, in vista del riconoscimento dell’istituto della continuazione in executivis, non gravi sul richiedente uno specifico onere di prova, né in ordine all’esistenza della preventiva ideazione unitaria, né quanto alla allegazione dei fatti e delle circostanze su cui possa proficuamente essere incentrato l’impegno istruttorio; è parimenti pacifico, però, come il condannato sia portatore di un rilevante interesse al compimento di tale allegazione, in quanto l’assenza di elementi di valutazione e conoscenza, atti a indirizzare l’approfondimento giudiziale, non può che riverberare negative conseguenze sulla sua posizione. Di onere di allegazione propriamente detto, allora, non è a discorrersi, sebbene alcune pronunce in sede di legittimità possano apparire orientate in tal senso.
4.1. Tali arresti giurisprudenziali, in sostanza, devono essere interpretati nella loro interezza, senza cioè arrestarsi a una lettura parziale e fuorviante (e così, Sez. 1, n. 12914 del 23/02/2022, rv. 283083 ha condivisibilmente precisato che “la mancata allegazione di tali elementi non può essere valorizzata negativamente dal giudice”, nel senso che la domanda non possa essere disattesa sulla sola base dell’inerzia dell’interessato, che non sia riuscito ad addurre alcun dato a sé favorevole). È però errato ritenere sussistente un onere di allegazione
in senso stretto, gravante sull’interessato; lo stesso orientamento che vi ha fatto riferimento, infatti, ha comunque reputato imprescindibile “la necessità che la prova dell’esistenza di un comune disegno criminoso sia effettiva e non si limiti a registrare l’esistenza di elementi, come la prossimità spazio-temporale e l’identità del bene giuridico leso, che, di per sé, sono neutri, essendo anche compatibili con la mera inclinazione a delinquere, fenomeno ben diverso dalla unitaria programmazione, anche generica, di più reati”.
4.2. Nella concreta vicenda, come sopra già chiarito, il Tribunale di Latina ha posto a fondamento dell’avversato diniego una esaustiva struttura argomentativa, che prescinde totalmente dalla considerazione dell’inerzia del condannato, nella prospettazione di elementi probatori in grado di suffragare l’assunto difensivo, incentrato sull’esistenza di una risoluzione criminosa unitaria; il richiamo all’omessa allegazione, pertanto, non può che assumere la semplice veste di momento introduttivo di un compiuto e più vasto argomentare, che prescinde da tale ultimo riferimento.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato; segue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 17 ottobre 2024.