Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33933 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33933 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 01/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a LANUSEI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 12/04/2024 del TRIBUNALE di BERGAMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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RITENUTO IN FATTO e IN DIRITTO
Rilevato che, con l’ordinanza impugnata, il Tribunale di Bergamo, in funzione di Giudice dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta di riconoscimento del vincolo della continuazione, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen. proposta nell’interesse di NOME COGNOME in relazione ai reati giudicati con due sentenze irrevocabili (associazione a delinquere da luglio a ottobre 2007, rapina, lesioni personali e furto, commessi nell’anno 2007, la prima sentenza, nonché rapina commessa in Milano, in data 16 febbraio 2009, la seconda).
Ritenuto che il motivo proposto dal difensore, AVV_NOTAIO (vizio di motivazione in relazione alla sussistenza dei requisiti necessari all’applicazione degli artt. 81 cod. pen. e 671 cod. proc. pen.) rappresenta doglianze manifestamente infondate perché si denuncia vizio di motivazione sugli indici rivelatori dell’esistenza del medesimo disegno criminoso, che non emerge dall’esame del provvedimento impugnato (cfr. p. 2 e 3) e, comunque, prospetta enunciati ermeneutici in palese contrasto con il dato normativo e con la consolidata giurisprudenza di legittimità.
Considerato che è costante l’indirizzo di questa Corte secondo il quale il riconoscimento del vincolo della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, di un’approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori e che grava sul condannato, che invochi l’applicazione della disciplina del reato continuato, l’onere di allegare elementi specifici e concreti a sostegno, non essendo sufficiente il mero riferimento alla contiguità cronologica degli addebiti e all’identità dei titoli di reato (tra le altre, Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074; Sez. 1, n. 35806 del 20/04/2016, COGNOME, Rv. 267580).
Rilevato, che il provvedimento censurato ha chiarito, con valutazione di merito, dandone conto con motivazione non manifestamente illogica, dunque incensurabile in questa sede, come gli indici emersi non confortino la conclusione della sussistenza della dimostrazione che ab initio l’intera serie dei fatti giudicati con le citate sentenze, fosse stata, pur nelle grandi linee, programmata, dando rilievo, in particolare, non solo alla distanza temporale tra i fatti – che la difesa contesta, comunque, con argomenti versati in fatto – ma anche al diverso contesto territoriale di esecuzione delle condotte e all’esistenza di diversi concorrenti nel reato (con riferimento alla rapina di cui al capo g), stante anche la eterogeneità delle condotte giudicate con le sentenze in esame (al di là del fatto che il ricorrente si presentasse alle proprie vittime come facoltoso cittadino arabo, ordendo raggiri ai loro danni).
Considerato, infine, che il Giudice dell’esecuzione ha reputato non documentato, quanto all’epoca dei fatti cui si riferiscono le sentenze per le quali vi è richiesta di continuazione, lo stato di salute del condannato allegato,
risultando quindi detto dato del tutto irrilevante ai fini dell’esame del ricors cassazione.
Rilevato, infine, che non può essere presa in esame la richiesta di trattazione a mezzo discussione orale del 21 giugno 2024, trattandosi d procedimento incardinato ai sensi dell’art. 611 cod. proc. pen., per il quale de forma di trattazione non è prevista e che non possono essere prese i considerazione le pur ampie e articolate argomentazioni (che, peraltro, ribadiscono ed esplicitano il nucleo centrale delle deduzioni già prospettate con motivo di ricorso) di cui alla memoria difensiva da ultimo depositata, in data 2 giugno 2024, risultando tardiva rispetto ai termini per il deposito delle memori difensive previsti dall’art. 611, cod. proc. pen. relativamente al procedimento camera di consiglio.
Ritenuto che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa dell ammende.
luglio 2024
Così deciso in data 10
Il Consigliere estensore
Il Pr / esidente