Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 27862 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 27862 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il 25/04/1985
avverso l’ordinanza del 15/03/2025 della Corte d’appello di Lecce
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Proc. Gen., NOME. COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata, la Corte di appello di Lecce , in funzione di Giudice dell’esecuzione, ha parzialmente accolto la richiesta diretta ad ottenere, nell’interesse di NOME COGNOME, il riconoscimento del vincolo della continuazione tra reati giudicati con quattro sentenze definitive. Il provvedimento ha rigettato l’istanza in relazione a i reati di cui alle sentenze sub n. 1 e 2 e ha rideterminato la pena per i reati di cui ai punti n. 3) e 4) in quella di anni sedici e mesi otto di reclusione.
Propone tempestivo ricorso per cassazione il condannato, per il tramite del difensore, denunciando erronea applicazione de ll’art. 81, comma secondo, cod. pen. e artt. 24 Cost., 6 CEDU, nonché manifesta illogicità della continuazione.
Il Giudice dell’esecuzione nell’apprezzare il dato fattuale relativo alla esistenza, al momento ideativo e deliberativo del reato, di un’unicità del disegno criminoso, ha considerato come elemento negativo il tempo intercorso tra la commissione di alcune condotte ma, a parere del ricorrente, non ha contestualizzato le condotte in termini di elementi oggettivi soggettivi e spaziotemporali.
Uno iato temporale pari a due anni non sarebbe dimostrativo della insussistenza del medesimo disegno criminoso.
Nemmeno è significativa, in termini negativi, la natura differente delle sostanze oggetto delle condotte criminose. Anzi, proprio i passaggi motivazionali dell’ordinanza impugnata appaiono dimostrare che l’attività del condannato era svolta, in maniera stabile e continuativa, in una zona specifica dell’ hinterland leccese (comuni di Melendugno e Vernole).
Seppure nel periodo 20172020 l’attività era diretta in parte a supportare associazioni, questa, in sostanza, è stata avviata e proseguita dal condannato in modo indipendente, con condotte dipanatesi negli anni.
2.1. Con il secondo motivo si denuncia vizio di motivazione quanto agli aumenti ex art. 81 cod. pen. per i singoli reati e vizio di motivazione sulla misura considerata eccessiva.
La pena irrogata in aumento è eccessiva, perché, a fronte della condanna ad anni otto, mesi undici e giorni dieci di reclusione, irrogata in sede di cognizione, la pena viene ridotta soltanto ad anni sei mesi otto di reclusione.
Inoltre, viene lasciato inalterato il trattamento sanzionatorio operato in sede di cognizione per i reati satellite, con la pena base fissata in quella di cui alla sentenza sub 3), in assenza di giustificazione logica.
Le pene in aumento non appaiono, per il ricorrente, adeguatamente personalizzate ma sembrano piuttosto rispondere ad una comodità di calcolo.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha concluso con requisitoria scritta chiedendo il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso è infondato.
1.1. Il primo motivo è infondato.
Invero, si rileva che l a distanza temporale tra i fatti non è l’unico elemento considerato dal Giudice dell ‘ esecuzione per pervenire al parziale rigetto dell ‘ istanza.
Infatti, l ‘ordinanza considera anche altri ostativi elementi quali la qualità della sostanza, i diversi concorrenti nei reati giudicati con i provvedimenti in esame, quindi, con esame, in concreto, delle modalità operative.
Il diniego della continuazione con riferimento alle prime due condanne è, dunque, giustificato con ragionamento completo e immune da vizi di ogni tipo, avendo il Giudice dell ‘esecuzione considerato la distanza temporale rispetto alla contestazione del reato associativo (oggetto di una delle sentenze per la quale è stata riconosciuta la continuazione) e le caratteristiche delle condotte, in assenza di elementi specifici di collegamento tra i reati.
A fronte di tale, articolato, ragionamento, immune da illogicità manifesta, nessun elemento specifico, invece, allega o segnala il ricorrente onde poter reputare sussistente l ‘ identità del disegno criminoso, non potendosi ravvisare quale punto di collegamento tra i reati, i descritti contatti con connazionali del ricorrente, utilizzati per il rifornimento di marijuana albanese e, in generale, l’omogeneità delle violazioni , in quanto mera estrinsecazione di un genere di vita incline al reato.
Su tale punto, la motivazione è in linea con la giurisprudenza di questa Corte secondo la quale, in tema di reato continuato, l’unicità del disegno criminoso presuppone l’anticipata ed unitaria ideazione di più violazioni della legge penale, già presenti nella mente dell ‘ agente nella loro specificità e che la prova di tale congiunta previsione deve essere ricavata, di regola, da indici esteriori che siano significativi, alla luce dell’esperienza, del dato progettuale sottostante alle condotte poste in essere (tra le altre, Sez. 4, n. 16066 del 17/12/2008, dep. 2009, Di Maria, Rv. 243632). Il Giudice dell’esecuzione, nel valutare l’unicità del disegno criminoso, non può attribuire rilievo a un programma di attività delinquenziale che sia meramente generico, essendo invece necessaria la individuazione, fin dalla commissione del primo episodio, di tutti i successivi, almeno nelle loro connotazioni fondamentali, con deliberazione, dunque, di carattere non generico, ma generale (tra le altre, Sez. 1, n. 37555 del 13/11/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 267596).
Secondo tale pacifico orientamento, l’esistenza di un medesimo disegno criminoso va desunta da elementi indizianti quali l’unitarietà del contesto e della spinta a delinquere, la brevità del lasso temporale che separa i diversi episodi, l’identica natura dei reati, l’analogia del modus operandi e la costante compartecipazione dei medesimi soggetti (Sez. 5, n. 1766 del 06/07/2015, dep. 2016, Esposti, Rv. 266413).
L’identità del disegno criminoso deve essere negata qualora, malgrado la contiguità spazio-temporale ed il nesso funzionale tra le diverse fattispecie incriminatrici, la successione degli episodi sia tale da escludere la preventiva programmazione dei reati ed emerga, invece, l’occasionalità di quelli compiuti
successivamente rispetto a quello cronologicamente anteriori (Sez. 6, n. 44214 del 24/10/2012, Natali, Rv. 254793).
La ricaduta nel reato e l’abitualità a delinquere non integrano di per sé il caratteristico elemento intellettivo (unità di ideazione che abbraccia i diversi reati commessi) che caratterizza il reato continuato (tra le molte altre, Sez. 2, n. 10033 del 07/12/2022, dep. 2023, Rv. 284420 -01; Sez. 2, n. 40123 del 22/10/2010, Marigliano, Rv. 248862).
Anche le Sezioni Unite di questa Corte hanno ribadito che il riconoscimento della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino, comunque, frutto di determinazione estemporanea (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, 3 COGNOME, Rv. 270074).
1.2. Il secondo motivo è infondato.
Reato più grave è individuato, in modo ineccepibile, quello associativo di cui alla sentenza sub 4), per il quale è stata irrogata la pena di anni dodici di reclusione, al lordo della riduzione per il rito abbreviato.
La pena base viene aumentata dal Giudice dell ‘ esecuzione, come notato dal ricorrente, lasciando inalterata la misura degli aumenti per i reati satellite irrogata in sede di cognizione, ma, comunque, motivando sul punto (v. p. 4) con ragionamento immune da illogicità manifesta e completo.
La motivazione soddisfa lo standard richiesto dalla giurisprudenza di questa Corte anche in relazione al riconoscimento della continuazione in sede esecutiva.
Va richiamato l’indirizzo di questa Corte (tra le altre, Sez. 1, n. n. 800 del 07/10/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280216; Sez. 1, n. 17209 del 25/05/2020, COGNOME, Rv. 279316; Sez. 1, n. 52531 del 19/09/2018, COGNOME, Rv. 274548; Sez. 1, n. 32870 del 10/06/2013, Sardo, Rv. 257000) secondo il quale, in tema di quantificazione della pena a seguito di applicazione della disciplina del reato continuato in sede esecutiva, il Giudice, quale titolare di un potere discrezionale esercitabile secondo i parametri fissati dagli artt. 132 e 133 cod. pen., è tenuto a motivare, in ordine all’individuazione della pena base e circa l’entità dei singoli aumenti per i reati satellite ex art. 81, comma secondo, cod. pen., in modo da rendere possibile un controllo effettivo del percorso logico e giuridico seguito nella determinazione della pena, non essendo all’uopo sufficiente il semplice rispetto del limite legale del triplo della pena-base.
Tanto con un impegno motivazionale, quanto alla misura dei singoli aumenti di pena, correlato all’entità degli stessi e tale da consentire di verificare che sia stato rispettato il rapporto di proporzione tra le pene, anche in relazione agli altri illeciti accertati, che risultino rispettati i limiti previsti dall’art. 81 cod. pen. (Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, COGNOME, Rv. 282269 -01; conf., Sez. U, n. 7930/95, Rv.201549-01).
Segue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ex art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, il 6 giugno 2025