Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 23443 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 23443 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 02/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Catania il DATA_NASCITA;
avverso l’ordinanza della Corte di appello di Catania, in funzione di giudice dell’esecuzione, del 05/10/2022;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la ordinanza in epigrafe la Corte di appello di Catania, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha – per quanto di interesse in questa sede – rigettato la domanda di riconoscimento della continuazione in sede esecutiva, ai sensi dell’art.671 cod. proc. pen., proposta nell’interesse di NOME COGNOME con riferimento ai reati per i quali egli è stato condannato con le seguenti sentenze irrevocabili: 1) sentenza della Corte di appello di Catania pronunciata il 5 ottobre 2016 per i reati di cui agli artt. 81 cpv., 110 cod. pen., 74 e 73, comma 1 e 4, d.P.R. 309/90 commessi da data antecedente il febbraio 2012 sino al giugno 2013; 2) sentenza della Corte di appello di Catania pronunciata il 29 novembre 2019 per due reati di cui all’art.73 d.P.R. 309/90 (il primo commesso da settembre a novembre 2009, il secondo nel novembre 2009 unificati da vincolo della continuazione anche con i reati di cui agli artt.73, comma 1 e 4, d.P.R. 309/90 e 697 cod. pen. commessi il 4 maggio 2010 ed accertati con la sentenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catania del 3 febbraio 2011).
In sostanza, la Corte territoriale ha escluso la continuazione dando rilievo decisivo alla distanza temporale intercorrente tra i reati accertati con le due sentenze sopra indicate.
Avverso la predetta ordinanza NOME COGNOME, per mezzo dell’AVV_NOTAIO, ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico ed articolato motivo, di seguito riprodotto nei limiti di cui all’art.173 disp. att. c proc., insistendo per l’annullamento del provvedimento impugnato.
Il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. b) ed e) , cod. proc. pen., l’erronea applicazione di legge ed il vizio di motivazione; al riguardo osserva che il giudice dell’esecuzione ha errato nel dare rilievo al solo dato temporale senza tenere conto della sussistenza di tutti gli elementi tipici della continuazione tra reati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.
Questa Corte ha costantemente affermato, in tema di reato continuato, che l’unicità del disegno criminoso presuppone l’anticipata ed unitaria ideazione di più violazioni della legge penale, già presenti nella mente del reo nella loro specificità, e che la prova di tale congiunta previsione deve essere ricavata, di regola, da indici esteriori che siano significativi, alla luce dell’esperienza, del dato progettuale sottostante alle condotte poste in essere (Sez. 4, n. 16066 del 17/12/2008, deo.
2009, COGNOME, Rv. 243632). Il giudice dell’esecuzione, nel valutare l’unicità del disegno criminoso, non può attribuire rilievo ad un programma di attività delinquenziale che sia meramente generico, essendo invece necessaria la individuazione, fin dalla commissione del primo episodio, di tutti i successivi, almeno nelle loro connotazioni fondamentali, con deliberazione, dunque, di carattere non generico, ma generale (Sez. 1, n. 37555 del 13/11/2015, dep. 2016, Bottari, Rv. 267596).
2.1. L’esistenza di un medesimo disegno criminoso va desunta da elementi indizianti quali l’unitarietà del contesto e della spinta a delinquere, la brevità del lasso temporale che separa i diversi episodi, l’identica natura dei reati, l’analogia del modus operandi e la costante compartecipazione dei medesimi soggetti (Sez. 5, n. 1766 del 06/07/2015, dep. 2016, Esposti e altro, Rv. 266413). L’identità del disegno criminoso deve essere negata qualora, malgrado la contiguità spaziotemporale ed il nesso funzionale tra le diverse fattispecie incriminatrici, la successione degli episodi sia tale da escludere la preventiva programmazione dei reati ed emerga, invece, l’occasionalità di quelli compiuti successivamente rispetto a quelli cronologicamente anteriori (da ultimo Sez. 6, n. 44214 del 24/10/2012, COGNOME e altro, Rv. 254793).
La ricaduta nel reato e l’abitualità a delinquere non integrano di per sé il caratteristico elemento intellettivo (unità di ideazione che abbraccia i diversi reati commessi) che caratterizza il reato continuato (Sez. 2, n. 40123 del 22/10/2010, Marigliano, Rv. 248862).
2.2. Anche le Sezioni Unite di questa Corte hanno ribadito che il riconoscimento della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, Gargiulo, Rv. 270074).
Ciò posto si rileva che l’ordinanza impugnata, con motivazione adeguata e non manifestamente illogica, ha respinto la domanda ex art. 671 cod. proc. pen. escludendo la unicità del disegno criminoso alla luce della assenza di elementi dai quali desumere che l’odierno ricorrente, sin dalla consumazione dei primi reati, avesse programmato, sia pure nelle linee generali richieste dall’art. 81, secondo
comma, cod. pen., di entrare a far parte di una associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti ben due anni dopo.
3.1. In tale contesto i reati commessi sono stati ritenuti, in modo non illogico, riconducibili ad autonome risoluzioni criminose ed espressione di una pervicace volontà criminale non meritevole dell’applicazione di istituti di favore.
3.2. Ne consegue che il ricorrente, pur lamentando la violazione di legge ed il vizio di motivazione, suggerisce una non consentita lettura alternativa degli elementi processuali, rispetto a quella coerentemente svolta dalla Corte di appello per respingere la sua istanza.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il 2 maggio 2024.