Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 44767 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 44767 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 17/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME CODICE_FISCALE nato il 15/09/1985
avverso l’ordinanza del 08/05/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del PG, NOME. NOME COGNOME che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Milano, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta presentata nell’interesse di NOME COGNOME di riconoscimento del vincolo della continuazione tra le seguenti sentenze irrevocabili, contenute in diversi provvedimenti di esecuzione pene:
Corte appello Milano del 0 . 7/06/2023, per i reati di cui all’art. 73 d.P.R. 309 del 1990, commessi dal 15/10/2009 al 27/12/2009 in Bareggio e Cornaredo; detta sentenza ha già riconosciuto la continuazione con le ulteriori pronunce:
1 A) Tribunale Milano del 13/05/2011 per i reati di cui all’art. 73 d.P.R. 309, commessi a Milano il 03/05/2011;
1 B) GIP Tribunale Milano del 18/05/2015 per i reati di cui all’art. 73 d.P.R. 309, commessi a Rho, Cornaredo e Bareggio nel marzo aprile 2011;
Corte appello Torino del 03/07/2019, per i reati di cui all’art. 73 d.P.R. 309 del 1990, commessi dal 14/10/2016 al 17/01/2017 in Milano;
Tribunale Milano GLYPH del 12/06/2013, per il reato di cui all’art. 73 d.P.R. 309, commesso a Milano il 23/05/2013;
GIP Tribunale Aosta del 18/11/2015 per i reati di cui all’art. 73 c. 5 d.P.R. 309, commessi a Milano dal 01/09/2014 al 31/12/2014;
GIP Tribunale Milano del 25/01/2017 per i reati di cui all’art. 73 d.P.R. 309, commessi a Cisliano dal 31/01/2013 al 10/04/2013.
A fondamento del provvedimento reiettivo, il G.E. ha ritenuto che l’istanza non potesse trovare accoglimento in considerazione del lasso temporale intercorrente tra i fatti giudicati con le diverse sentenze, dal 2009 al 2017; nonostante l’identità dei titoli di reato, il G.E. ha ritenuto non fosse ravvisabile (né fosse stato allegato dal ricorrente) alcun filo conduttore che legasse i diversi episodi criminosi per cui è intervenuta condanna; episodi in relazione ai quali il G.E. sottolineava le difformità delle condizioni soggettive (diversità di correi e clientela con cui il condannato ha interagito), di tempo e di luogo in cui essi si sono sviluppati.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME per mezzo dei difensori avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME che, con due distinti atti, denunciano erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione.
Si deduce in particolare come la decisione GLYPH si ponga in netto contrasto con il disposto dell’art. 671 cod proc. pen., con specifico riferimento alla ricorrenza, nel caso di specie, dei requisiti che giustificano il riconoscimento del vincolo in parola; il G.E. non ha tenuto in considerazione l’orientamento della giurisprudenza di legittimità per cui il mero dato cronologico non rappresenta un fattore ostativo al riconoscimento del beneficio in parola.
Il provvedimento è inoltre contraddittorio dal momento che, da un lato dà atto dell’intervenuto riconoscimento in sede di merito della continuazione tra fatti commessi in un arco di tempo non trascurabile; dall’altro respinge l’istanza con riferimento a fatti commessi a distanza temporale maggiormente ravvicinati e dotati delle medesime caratteristiche oggettive.
Dalla lettura delle sentenze si arguisce chiaramente come il prevenuto abbia sempre svolto attività di spaccio di sostanze stupefacenti, e che si trattava di un’attività protratta nel tempo, e realizzata con le medesime modalità. Come dedotto in sede di istanza originaria, le condanne attengono ad illecite attività aventi ad oggetto fini di lucro e profillo illecito attraverso la detenzione a fini di cessione a terzi di sostanze stupefacenti. Questo è l’elemento unificatore: il prevenuto ha preordinato tutte le condotte come comportamenti da reiterare nel tempo a fini di guadagno economico.
Contrariamente a quanto opinato dal G.E., inoltre, il contesto in cui sono maturate le condotte è identico, trattandosi di fatti tutti commessi nella provincia di Milano; il lasso temporale va valutato tra un fatto e l’altro, dovendosi riscontrare tra essi una distanza minima; i reati sono di identica natura ed i correi sono quasi sempre gli stessi (fratelli o cugini); il modus operandi è sempre lo stesso.
Il Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, dott.ssa NOME NOME COGNOME ha fatto pervenire requisitoria scritta con la quale ha chiesto la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
L’impugnazione non appare fondata e va, quindi, rigettata.
Questa Corte ha costantemente affermato, in tema di reato continuato, che l’unicità del disegno criminoso presuppone l’anticipata ed unitaria ideazione di più violazioni della legge penale, già presenti nella mente del reo nella loro specificità, e che la prova di tale congiunta previsione deve essere ricavata, di regola, da indici esteriori che siano significativi, alla luce dell’esperienza, del dato progettuale sottostante alle condotte poste in essere (Sez. 4, n. 16066 del 17/12/2008, dep. 16/04/2009, COGNOME, Rv. 243632).
Il giudice dell’esecuzione, nel valutare l’unicità del disegno criminoso, non può attribuire rilievo ad un programma di attività delinquenziale che sia meramente generico, essendo invece necessaria la individuazione, fin dalla commissione del primo episodio, di tutti i successivi, almeno nelle loro connotazioni fondamentali, con deliberazione, dunque, di carattere non generico, ma generale (Sez. 1, n. 37555 del
13/11/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 267596).
L’esistenza di un medesimo disegno criminoso va desunta da elementi indizianti quali l’unitarietà del contesto e della spinta a delinquere, la brevità del lasso temporale che separa i diversi episodi, l’identica natura dei reati, l’analogia del modus operandi e la costante compartecipazione dei medesimi soggetti (Sez. 5, n. 1766 del 06/07/2015 – dep. 18/01/2016, Esposti e altro, Rv. 266413)
La ricaduta nel reato e l’abitualità a delinquere non integrano di per sé il caratteristico elemento intellettivo (unità di ideazione che abbraccia i diversi reati commessi) che caratterizza il reato continuato (Sez. 2, n. 40123 del 22/10/2010, Marigliano, Rv. 248862).
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito che il riconoscimento della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spaziotemporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074).
Ciò premesso, va osservato che, nel caso di specie, il Giudice dell’esecuzione ha ragionevolmente ritenuto che non vi fossero elementi sufficienti per ritenere che gli illeciti oggetto dell’istanza fossero frutto di un previo e unitario disegno criminoso, in assenza di specifiche allegazioni in tal senso da parte dell’istante, ed in considerazione della distanza cronologica, oltre che spaziale, tra i fatti, i diversi contesti e le difformit delle condizioni soggettive (stante la diversità di correi e di clientela cui l’illeci commercio si rivolgeva) in cui sono maturate le condotte criminose.
Le censure sollevate dal ricorrente non sono idonee a destituire di legittimità il provvedimento impugnato, in quanto si limitano a sollecitare una valutazione alternativa degli elementi fondanti; peraltro, il ricorrente sembra confondere l’unicità del movente con il vincolo della continuazione.
La ratio della disciplina va ravvisata, con riferimento all’aspetto intellettivo, nella previsione della ricorrenza di più azioni criminose rispondenti a determinate finalità dell’agente e, in relazione al profilo della volontà, nella deliberazione di un programma di massima richiedente, di volta in volta, in sede attuativa, una specifica volizione (Sez. 1, n. 34502 del 02/07/2015, COGNOME, Rv. 264294): in sostanza le finalità comuni dei reati non sono sufficienti ad affermare il nesso della continuazione in mancanza di una
deliberazione unitaria.
Va conclusivamente osservato come il ricorrente si sia limitato a sollecitare, in maniera del tutto generica, una valutazione alternativa degli argomenti posti alla base della decisione impugnata.
A tale riguardo appare opportuno rammentare che questa Corte – a più riprese ha affermato che l’accertamento degli indici sintomatici dell’unitarietà del disegno criminoso «è rimesso all’apprezzamento del giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, quando il convincimento del giudice sia sorretto da una motivazione adeguata .e congrua, senza vizi logici e travisamento dei fatti» (Sez. 7, n. 25908 del 10/03/2022, non massimata).
L’impugnazione va, pertanto, rigettata.
Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, il 17 ottobre 2024
Il C sigliere estensore
GLYPH
Il Presidente