Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 22626 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 22626 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 30/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 13/11/2023 della CORTE ASSISE APPELLO di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del AVV_NOTAIO COGNOME che ha concluso per il rigetto;
dato avviso al difensore che ha depositato motivi aggiunti;
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato, la Corte d’Assise d’appello di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza avanzata nell’interesse di NOME COGNOME volta a ottenere il riconoscimento della continuazione in sede esecutiva fra i reati giudicati con tre sentenze (1. Corte d’Assise d’appello di Napoli in data 6 dicembre 2021, irrevocabile il 15 febbraio 2023, per i delitti di omicidio e occultamento del cadavere di NOME COGNOME, commesso il 30 ottobre 2004; 2. Corte d’appello di Napoli in data 9 maggio 2012, irrevocabile il 3 ottobre 2013, per i delitti di partecipazione all’RAGIONE_SOCIALE fino all’ottobre 2004 e all’RAGIONE_SOCIALE con condotta perdurante, nonché dei reati di detenzione, porto e ricettazione di armi commessi il 19 febbraio 2015; 3. Corte d’Assise d’appello di Napoli in data 16 dicembre 2021, irrevocabile in data 2 maggio 2022, per occultamento di cadavere, già unificato in continuazione con il reato giudicato con la sentenza n. 2).
Ricorre NOME COGNOME, a mezzo del difensore AVV_NOTAIO, che chiede l’annullamento dell’ordinanza impugnata, lamentando che il giudice dell’esecuzione non abbia tenuto in considerazione la rilevante circostanza dell’avvenuto riconoscimento della continuazione tra i fatti giudicati con le sentenze n. 2 e n. 3, che riguardano un periodo entro il quale ricade l’omicidio giudicato con la sentenza n. 1, nonché per non avere tenuto in considerazione la proprietà transitiva della continuazione, affermata da Sez. 1, n. 43880 del 2022, che risulta nel caso in esame essere palese in considerazione della riconosciuta continuazione tra i reati in materia di armi e occultamento di cadavere e che deve dunque estendersi anche all’omicidio giudicato con la sentenza n. 1.
Del resto, l’omicidio in discorso è stato deliberato dal RAGIONE_SOCIALE camorristico cui apparteneva, proprio nel periodo di interesse, il ricorrente che si prestava, come risulta dalle sentenze irrevocabili, a far parte dei gruppi di fuoco, girare armato e occultare i cadaveri dei soggetti assassinati per ordine del RAGIONE_SOCIALE.
2.1. Il difensore ha depositato motivi aggiunti con i quali illustra ulteriormente i vizi denunciati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Il giudice dell’esecuzione ha evidenziato che nelle sentenze esaminate sono individuate delle causali specifiche per i vari reati commessi, ma non consequenziali per quello che riguarda le condotte poste in essere da COGNOME:
l’omicidio di COGNOME (sentenza n. 1) fu consumato nel 2004 nell’ambito della storica faida di Scampia ed era finalizzato ad affermare la supremazia del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, sicché non risulta riconducibile ai reati giudicati con le sentenze n. 2 e n. 3 in quanto risulta estemporanea la decisione dì partecipare, con il diverso ruolo di esca e incaricato dell’occultamento dei cadaveri, agli omicidi dei COGNOME e di COGNOME assunta da COGNOME nel momento nel quale egli si affiliava al RAGIONE_SOCIALE COGNOME.
Analogamente estemporanea è la condotta, che la difesa qualifica di “favori”, posta in essere da COGNOME in favore del RAGIONE_SOCIALE che risulta indicativa di un particolare momento storico (marzo 2009) dell’alleanza fra quella organizzazione e il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, deliberazione criminale del tutto estranea alla logica che indusse, circa cinque anni prima, a eliminare COGNOME.
In realtà, secondo il giudice dell’esecuzione, la condotta di COGNOME è piuttosto caratterizzata dalla messa a disposizione della propria indole violenta, condivisa prima con il RAGIONE_SOCIALE e poi con il RAGIONE_SOCIALE nel contesto del quale eseguiva gli ordini secondo la propria propensione criminale, in totale assenza di una preventiva prefigurazione dei vari episodi delittuosi.
In particolare, l’idea di uccidere COGNOME non risultava affatto esistente nel momento nel quale COGNOME si affiliava al RAGIONE_SOCIALE COGNOME e tantomeno quando passava nelle fila del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in quanto, iniziata la faida, si entrava nella logica della sopraffazione, caratterizzata da un intento omicida generico, privo cioè della concretezza necessaria per individuare la sequela delle azioni delittuose da attuare.
In proposito, del resto, dalle sentenze risulta che la deliberazione omicida fu del tutto estemporanea (COGNOME rientrò dalla Spagna con il capo RAGIONE_SOCIALE e si recò nella villetta ove prese parte all’omicidio).
È stata, pertanto, correttamente esclusa la continuazione, con valutazione di merito bene ancorata ai condivisi principi di diritto secondo cui «è ipotizzabile la continuazione tra il delitto di partecipazione ad RAGIONE_SOCIALE per delinquere e i reati fine, a condizione che il giudice verifichi puntualmente che questi ultimi siano stati programmati al momento in cui il partecipe si determina a fare ingresso nel sodalizio» (Sez. 1, n. 1534 del 09/11/2017 dep. 2018, Giglia, Rv. 271984).
Nel caso in esame si è evidenziata la occasionalità della determinazione omicida, quale evoluzione non certo programmata delle attività delinquenziali del gruppo criminale, facendosi retta applicazione del costante orientamento giurisprudenziale, sviluppatosi in tema di rapporti tra RAGIONE_SOCIALE per delinquere di tipo mafioso e omicidio aggravato ex art. 7 del D.L. n. 152 del 1991, che esclude «la continuazione tra il reato associativo e quei reati fine che, pur rientrando nell’ambito delle attività del sodalizio criminoso ed essendo finalizzati al suo rafforzamento, non erano programmabili ab origine perché legati a circostanze ed eventi contingenti e occasionali o, comunque, non immaginabili al momento iniziale dell’RAGIONE_SOCIALE» (Sez. 6, n. 13085 del 03/10/2013 dep. 2014, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 259481).
Non coglie nel segno neppure il richiamo alla giurisprudenza di legittimità che ha ravvisato una sorta di “proprietà transitiva” della continuazione (Sez. 1, n. 43880 del 09/09/2022, COGNOME, Rv. 283745, ha affermato che «l’applicazione in executivis della disciplina del reato continuato tra un reato e taluno dei reati oggetto di diversa sentenza implica l’estensione del riconoscimento dell’identità del disegno criminoso anche agli altri reati già con esso posti in continuazione»), poiché quello che manca nel caso di specie, come sottolinea il giudice dell’esecuzione che non riceve una critica specifica, è proprio la identità della genesi programmatica tra i reati giudicati con le sentenze n. 2 e n. 3 e quelli giudicati con la sentenza n. 1, identità programmatica che non può certo essere individuata nella occasionale disponibilità di armi da fuoco.
Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e processuali. condanna il ricorrente al pagamento delle spese
Così deciso il 30 aprile 2024.