Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 5848 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 5848 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MESSINA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 29/03/2023 della CORTE APPELLO di MESSINA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOMECOGNOME lette/9eRt-ite le conclusioni del PG
Il Procuratore generale, NOME COGNOME, chiede dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME ricorre avverso l’ordinanza del 29 marzo 2023 della Corte di appello di Messina che, quale giudice dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta di applicazione della disciplina della continuazione ex art. 671 cod. proc. pen., con riguardo:
al reato di violazione degli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, ai sensi dell’art. 75, comma 2, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, commesso il 21 marzo 2015 in Villa San Giovanni, giudicato dalla Corte di appello di Reggio Calabria con sentenza del 7 gennaio 2016, definitiva il 12 dicembre 2016;
al reato di produzione, traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti, ai sensi dell’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, commesso in data anteriore e prossima al 9 ottobre 2015 in Messina, giudicato dal G.u.p. del Tribunale di Messina con sentenza del 12 ottobre 2016, definitiva il 30 marzo 2017;
al reato tentato di furto aggravato, ai sensi degli artt. 56, 624 e 625 cod. pen., commesso il 25 novembre 2018 in Messina, giudicato dal Tribunale di Messina con sentenza del 17 dicembre 2018, definitiva il 9 luglio 2019;
ai reati di produzione, traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti e di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, ai sensi degli artt. 73 e 74 T.U. stup., commessi nel 2015 e nel 2018, giudicati dalla Corte di appello di Messina con sentenza del 19 gennaio 2021, divenuta definitiva.
Il ricorrente denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento agli artt. 81 cod. pen., 125 e 671 cod. proc. pen., e vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata, perché il giudice dell’esecuzione avrebbe omesso .di considerare la sussistenza degli elementi sintomatici del medesimo disegno criminoso.
In particolare, il giudice dell’esecuzione avrebbe omesso di considerare che il reato ex art. 73 T.U. stup. sub 4 era stato commesso tre giorni dopo il trasferimento di COGNOME a Reggio Calabria, condotta in forza della quale lo stesso era stato condannato per il reato di violazione degli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale sub 1.
I reati sub 2, inoltre, erano stati realizzati in un arco temporale nel quale erano stati commessi sia il reato sub 1 che il reato ex art. 73 T.U. stup. sub 4.
Il giudice dell’esecuzione, infine, avrebbe omesso di considerare che la Corte di appello di Messina, con la sentenza di condanna del 19 gennaio 2021, aveva già riconosciuto il vincolo della continuazione interna tra i reati oggetto di quel procedimento, accertando – di fatto – l’esistenza di un reato continuato sviluppato in un arco temporale da marzo 2015 ad epoca successiva gennaio 2018.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Giova premettere in diritto che il giudice dell’esecuzione, investito di una richiesta ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen. per il riconoscimento del vincolo della continuazione, pur godendo di piena libertà di giudizio, non può trascurare la valutazione già compiuta in sede cognitoria ai fini della ritenuta sussistenza di detto vincolo tra reati commessi in un lasso di tempo al cui interno si collocano, in tutto o in parte, quelli oggetto della domanda sottoposta al suo esame; di conseguenza, qualora non ritenga di accogliere tale domanda anche solo con riguardo ad alcuni reati, maturati in un contesto di prossimità temporale e di medesimezza spaziale, è tenuto a motivare la decisione di disattendere la valutazione del giudice della cognizione in relazione al complessivo quadro delle risultanze fattuali e giuridiche emergenti dai provvedimenti dedotti nel suo procedimento (Sez. 1, n. 54106 del 24/03/2017, Miele, Rv. 271903), come avvenuto nel caso di specie.
Il giudice dell’esecuzione, infatti, ha evidenziato che non era possibile accogliere l’istanza con riferimento al reato associativo sub 4 (e, quindi, per la proprietà transitiva della relazione di continuazione, anche con riferimento all’ulteriore reato ex art. 73 T.U. stup. sub 4), poiché tutti i reati oggetto dell’istanza erano precedenti all’ingresso del condannato nel sodalizio e, quindi, non era possibile che COGNOME li avesse potuti programmare, quantomeno nelle loro linee essenziali, sin dal momento costitutivo del sodalizio criminoso.
Sul punto, infatti, è stato chiarito che non è configurabile la continuazione tra il reato associativo e quei reati fine che, pur rientrando nell’ambito delle attività del sodalizio criminoso ed essendo finalizzati al suo rafforzamento, non erano programmabili ab origine, perché legati a circostanze ed eventi contingenti e occasionali o, comunque, non immaginabili al momento iniziale dell’associazione (Sez. 5, n. 54509 del 08/10/2018, COGNOME Giudice, Rv. 275334-02).
Il giudice dell’esecuzione, inoltre, ha evidenziato che l’istanza difettava della prova circa la sussistenza dell’unicità del disegno criminoso, che ricorre quando i singoli reati costituiscono parte integrante di un unico programma deliberato fin dall’origine nelle linee essenziali per conseguire un determinato fine, al quale deve
aggiungersi, volta per volta, l’elemento volitivo necessario per l’attuazione del programma delinquenziale.
Secondo il giudice dell’esecuzione, infatti, dalla lettura delle sentenze di merito, si evinceva che i reati, parzialmente disomogenei tra loro, erano stati commessi a una consistente distanza temporale: non vi era, pertanto, la sussistenza degli elementi sintomatici del medesimo disegno criminoso, che la giurisprudenza di legittimità ha individuato nella vicinanza cronologica tra i fatti, nella causale, nelle condizioni di tempo e di luogo, nelle modalità delle condotte, nella tipologia dei reati, nel bene tutelato e nella omogeneità delle violazioni (Sez. 1, n. 12905 del 17/03/2010, COGNOME, Rv. 246838).
Il giudice dell’esecuzione, quindi, fornendo una decisione logica e coerente, ha evidenziato in modo ineccepibile che i reati non potevano essere avvinti dal vincolo della continuazione, in quanto frutto di autonome e distinte deliberazioni, assunte in tempi diversi.
La Corte, pertanto, ritiene che il giudice dell’esecuzione abbia correttamente interpretato il parametro normativo di cui all’art. 81, secondo comma, cod. pen. e, con motivazione né apodittica né manifestamente illogica, abbia fatto esatta applicazione dei suddetti condivisi principi.
In forza di quanto sopra, il ricorso deve essere rigettato. Ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q . M .
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 24/11/2023