Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 16632 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Presidente: COGNOME
In nome del Popolo Italiano Relatore: COGNOME
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Penale Sent. Sez. 1 Num. 16632 Anno 2025
Data Udienza: 13/02/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME
– Presidente –
Sent. n. sez. 566/2025
NOME COGNOME
CC – 13/02/2025
NOME COGNOME
– Relatore –
R.G.N. 42379/2024
NOME COGNOME
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato ad Albano Laziale il 12/08/1979
avverso l’ordinanza del 23/10/2024 del Tribunale di Velletri
udita la relazione del consigliere, NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME con la quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
letta la memoria della difesa, avv. NOME COGNOME in data 11 gennaio 2025, in replica alle conclusioni del Procuratore generale, con la quale ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata , il Tribunale di Velletri, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta di riconoscimento del vincolo della continuazione, ex art. 671 cod. proc. pen., tra reati di rapina giudicati con due sentenze di condanna emesse, nei confronti di NOME COGNOME una, in data 18 aprile 2011, divenuta definitiva in data 11 ottobre 2011 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Velletri, l ‘ altra, in data 2 marzo 2021, divenuta definitiva in data 16 luglio 2021, resa dal Tribunale di Velletri.
Avverso il descritto provvedimento, ha proposto tempestivo ricorso per cassazione il condannato, per il tramite del difensore, Avv. M. COGNOME che ha denunciato con un unico motivo, violazione di legge ed errata applicazione di
legge penale in relazione agli artt. 81 cod. pen., 671 cod. proc. pen. e 27 Cost., con correlato vizio di motivazione.
2.1. Si stigmatizza, in primo luogo, la presenza, nel provvedimento censurato, di refusi nella parte in cui l’ordinanza fa riferimento ad una distanza temporale tra i fatti di oltre due anni.
Si segnala, invece, che le condotte giudicate per le quali si chiede la continuazione sono stati commessi a 58 giorni di distanza l’uno dall’altro.
Si tratta di un lasso temporale breve che sicuramente può fungere da elemento presuntivo della sussistenza dell’identità del disegno criminoso, dato del tutto trascurato facendo riferimento, l’ordinanza impugnata, a un lasso temporale inesistente.
2.2. In secondo luogo, l’ordinanza fa riferimento alla circostanza che le condotte sarebbero state attuate in tre luoghi differenti, così incorrendo in un ulteriore errore, in quanto i fatti per i quali è stata richiesta la continuazione sono due e sono stati commessi in Albano Laziale e Marino, quindi in due luoghi geografici differenti, ma non tre.
Infine, si denuncia illogicità della motivazione nella parte in cui si dà risalto al luogo di esecuzione dei reati trattandosi di elemento in forza del quale l’unicità del disegno criminoso non è, comunque, preclusa in presenza di indici rivelatori contrari.
Nel caso di specie, peraltro, vi è continuità territoriale tra i due comuni indicati e, dunque, tale elemento, al contrario, è indizio dell’unicità criminale.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha fatto pervenire requisitoria scritta, con la quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
La difesa ha fatto pervenire memoria di replica con la quale, ulteriormente argomentando rispetto ai motivi di ricorso, ha concluso chiedendone l’accoglime nto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso è infondato.
1.1. Va premesso che il riconoscimento del vincolo della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, di un’approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio ─ temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati, se i successivi reati
risultino, comunque, frutto di determinazione estemporanea (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074).
Va precisato, altresì, che grava sul condannato che invochi l’applicazione della disciplina del reato continuato l’onere di allegare elementi specifici e concreti a sostegno, non essendo sufficiente il mero riferimento alla contiguità cronologica degli addebiti e all’identità dei titoli di reato, in quanto indici in sé sintomatici, non di attuazione di un progetto criminoso unitario, quanto di un’abitualità criminosa e di scelte di vita ispirate alla sistematica e contingente consumazione degli illeciti (tra le altre, Sez. 1, n. 35806 del 20/04/2016, COGNOME, Rv. 267580).
L’identità del disegno criminoso, comunque, va esclusa qualora, malgrado la contiguità spazio-temporale e il nesso funzionale tra le diverse fattispecie incriminatrici, la successione degli episodi sia tale da escludere la preventiva programmazione dei reati ed emerga, invece, l’occasionalità di quelli compiuti successivamente rispetto a quello cronologicamente anteriori (tra le altre, Sez. 6, n. 44214 del 24/10/2012, Natali, Rv. 254793).
Sono necessari, infatti, elementi sintomatici della riconducibilità anche dei reati successivi a una preventiva programmazione unitaria, onde evitare che il meccanismo sanzionatorio di cui all’art. 81, comma secondo, cod. pen. si traduca in un automatico beneficio premiale conseguente alla mera reiterazione del reato, rendendo evanescente la linea di demarcazione tra continuazione e abitualità a delinquere (Sez. 3, n. 17738 del 14/12/2018, Rv. 275451 – 01).
Tanto premesso, si osserva che, nel caso al vaglio, la prova del medesimo disegno criminoso è stata esclusa dal G iudice dell’esecuzione con motivazione, non manifestamente illogica, immune da violazione di legge e coerente con i principi giurisprudenziali indicati.
2.1. Effettivamente, come segnala il ricorso, vi è un errore nell ‘ indicazione dello spazio temporale tra i due episodi giudicati con le sentenze in esame, come pari a due anni, risultando tale distanza di circa due mesi.
Tuttavia, l’errore è solo apparente, frutto di un evidente refuso, posto che lo stesso provvedimento, subito dopo aver riportato tale distanza come pari a ‘ due anni ‘, indica le date precise di commissione dei reati giudicati (24 gennaio 2010 e 24 marzo 2010), così rendendo evidente di aver proceduto al l’esame dei due fatti, compiutamente individuati, della loro effettiva collocazione temporale e del l’incidenza del fattore tempo sulla istanza di continuazione formulata , reputandolo non significativo.
Rispetto a tale lettura, dunque, la censura si appalesa generica posto che non indica, nel segnalare l’errore, in cosa si sia sostanziato il medesimo disegno criminoso, a confutazione del puntuale richiamo, da parte del Giudice
dell’esecuzione, della condivisibile giurisprudenza di legittimità secondo la quale non è decisivo e dirimente, per reputare sussistente il vincolo della continuazione, l ‘ omogeneità e il breve lasso temporale tra le violazioni (cfr. p. 2) che si pretende di unificare ex art. 671 cod. proc. pen.
2.2. Il ricorso, peraltro, è aspecifico con riferimento alla circostanza indicata a p. 3 dell ‘ ordinanza, laddove si fa riferimento al fatto che il condannato ha molteplici precedenti penali per reati della stessa indole e che, dunque, quelli posti in essere sono espressione, più che di un unico programma delinquenziale, di una spiccata tendenza a delinquere.
Infine, appare del tutto i rrilevante l’indicazione di tre , invece che di due luoghi come teatro dei fatti giudicati (comunque diversi, seppure prossimi dal punto di vista geografico), a fronte di una mancata allegazione, da parte del ricorrente, della decisività dell’errore (numerico) in cui il Giudice dell’esecuzione è incorso e sull’incidenza di questo al fine di reputare sussistente un disegno unitario, già al momento della commissione della prima delle due rapine.
Alla luce di quanto premesso, il ricorso va rigettato con la condanna al pagamento delle spese processuali, ex art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così è deciso il 13 febbraio 2025
Il Consigliere estensore Il Presidente NOME COGNOME NOME COGNOME