Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9227 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9227 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 12/10/2023 del TRIBUNALE di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Rilevato che, con l’ordinanza impugnata, il Tribunale di Palermo, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta ai sensi dell’art. 671 cod. proc pen., di NOME COGNOME di riconoscimento del vincolo della continuazione tra i reati di evasione dagli arresti domiciliari giudicati con le sentenze di cui ai nn. 1 e 2), così come indicati nel provvedimento oggetto di ricorso.
Ritenuto che i motivi (inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e contestuale vizio di motivazione per aver, il giudice dell’esecuzione, travisato il contenuto delle sentenze di merito, accerta tive degli illeciti tra riconoscere il vincolo della continuazione e, perciò, mal interpretato gli indici da cui derivare la medesimezza del disegno criminoso), sono manifestamente infondati perché, dal provvedimento impugnato, non risulta contraddittorietà alcuna con riguardo alla motivazione (cfr. p. 2 del provvedimento impugnato) e perché vengono prospettati enunciati ermeneutici in palese contrasto con il dato normativo e con la consolidata giurisprudenza di legittimità (relativamente alla doglianza riguardante l’erronea valutazione del contenuto delle condanne accertative degli illeciti oggetto dell’istanza di riconoscimento della continuazione).
Reputato, invero, che il riconoscimento del vincolo della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, di un’approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati, se i successivi reat risultino, comunque, frutto di determinazione estemporanea (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074).
Ritenuto, altresì, che grava sul condannato che invochi l’applicazione della disciplina del reato continuato l’onere di allegare elementi specifici e concreti a sostegno, non essendo sufficiente il mero riferimento alla contiguità cronologica degli addebiti e all’identità dei titoli di reato, in quanto indici sintomatici no attuazione di un progetto criminoso unitario quanto di un’abitualità criminosa e di scelte di vita ispirate alla sistematica e contingente consumazione degli illeciti (tra le altre, Sez. 1, n. 35806 del 20/04/2016, COGNOME, Rv. 267580) in particolar modo, allorquando si contesti la legittima discrezionalità attraverso cui il giudice di merito ha operato la propria disamina dei c.d. indici rivelatori della medesimezza del progetto criminoso.
Rilevato che la prova del medesimo disegno criminoso è stata esclusa dal giudice dell’esecuzione, con adeguata analisi, estrinsecata attraverso una
motivazione non manifestamente illogica, immune da violazione di legge e coerente con i principi giurisprudenziali indicati e che, infatti, il provvedimento censurato ha chiarito, con valutazione di merito, dunque incensurabile in questa sede, come gli indici emersi non confortino la conclusione della sussistenza della dimostrazione che ab initio l’intera serie, pur nelle grandi linee, fosse stata unitariamente programmata, ma facciano propendere per l’estrinsecazione, da parte dell’odierno ricorrente, di determinazioni estemporanee, così in definitiva escludendo il vincolo ex art. 671 cod. proc. pen. (per essere i due fatti pur omogenei e prossimi dal punti di vista temporale, animati da diverse esigenze, il primo per svolgere attività lavorativa, il secondo per avere il ricorrente manifestato l’impellente necessità di acquistare le sigarette).
Ritenuto che deriva, da quanto sin qui rilevato, l’inammissibilità del ricorso, cui segue la condanna al pagamento delle spese processuali e, valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità al versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 8 febbraio 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente