Aumento di Pena per Reato Continuato: I Limiti all’Obbligo di Motivazione
L’istituto del reato continuato, disciplinato dall’articolo 81 del codice penale, rappresenta uno strumento fondamentale per mitigare il trattamento sanzionatorio nei confronti di chi commette più reati in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Tuttavia, la quantificazione dell’aumento di pena rimane un punto delicato, spesso oggetto di ricorso. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 33508/2024) offre importanti chiarimenti sui limiti dell’obbligo di motivazione del giudice in questi casi, soprattutto quando l’aumento è di lieve entità.
Il Contesto del Ricorso in Cassazione
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Milano. La Corte territoriale aveva applicato un aumento di pena di otto mesi di reclusione a titolo di continuazione con altri reati, già giudicati separatamente. L’imputato, tramite il suo difensore, ha deciso di impugnare tale decisione dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando tre vizi principali.
I Motivi di Impugnazione: Pena e Attenuanti
I motivi del ricorso si concentravano su tre aspetti specifici della decisione d’appello:
1. Vizio di motivazione sulla determinazione della pena, in violazione degli articoli 132 e 133 del codice penale.
2. Mancato riconoscimento dell’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità, previsto dall’articolo 62, n. 4, del codice penale.
3. Eccessività dell’aumento di pena stabilito per il reato continuato.
In sostanza, la difesa sosteneva che i giudici di merito non avessero adeguatamente giustificato né l’entità della pena inflitta, né il diniego di una circostanza che avrebbe potuto ridurla, né tantomeno l’incremento applicato per la continuazione.
La Decisione sul Reato Continuato della Suprema Corte
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le censure sollevate. La decisione si fonda su principi giurisprudenziali consolidati, che la Corte ha richiamato per confermare la correttezza dell’operato della Corte d’Appello.
Le Motivazioni
La Suprema Corte ha affrontato punto per punto le doglianze del ricorrente, fornendo una chiara spiegazione per la sua decisione.
In primo luogo, riguardo all’aumento di pena per il reato continuato, la Corte ha ribadito un orientamento costante: quando l’aumento sanzionatorio è di esigua entità e si mantiene ben al di sotto del limite legale (il triplo della pena per il reato più grave), il giudice non è tenuto a fornire una motivazione specifica e dettagliata. Questo perché un aumento modesto esclude in radice un possibile abuso del potere discrezionale del giudice. Citando una precedente sentenza (n. 44428/2022), la Corte ha specificato che non sussiste un obbligo di motivazione analitica per ciascun reato-satellite.
In secondo luogo, la Corte ha dichiarato inammissibile la censura sulla congruità della pena. Nel giudizio di legittimità, infatti, non è possibile effettuare una nuova valutazione del merito. La determinazione della pena è un potere discrezionale del giudice, e la Cassazione può intervenire solo se la decisione è frutto di mero arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico, circostanze non riscontrate nel caso di specie.
Infine, per quanto riguarda il mancato riconoscimento dell’attenuante del danno di lieve entità, i giudici hanno ritenuto che i rilievi della difesa fossero mere doglianze di fatto. La Corte d’Appello aveva già motivato in modo corretto il proprio diniego, evidenziando che il furto di una bicicletta aveva causato alla vittima un danno di centinaia di euro, costringendola a un nuovo acquisto per garantirsi la mobilità. Tale danno, dunque, non poteva essere considerato di speciale tenuità.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame conferma due principi cardine del diritto penale e processuale. Primo, il potere discrezionale del giudice di merito nella commisurazione della pena è ampio e il suo esercizio è difficilmente sindacabile in sede di legittimità, se non per vizi logici macroscopici. Secondo, l’obbligo di motivazione si attenua in relazione all’entità della pena: per aumenti minimi legati al reato continuato, una motivazione generica o implicita è sufficiente. Questa pronuncia offre quindi un’utile guida pratica, ricordando che il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti.
Quando il giudice deve motivare in modo dettagliato l’aumento di pena per il reato continuato?
Il giudice non è tenuto a una motivazione specifica e dettagliata quando l’aumento di pena per il reato continuato è di esigua entità e rispetta il limite legale del triplo della pena base. In questi casi, si presume che non vi sia un abuso del potere discrezionale.
È possibile contestare in Cassazione la mancata concessione di un’attenuante come quella del danno di lieve entità?
No, non è possibile se la contestazione si limita a una semplice doglianza sui fatti. La Corte di Cassazione può intervenire solo se la motivazione del giudice di merito è illogica o assente. Nel caso di specie, il giudice aveva adeguatamente spiegato perché il danno (il furto di una bicicletta) non era di lieve entità.
La valutazione sulla congruità della pena può essere riesaminata dalla Corte di Cassazione?
No, la censura che mira a una nuova valutazione della congruità della pena è inammissibile nel giudizio di Cassazione, a meno che la determinazione della pena non sia il risultato di un puro arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33508 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33508 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 18/05/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Visti gli atti e la sentenza impugnata;
visto il ricorso proposto da COGNOME NOME a mezzo del difensore;
Rilevato che la difesa lamenta: 1. Vizio di motivazione in relazione agli artt. 132 e 133 cod. pen.; 2. Vizio di motivazione con riferimento al mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen.; 3. Eccessività dell’aumento stabilito a titolo di continuazione.
Considerato che la Corte d’appello ha apportato a titolo di continuazione cd. “esterna” con altri reati giudicati separatamente un aumento di pena per il reato oggetto del presente giudizio pari a mesi 8 di reclusione.
Considerato che, secondo consolidato orientamento di questa Corte, ove non vi siano dubbi in ordine al rispetto del limite legale del triplo della pena base ex art. 81, comma primo, cod. pen., non sussiste un obbligo di specifica motivazione (cfr., ex multis, Sez. 6, n. 44428 del 05/10/2022, COGNOME, Rv. 284005:”In tema di reato continuato, il giudice di merito, nel calcolare l’incremento sanzionatorio in modo distinto per ciascuno dei reati satellite, non è tenuto a rendere una motivazione specifica e dettagliata qualora individui aumenti di esigua entità, essendo in tal caso escluso in radice ogni abuso del potere discrezionale conferito dall’art. 132 cod. pen.”).
Considerato che, nel giudizio di cassazione, è inammissibile la censura che miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di un ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013 – 04/02/2014, Ferrario, Rv. 259142).
Ritenuto che i rilievi riguardanti la mancata applicazione dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen. non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità, perché costituiti da mere doglianze in punto di fatto, riproduttive di profili d censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito (si veda, in particolare, quanto argomentato dalla Corte territoriale nel motivare il diniego dell’attenuante, laddove evidenzia che il furto della bicicletta si è tradotto in un danno di centinaia di euro per la persona offesa, la quale deve anche provvedere ad un nuovo acquisto per garantirsi la mobilità).
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 29 maggio 2024
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Il Consigliere estensore
Il Pr idente