Reato Continuato: La Cassazione Chiarisce i Limiti per l’Applicazione
Il concetto di reato continuato è fondamentale nel diritto penale, poiché permette di mitigare il trattamento sanzionatorio per chi commette più illeciti sotto un’unica spinta psicologica. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un’analisi chiara dei criteri necessari per il suo riconoscimento, sottolineando come la semplice successione di crimini non sia sufficiente a integrare questa figura giuridica.
Il Caso in Esame: La Richiesta di Continuazione
Il caso trae origine dal ricorso di un soggetto avverso un’ordinanza del Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) di Palermo. L’istante aveva richiesto che diversi reati da lui commessi venissero unificati sotto il vincolo della continuazione, ai sensi dell’art. 81, secondo comma, del codice penale. L’obiettivo era ottenere una pena complessiva inferiore rispetto alla somma delle singole pene per ciascun reato. Il GIP, tuttavia, aveva respinto la richiesta, ritenendo che i crimini fossero espressione di decisioni autonome e non di un unico piano prestabilito.
I Criteri per il Riconoscimento del Reato Continuato
La Suprema Corte, nel dichiarare il ricorso inammissibile, ha colto l’occasione per ribadire i principi consolidati dalla giurisprudenza per il riconoscimento del reato continuato. Affinché si possa parlare di ‘medesimo disegno criminoso’, non basta che i reati siano stati commessi dalla stessa persona. È necessario dimostrare che l’agente, fin dalla commissione del primo reato, avesse programmato, almeno nelle linee generali, anche i successivi. Questa programmazione iniziale è l’elemento unificante che distingue la continuazione da una mera sequenza di illeciti.
Le Motivazioni della Cassazione
La Corte ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato, condividendo pienamente le argomentazioni del giudice di merito. Gli elementi che hanno ostacolato il riconoscimento della continuazione sono stati analizzati con precisione:
* Distanza Temporale: Un notevole lasso di tempo tra un reato e l’altro è un forte indicatore dell’assenza di un piano unitario. Suggerisce che ogni crimine sia nato da una decisione autonoma e contingente.
* Diversa Natura e Modalità Esecutive: La commissione di reati eterogenei (ad esempio, un furto seguito da una truffa mesi dopo) e con modalità operative differenti indebolisce l’ipotesi di un’unica strategia criminale.
* Ambiti Territoriali Differenti: Il fatto che i reati siano stati consumati in luoghi diversi può ulteriormente indicare la mancanza di un progetto unitario.
* Assenza di Allegazioni Specifiche: L’imputato non aveva fornito elementi concreti a sostegno della sua tesi. La richiesta era generica e non provava l’esistenza di un’unica programmazione iniziale.
Secondo la Corte, i reati in questione erano riconducibili a ‘autonome risoluzioni criminose’ e manifestavano una ‘pervicace volontà criminale’, non meritevole dei benefici previsti per il reato continuato.
Conclusioni
La decisione della Cassazione è chiara: dichiarare l’inammissibilità del ricorso. Questa pronuncia comporta non solo la conferma del provvedimento impugnato, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. La condanna alla sanzione pecuniaria è una conseguenza tipica dell’inammissibilità, quando non emergono elementi che possano giustificare l’errore del ricorrente.
Dal punto di vista pratico, questa ordinanza rafforza un principio cardine: il beneficio del reato continuato non è un automatismo, ma deve essere rigorosamente provato. Chi lo invoca ha l’onere di dimostrare, con elementi concreti, che tutti gli episodi criminali erano parte di un progetto concepito sin dall’inizio. In assenza di tale prova, ogni reato verrà considerato come un’entità a sé stante, con le relative conseguenze in termini di pena.
Quando si può applicare il beneficio del reato continuato?
Si può applicare quando una persona commette più reati in esecuzione di un ‘medesimo disegno criminoso’, ovvero quando, sin dal primo reato, aveva già programmato, almeno nelle linee generali, la commissione dei successivi. La semplice ripetizione di reati non è sufficiente.
Perché la Cassazione ha escluso il reato continuato in questo caso specifico?
La Corte ha escluso il reato continuato perché mancavano le prove di un piano unitario. Gli elementi decisivi sono stati la notevole distanza di tempo tra i reati, la loro diversa natura, i differenti luoghi di commissione, le diverse modalità esecutive e la mancanza di argomentazioni specifiche da parte del ricorrente a sostegno della sua tesi.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità impedisce alla Corte di esaminare il merito della questione. Comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, come in questo caso, al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, poiché si presume la colpa nel proporre un ricorso privo dei requisiti di legge.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5428 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5428 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 16/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a TRAPANI il 10/11/1980
avverso l’ordinanza del 19/09/2024 del GIP TRIBUNALE di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso e la ordinanza impugnata.
Rilevato che il ricorso di NOME COGNOME è manifestamente infondato;
Considerato infatti che il provvedimento impugnato, in puntuale applicazione dei principi in materia di continuazione come declinati dalla giurisprudenza di legittimità, ha ineccepibilmente osservato che osta al riconoscimento della continuazione tra i reati indicati nell’istanza, con rilievo decisivo, l’assenza di circostanze da cui desumere che il predetto, sin dalla consumazione del primo reato, avesse programmato, sia pure nelle linee generali richieste dall’art. 81, secondo comma, cod. pen., anche quelli successivi tenuto conto della distanza temporale (anche notevole) tra di essi, della diversa natura degli stessi, dei differenti ambiti territoriali di consumazione, delle non coincidenti modalità esecutive dei medesimi delitti e della mancanza di specifiche allegazioni al riguardo da parte dell’istante. In tale contesto i reati commessi sono stati ritenuti riconducibili ad autonome risoluzioni criminose ed espressione di una pervicace volontà criminale non meritevole dell’applicazione di istituti di favore;
Rilevato che le censure del ricorrente, oltre ad essere generiche, sollecitano una lettura alternativa del compendio probatorio tratto dalle sentenze in esecuzione da sovrapporre a quella, non manifestamente illogica, del giudice dell’esecuzione;
Ritenuto che deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2025.