Reato Continuato: La Cassazione e i Limiti dell’Obbligo di Motivazione
L’istituto del reato continuato è uno strumento fondamentale nel diritto penale per garantire un trattamento sanzionatorio equo e proporzionato a chi commette più reati in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Tuttavia, quali sono i limiti del potere discrezionale del giudice nel determinare la pena? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su un aspetto cruciale: l’obbligo di motivazione per gli aumenti di pena. La Corte ha chiarito che, in presenza di aumenti minimi, una motivazione dettagliata non è necessaria.
I Fatti del Caso
Due soggetti, condannati in primo grado dal Tribunale e la cui condanna era stata confermata dalla Corte d’Appello, hanno presentato ricorso per Cassazione. Uno dei due imputati contestava il mancato riconoscimento di un’ipotesi di reato meno grave. Entrambi, invece, lamentavano un vizio di motivazione riguardo al calcolo della pena, in particolare per l’aumento applicato in virtù del riconoscimento del reato continuato tra i diversi episodi contestati.
Il Ricorso in Cassazione e la Questione del Reato Continuato
I ricorrenti hanno sollevato due principali motivi di doglianza.
La Ripetitività del Primo Motivo
Il primo motivo, presentato nell’interesse di uno solo degli imputati, è stato giudicato meramente riproduttivo di censure già esaminate e correttamente respinte dalla Corte d’Appello. La Cassazione ha ribadito il principio secondo cui non è ammissibile riproporre in sede di legittimità le stesse argomentazioni già vagliate nei precedenti gradi di giudizio senza introdurre nuovi profili di critica alla sentenza impugnata.
La Motivazione sulla Pena del Reato Continuato
Il secondo motivo, di interesse comune, è stato ritenuto manifestamente infondato. I ricorrenti sostenevano che il giudice d’appello non avesse adeguatamente motivato l’aumento di pena stabilito per i cosiddetti “reati satellite”, ovvero quelli uniti dal vincolo della continuazione al reato più grave. Secondo la difesa, mancava una spiegazione specifica delle ragioni che avevano portato a quel determinato incremento sanzionatorio.
Le Motivazioni: la Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha respinto le argomentazioni dei ricorrenti, dichiarando i ricorsi inammissibili. La decisione si fonda su un principio consolidato in giurisprudenza, che bilancia l’obbligo di motivazione del giudice con criteri di economicità processuale e ragionevolezza.
La Corte ha specificato che, in tema di reato continuato, il giudice non è tenuto a fornire una motivazione specifica e dettagliata quando calcola l’incremento di pena per ciascun reato satellite, a condizione che tali aumenti siano di “esigua entità”. Nel caso di specie, gli aumenti erano stati assai contenuti, rientrando pienamente in questa casistica. Secondo la Cassazione, quando l’aumento è minimo, si esclude in radice qualsiasi possibile abuso del potere discrezionale che l’articolo 132 del codice penale conferisce al giudice. Di conseguenza, pretendere una motivazione analitica per ogni lieve aumento sarebbe un formalismo ingiustificato.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
Questa ordinanza consolida un importante principio pratico: la discrezionalità del giudice nella determinazione della pena, se esercitata entro limiti contenuti, non richiede un’eccessiva giustificazione formale. La decisione ha due implicazioni principali:
1. Per la Difesa: È inutile contestare in Cassazione l’entità degli aumenti per la continuazione se questi sono minimi. Il ricorso rischierebbe di essere dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza, con conseguente condanna al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.
2. Per i Giudici: Viene confermata una maggiore flessibilità nella redazione delle sentenze. Concentrando la motivazione sugli aspetti più rilevanti del trattamento sanzionatorio, si favorisce l’efficienza processuale senza sacrificare le garanzie dell’imputato, poiché il controllo sull’abuso di potere rimane saldo per gli aumenti di pena significativi.
Quando un giudice non è tenuto a motivare in dettaglio l’aumento di pena per il reato continuato?
Secondo la Corte di Cassazione, il giudice non è obbligato a fornire una motivazione specifica e dettagliata per l’aumento di pena relativo ai reati satellite quando tale aumento è di esigua entità, poiché in tal caso si presume che non vi sia stato alcun abuso del potere discrezionale.
Cosa succede se un motivo di ricorso in Cassazione si limita a ripetere argomentazioni già respinte in appello?
Se un motivo di ricorso è meramente riproduttivo di censure già adeguatamente esaminate e respinte dalla Corte territoriale, viene considerato inammissibile, in quanto non propone una critica nuova e specifica alla decisione impugnata.
Quali sono le conseguenze se un ricorso per Cassazione viene dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta che il ricorso non venga esaminato nel merito. Inoltre, i ricorrenti vengono condannati al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 1174 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 1174 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 17/09/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato il 03/04/1994
NOME COGNOME nato il 10/09/1982
avverso la sentenza del 13/12/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
MOTIVI DELLA DECISIONE
COGNOME NOME e COGNOME NOME ricorrono, con un unico atto, avverso la sentenza, in epigrafe indicata, della Corte di appello di Napoli che ha confermato la pronuncia di condanna del Tribunale Santa Maria Capua Vetere nei confronti di COGNOME e, riqualificata l’ipotesi delittuosa contestata a COGNOME in quella di cui al comma 5 dell’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, ha rideterminato la pena a quest’ultimo irrogata.
In data 01/09/2024, è pervenuta memoria difensiva con cui l’avv. NOME COGNOME insiste nelle ragioni dei ricorsi e chiede che essi vengano sottoposti al vaglio della Sezione competente, con trattazione orale.
Ritenuto che i motivi sollevati (quanto a Kaladu: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’esclusione del riconoscimento della fattispecie di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90. Quanto ad entrambi gli imputati: vizio di motivazione in relazione al trattamento sanzionatorio applicato per effetto del riconoscimento della continuazione interna tra gli episodi contestati) non sono consentiti in sede di legittimità, perché il primo motivo, nell’interesse di Kaladu, è meramente riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e correttamente disattesi dalla Corte territoriale (p. 8 sent. app.). Il secondo motivo, nell’interesse di entrambi gli imputati, è manifestamente infondato. Nel caso di specie, essendo gli aumenti operati per la continuazione interna assai contenuti, trova applicazione il principio per il quale, in tema di reato continuato, il giudice di merito, nel calcolare l’incremento sanzionatorio in modo distinto per ciascuno dei reati satellite, non è tenuto a rendere una motivazione specifica e dettagliata qualora individui aumenti di esigua entità, essendo in tal caso escluso in radice ogni abuso del potere discrezionale conferito dall’art. 132 cod. pen. (Sez. 6, n. 44428 del 05/10/2022, COGNOME NOME, Rv. 284005; sul punto, anche Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, COGNOME Simone, Rv. 282269).
Rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 17 settembre 2024
Il Consigliere estensore
Il P sid nte