Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33900 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33900 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 01/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a MESSINA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 21/03/2024 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che, con l’ordinanza impugnata, la Corte di appello di Reggio Calabria, in funzione di Giudice dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta di riconoscimento della continuazione tra reati giudicati con due sentenze definitive e ha revocato la sospensione condizionale della pena, concessa a NOME COGNOME con la sentenza, resa dalla Corte di cassazione, in data 18 gennaio 2023, con la quale è stata annullata senza rinvio la pronuncia della Corte di appello di Reggio Calabria in data 21 dicembre 2021.
Considerato che i motivi proposti dalla difesa, AVV_NOTAIO (violazione e falsa applicazione di legge penale quanto alla disposta revoca della sospensione condizionale della pena – primo motivo; violazione e falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 81 cod. pen., 671 cod. proc. pen. e vizio di motivazione, sotto il profilo della mancanza e della illogicità – secondo motivo) sono manifestamente infondati perché prospettano enunciati ermeneutici in contrasto con la giurisprudenza di legittimità consolidata, cui il Collegio intende dare continuità, nonché denunciano asserito difetto di motivazione non emergente dal provvedimento impugNOME.
Ritenuto, con riferimento al primo motivo, che il secondo giudizio di legittimità, concluso con la sentenza della sezione Quinta penale, n. 10388 – 23 ha ripristiNOME il beneficio della sospensione condizionale, annullando senza rinvio la pronuncia emessa, in sede rescissoria, dalla Corte di appello di Reggio Calabria, la quale non aveva reiterato il beneficio della sospensione condizionale. Tanto, per mere ragioni endoprocessuali, dipendenti dal divieto di reformatio in peius, ma senza che sia stato affrontato, dalla Corte di cassazione, in alcuna parte della motivazione (peraltro non potendo esaminare il certificato penale aggiorNOME, non inserito nel relativo fascicolo processuale) in punto di non reiterabilità del beneficio.
Considerato, quindi, manifestamente infondata la deduzione difensiva che reputa coperta da giudicato la statuizione relativa all’intervenuta concessione della sospensione condizionale della pena in sede di legittimità, dunque reputata dal ricorrente non modificabile dal Giudice dell’esecuzione.
Rilevato, quanto al diniego della continuazione ex art. 671 cod. proc. pen. che è costante l’indirizzo di legittimità secondo il quale il riconoscimento del vincolo della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, di un’approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori e che grava sul condanNOME, che invochi l’applicazione della disciplina del reato continuato, l’onere di allegare elementi specifici e concreti a sostegno, non essendo sufficiente il mero riferimento alla contiguità cronologica degli addebiti e all’identità dei titoli di reato (tra le alt Sez. 1, n. 35806 del 20/04/2016, COGNOME, Rv. 267580).
Rilevato, che il provvedimento censurato ha chiarito, con valutazione di merito, dandone conto con motivazione non manifestamente illogica, dunque incensurabile in questa sede, come gli indici emersi, comunque, non confortino la conclusione della sussistenza della dimostrazione che ab initio l’intera serie dei fatti giudicati con le due sentenze, fosse stata, pur nelle grandi linee, programmata, dando rilievo, in particolare, all’eterogeneità dei titoli di reato (per la prima sentenza, si tratta di omesso versamento di ritenute previdenziali, per gli anni 2011 e 2012, per la seconda sentenza, si tratta della violazione degli obblighi di assistenza nei confronti del coniuge, condotta dal 2009 protratta per oltre sei anni) ma anche al profilo temporale e all’esistenza di diverse finalità perseguite nell’attuare le condotte illecite, peraltro, perdurando quella commessa ai danni dal coniuge per oltre sei anni, dunque considerate non riconducibili a un disegno unitario.
Rilevato, peraltro, che le deduzioni svolte nelle ultime tre pagine del ricorso, con riferimento al secondo motivo, sono versate in fatto, in quanto mirano a ricondurre, diversamente da quanto ritenuto dal Giudice dell’esecuzione, tutte le condotte giudicate a difficoltà economiche connesse alla gestione di un albergo ubicato in Taormina e rimandano al contenuto di atti (atto notarile del 16 gennaio 2023, sentenza del Tribunale di Messina del 28 febbraio 2022 resa in sede civile, allo stato non definitiva), solo indicati per stralcio e, comunque, non allegati al ricorso per cassazione.
Ritenuto che segue l’inammissibilità del ricorso e la condanna al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali, nonché, tenuto conto della sentenza della Corte Costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen. l’onere del versamento di una somma, in favore della RAGIONE_SOCIALE, determinata equitativamente nella misura di cui al dispositivo, considerati i motivi devoluti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ammende.
Così deciso, in data 10 luglio 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente