Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3513 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 3513  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/11/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME a SCIARA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 30/06/2023 del TRIBUNALE di TERMINI IMERESE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Considerato che NOME COGNOME ricorre per cassazione, avverso l’ordinanza in preambolo, con la quale il Tribunale di Termini Imerese, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha parzialmente rigettato la sua istanza, intesa al riconoscimento della continuazione, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., in relazione a reati separatamente giudicati in sede di cognizione e, nell’unico motivo deduce violazione di legge penale e vizio di motivazione, in quanto il giudice a quo avrebbe disatteso l’uniforme giurisprudenza di legittimità in materia di criteri identificativi dell’unicità di disegno criminoso, sicuramente ravvisabile nella specie, posta la sua provata appartenenza all’RAGIONE_SOCIALE, dalla quale non si è mai dissociato;
ribadito il principio secondo cui, il riconoscimento della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di un’approfondita e rigorosa verifica, onde riscontrare se effettivamente, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, Gargiulo, Rv. 270074-01) e che l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, nonché la contiguità spazio-temporale degli illeciti, rappresentano solo alcuni degli indici in tal senso rivelatori, i quali, seppure indicativi di una determinata scelta delinquenziale, non consentono, di per sé soli, di ritenere che gli illeciti stessi siano frutto di determinazioni volit risalenti ad un’unica deliberazione di fondo (Sez. 3, n. 3111 del 20/11/2013, dep. 2014, P., Rv. 259094-01);
ricordato infine che il riscontro della serie di elementi rilevanti al fine di stabilire l’unicità di disegno criminoso – serie potenzialmente includente le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità delle azioni in rapporto alle abitudini di vita, e ogni altro aspetto in grado di riflettere l’unicità pluralità delle originarie determinazioni – è rimesso all’apprezzamento del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità, quando il convincimento del giudice sia sorretto da una motivazione adeguata e congrua, senza vizi logici e travisamenti di fatto (Sez. 1, n. 354 del 28/01/1991, Livieri, Rv. 187740-01);
Richiamato il principio secondo cui «È ipotizzabile la continuazione tra il reato di partecipazione ad RAGIONE_SOCIALE mafiosa e i reati fine, a condizione che il giudice verifichi puntualmente che questi ultimi siano stati programmati al momento in cui il partecipe si è determiNOME a fare ingresso nel sodalizio» (fra molte, Sez. 1 n.23818 del 22/06/2020, Toscano, Rv. 279430);
ritenuto che, nel caso di specie, il giudice dell’esecuzione ha fatto buon governo degli anzidetti principi e ha dato argomentato conto della loro
applicazione al caso concreto, evidenziando (p. 4 e 5), in maniera esente da illogicità e incongruenze, gli elementi decisivi per escludere l’unicità di disegno criminoso e, segnatamente, la distanza temporale tra i fatti giudicati con le sentenze sub a), b) e c), poste in continuazione, che riguardano la partecipazione del ricorrente al sodalizio RAGIONE_SOCIALE per il periodo dal 2005 al 2007 e l’estorsione commessa in epoca successiva alla indicata partecipazione, mentre ha valorizzato per l’estorsione giudicata con la sentenza sub d), l’epoca di commissione (2018), peraltro intervallata da un periodo di detenzione, a dimostrazione dell’inesistenza di un’unica, antecedente, risoluzione criminosa;
considerato che – a fronte di tale congrua e logica motivazione – la difesa si è limitata a invocare l’erroneità della decisione del giudice dell’esecuzione, proponendo argomentazioni a-specifiche;
rilevato che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e che a tale declaratoria consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – per i profili di colpa connessi all’irritualità dell’impugnazione (Corte cost. n. 186 del 2000) – di una somma in favore della cassa delle ammende che si stima equo determinare, in rapporto alle questioni dedotte, in euro tremila;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 16 novembre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente