Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 30985 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30985 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NIKOLIC JASMINA (CUI CODICE_FISCALE) nato a MESSINA il 13/09/1992
avverso l’ordinanza del 18/03/2025 del TRIBUNALE di SANTA MARIA CAPUA VETERE
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che, con l’ordinanza impugnata, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, in funzione di Giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza di riconoscimento del vincolo della continuazione, proposta nell’interesse della condannata, tra reati di furto in abitazione giudicati con plurime sentenze definitiva, alcuni commessi tra il 2013 e il 2014, appartenenti a un primo gruppo di sentenze, altri commessi nel 2016, unitamente a reati di cui all’art. 707 cod. pen., appartenenti a un secondo gruppo di pronunce definitive.
Considerato che il motivo unico proposto dalla difesa, avv. NOME COGNOMEvizio di motivazione rispetto alla dedotta contiguità temporale tra i fatti, all’identità dei ti di reato e di modus operandi, elementi suscettibili di valutazione anche per riconoscere la continuazione anche soltanto ad alcuni dei reati decisi con sentenze di ciascun gruppo) è inammissibile in quanto riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi, con ineccepibili argomenti giuridici, dal giudice di merito e non scanditi da specifica critica delle argomentazioni a base della ordinanza impugnata.
Rilevato, altresì, che non si riscontra il lamentato vizio di motivazione, posto che questa evidenzia (v. p. 2) l’insussistenza di indici significativi anche all’interno ciascun gruppo di condanne, rimarcando l’impossibilità di configurare l’esistenza di un medesimo disegno criminoso alla data del primo delitto di furto risalente, per il primo gruppo di sentenze, al 18 luglio 2013, nonché alla data del 7 giugno 2015 momento in cui la ricorrente era stata trovata in possesso di arnesi atti allo scasso, fatto seguito da due reati di furto risalenti al 2016, quanto al secondo gruppo.
Reputato che il riconoscimento del vincolo della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, di un’approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati, successivi reati risultino, comunque, frutto di determinazione estemporanea (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074).
Ritenuto, altresì, che grava sul condannato che invochi l’applicazione della disciplina del reato continuato l’onere di allegare elementi specifici e con sostegno, non essendo sufficiente il mero riferimento alla contiguità cronologica degli addebiti e all’identità dei titoli di reato, in quanto indici in sé sintomatici, n
attuazione di un progetto criminoso unitario, quanto di un’abitualità criminoso e di scelte di vita ispirate alla sistematica e contingente consumazione degli illeciti (tra le altre, Sez. 1, n. 35806 del 20/04/2016, COGNOME, Rv. 267580).
Evidenziato che la prova del medesimo disegno criminoso è stata esclusa, nel caso al vaglio, con motivazione non manifestamente illogica, immune da violazione di legge e coerente con i principi giurisprudenziali indicati che, in sostanza, ha concluso anche ail’interno di ciascun gruppo di sentenze, per la esistenza, piuttosto, di una spiccata tendenza a porre in essere plurimi reati contro il patrimonio.
Considerato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, determinata equitativamente nella misura indicata, considerati i motivi devoluti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 alla Cassa delle ammende.
Così deciso, il 19 giugno 2025
Il Consigliere estensore ente