Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 11990 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 11990 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a Siderno il 14/06/1986 avverso l’ordinanza del 10/09/2024 della Corte di Appello di Bologna udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME COGNOME lette le conclusioni del Sost. Proc. Gen. NOME COGNOME per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di Appello di Bologna, quale giudice dell’esecuzione, con ordinanza del 10 settembre 2024, ha respinto l’istanza proposta nell’interesse di NOME COGNOME di applicare la disciplina di cui all’art. 81 cod. pen. tra i reati oggetto dei seguenti provvedimenti:
-sentenza della Corte di appello di Bologna del 29 ottobre 2019, irrevocabile il 10 dicembre 2020, in relazione ai reati di cui all’art. 416 bis cod. pen. finalizzata ad acquisire prevalenza e controllo nel settore economico del gioco elettronico a distanza online e a commettere i delitti di esercizio abusivo di attività di organizzazione e raccolta a distanza di gioco online, di trasferimento fraudolento di valori, di frode informatica, di estorsione aggravata e altro, commesso dal 2007 al 23 gennaio 2013; diverse ipotesi di reato di cui all’art. 4 della L. 401 del 1989, commessi in Emilia Romagna dal 2007 al 23 gennaio 2013; diverse estorsioni e tentata estorsione, anche aggra Conselice e Napoli nel mese di novembre 2010 e a Imol ata, commessi a e in luogo non
conosciuto dall’autunno 2009 al novembre 2010;
-sentenza del Tribunale di Bologna dell’8 novembre 2011 di applicazione di pena in relazione al reato di detenzione e porto di armi comuni da sparo, fabbricazione di arma clandestina, detenzione di munizioni per armi e detenzione di banconote false al fine di metterle in circolazione, commessi a Casalecchio di Reno il 12 novembre 2010.
Avverso il provvedimento ha proposto ricorso l’interessato che, a mezzo del difensore, ha dedotto il seguente motivo.
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 81 cod. pen. e 125 e 671 cod. proc. pen. In un unico articolato motivo di ricorso la difesa evidenzia che il giudice non avrebbe applicato correttamente i principi enucleati dalla giurisprudenza di legittimità in quanto dalla lettura delle sentenze, diversamente da quanto indicato nel provvedimento impugnato, emergerebbe che i fatti relativi alle armi e alle banconote false rientravano, per tipologia, luogo di commissione del reato e modalità operativa, nelle condotte che hanno caratterizzato il reato associativo.
In data 14 novembre 2024 è pervenuta in cancelleria la requisitoria scritta con la quale il Sost. Proc. Gen. NOME COGNOME chiede che il ricorso sia rigettato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Nell’unico motivo la difesa deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione agli artt. 81 cod. pen. e 125 e 671 cod. proc. pen.
La doglianza è infondata.
2.1. Al fine di verificare la possibilità di applicare la disciplina del reato continuato, ai sensi dell’art. art. 81 comma secondo cod. pen. il giudice di merito è tenuto – attraverso un concreto esame dei tempi e delle modalità di realizzazione delle diverse violazioni commesse e giudicate – a individuare l’esistenza di elementi dai quali desumere la sostanziale unicità del disegno criminoso tra le condotte poste in essere.
In una corretta prospettiva sistematica, infatti, il trattamento più mite rispetto al cumulo materiale è giustificato dall’esistenza di una rappresentazione unitaria sin dal momento ideativo delle diverse condotte violatrici – almeno nelle loro linee essenziali – da parte del soggetto agente così da potersi escludere una successione di autonome risoluzioni criminose.
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Ciò perché la ricaduta nel reato e l’abitualità a delinquere non integrano di per sé il caratteristico elemento intellettivo (unità di ideazione che a braccia i diversi reati commessi) che caratterizza il reato continuato né, evidentemente, consentono l’applicazione di un trattamento sanzionatorio più mite (Sez. 2, n. 10033 del 07/12/2022, dep. 2023. COGNOME, Rv. 284420 – 01; Sez. 1, n. 39222 del 26/02/2014, B., Rv. 260896 – 01; Sez. 2, n. 40123 del 22/10/2010, Marigliano, Rv. 248862 – 01).
La giurisprudenza di legittimità nel corso del tempo ha indicato quali possibili “indici rivelatori” della effettiva preordinazione unitaria: a) la ridotta distanza cronologica tra i diversi fatti; b) le concrete modalità della condotta; c) l’omogeneità del bene tutelato dalle previsioni incriminatrici; d) I apprezzamento della causale e delle condizioni di tempo e luogo delle singole violazioni, aggiungendo che risulta possibile valorizzare anche soltanto alcuni di detti elementi purché significativi (cfr. Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074 – 01; Sez. 5, n. 1766 del 06/07/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266413 01; Sez. 1, n. 8513 del 09/01/2013, Cardinale, Rv. 254809 – 01; Sez. 1, n. 11564 del 13/11/2012, dep. 2013, Daniele, Rv. 255156 – 01; Sez. 1, n. 44862 del 05/11/2008, COGNOME, Rv. 242098 – 01).
L’unicità del disegno criminoso, in altre parole, non può identificarsi con una scelta di vita che implica la reiterazione di determinate condotte criminose o comunque con una generale tendenza a commettere dei reati (cfr ancora Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074 – 01 e giurisprudenza in precedenza indicata).
La nozione di continuazione, d’altro canto, non può neanche ridursi all’ipotesi che tutti i singoli reati siano stati dettagliatamente progettati e previsti, in relazione al loro graduale svolgimento, nelle occasioni, nei tempi” nelle modalità delle condotte, in quanto tale definizione di dettaglio, oltre a non apparire conforme al dettato normativo, che parla soltanto di “disegno”, porrebbe l’istituto fuori dalla realtà concreta, data la variabilità delle situazioni di fatto e la loro prevedibilità, quindi e normalmente, solo in via approssimativa.
Quello che occorre, invece, è che si abbia una visibile programmazione e deliberazione iniziale di una pluralità di condotte in vista di un unico fine, concreto e specifico, che può essere ab origine anche di massima, purché i rati da compiere risultino previsti almeno in linea generale -seppure con una riserva di ‘adattamento’ alle eventualità del caso- come mezzo per il conseguimento di un unico scopo o intento prefissato (in tal senso di nuovo Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074 – 01; Sez. 3, Sentenz n. 3111 del
20/11/2013, dep. 2014, Rv. 259094 – 01; Sez. 1, n. 12905 del Rv. 246838 – 01 7/03/2010, P.,
La difficoltà di applicazione pratica dell’istituto deriva dalla natura indiziaria di tale tipologia di accertamento che impone di risalire dai fatti commessi (evidenza obiettiva) a un aspetto di tipo eminentemente psichico (che si pone come antecedente ideologico), rappresentato dalla unitaria programmazione nell’ambito di una finalità ben individuata e circoscritta.
In questa prospettiva, ad esempio, le decisioni che riconoscono una particolare valenza all’indicatore logico della ‘non eccessiva distanza temporale’ tra le violazioni realizzano, pertanto, una opportuna autolimitazione della discrezionalità affidandosi ad una massima di esperienza che può essere ritenuta ragionevole (cfr. Sez. 5, n. 1766 del 06/07/2015, dep. 2016, Esposti, Rv. 266413 – 01; Sez. 2, n. 7555 del 22/01/2014, COGNOME, Rv. 258543 – 01
Ciò perché l’elemento teleologico richiesto dal legislatore non può coincidere con un finalismo del tutto generico -come in ipotesi l’obiettivO dell’agente di realizzare profitti illeciti attraverso una tendenziale dedizione al crimine sì da soddisfare in tal modo, per un tempo consistente, i propri bisogni di vita- posto che ciò finirebbe con il contraddire la natura stessa dell’istituto quale norma di favore, tesa a mitigare il rigore del cumulo materiale nei confronti dell’agente che abbia mostrato una ridotta capacità criminale.
Da ciò deriva che un consistente intervallo temporale tra un episodio e quello successivo, salve le ipotesi in cui si rinvenga una chiara ragione giustificatrice di una attuazione temporalmente frazionata di un fine specifico, è indicatore logico di una successione di azioni sorrette da ideazione autonome o comunque orientate a realizzare più che una finalità circoscritta (come richiesto dalla norma) una tendenza soggettiva indeterminata ed ampia.
2.2. Nel caso in cui la richiesta di applicare la disciplina della continuazione si riferisce al reato associativo e ai reati fine non è sufficiente che i secondi siano riconducibili a una generica e indeterminata attuazione del programma dell’associazione o che siano inseriti nel medesimo contesto criminale.
Anche in tale ipotesi, infatti, ciò che rileva è che il singolo il soggetto agente abbia avuto una rappresentazione unitaria delle diverse condotte ,violatrici sin dal momento ideativo della prima cioè, quanto meno, dal momento in cui lo stesso si è determinato a fare ingresso nel sodalizio per cui «è configurabile a continuazione tra il reato di partecipazione ad associazione mafiosa e i reati-fine nel caso in cui questi ultimi siano stati programmati al momento in cui il partecipe si è
determinato a fare ingresso nel sodalizio, non essendo nece sario che tale programmazione sia avvenuta al momento della costituzione dello stesso» (Sez. 1, n. 39858 del 28/04/2023, COGNOME, Rv. 285369 – 01; Sez. 6, n. 4680 del 20/01/2021, COGNOME, Rv. 280595 – 01; nel senso che la verifica della sussistenza del medesimo disegno criminoso deve fare riferimento all’atto della costituzione del sodalizio Sez. 1, n. 1613 del 18/09/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 277914 – 01; Sez. 5, n. 54509 del 08/10/2018, Lo Giudice, Rv. 275334 – 02; Sez. 6, n. 13085 del 03/10/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259481 – 01; Sez. 1, n. 40318 del 04/07/2013, Corigliano, Rv. 257253; Sez. 1, n. 8451 del 21/01/2009, COGNOME, Rv. 243199).
2.3. Nel caso di specie il giudice dell’esecuzione ha dato conto di avere adeguatamente valutato tutti gli elementi e la motivazione sul punto risulta conforme ai principi indicati.
Come correttamente evidenziato nella motivazione, infatti, non vi è in atti alcun elemento dal quale poter desumere che la detenzione dell’arma clandestina con matricola abrasa e delle banconote false, accertati in data 12 novembre 2010 e commessi a Casalecchio di Reno, fossero stati già, quanto meno a grandi linee, programmati allorché il ricorrente è entrato a far parte dell’associazione mafiosa, operante ed attiva in località differente. Ciò anche considerato che tali fatti non risultano neanche collegati alle condotte estorsive commesse quale “factotum” del sodalizio criminale o comunque inseriti in tale contesto.
Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 6 dicembre 2024.