Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 21580 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 21580 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 08/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME NOME BARI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 10/07/2023 della CORTE APPELLO di BARI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME, che ha chiesto declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
‘Con il provvedimento impugNOME, la Corte d’appello di Bari, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza presentata nell’interesse di NOME COGNOME, diretta ad ottenere l’applicazione della disciplina del reato continuato in relazione ai reati giudicati con due sentenze (1. Corte d’appello di Bari in data 29/01/2021 irrevocabile il 22/04/2022, per i reati di cui agli artt. 110 e 81 c.p. artt. 73 comma 1 e 1-bis e 74 commi 1 e 4 d.P.R. n. 309 del 1990 commesso in Bari dal 02/02/2017 al 15/05/2020); 2. Corte d’appello di Bari in data 30/05/2022, irrevocabile il 17.02.2023, per reato di cui all’art. art.73 comma 5 d.P.R. n. 309 del 1990 accertato in Bari il 05/12/2018).
A fondamento del provvedimento reiettivo il Giudice dell’esecuzione ha evidenziato come la continuazione tra i reati di cui alle indicate sentenze fosse stata, sia pure non espressamente, respinta dal Giudice della cognizione; pur non essendo stata avanzata specifica richiesta volta ad ottenere la continuazione nel Giudizio di merito, cionondimeno, secondo il G.E., la Corte barese nella sentenza sub 2., nel recepire la correlativa tesi difensiva, riteneva non provato l’elemento organizzativo della condotta commessa il 5.12.2018, riqualificando l’imputazione nell’ipotesi di lieve entità di cui all’art. 73 comma 5 d.P.R. n. 309 del 1990. L’avere il Giudice della cognizione escluso «i presupposti di fatto» per il riconoscimento della continuazione preclude, si legge nell’impugnata ordinanza, il riconoscimento della continuazione in sede esecutiva.
Avverso l’ordinanza indicata, NOME COGNOME ha proposto ricorso, per mezzo del difensore, AVV_NOTAIO, denunciando violazione di legge e mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.
Il ricorrente censura l’errata valutazione del Giudice dell’esecuzione, che ha erroneamente ritenuto che il Giudice della cognizione avesse escluso la continuazione: osserva la Difesa come la lettera della norma di cui all’art. 671 cod. proc. pen. non lasci dubbio alcuno circa la necessità che l’esclusione della continuazione in fase di cognizione debba essere espressa, evidenziando come nel caso di specie la continuazione non era stata neppure richiesta nel giudizio di merito.
Il Giudice dell’esecuzione ha quindi errato nel ritenere preclusa l’analisi della sussistenza degli elementi posti a fondamento dell’istanza di continuazione in executivis, ed è incorsa nel vizio di omessa motivazione, per non essersi confrontata con la pluralità di elementi prospettati nell’istanza genetica.
Il Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, AVV_NOTAIO, ha fatto pervenire requisitoria scritta con la quale ha chiesto declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Il Giudice dell’esecuzione, nell’impugnata ordinanza, dopo aver evidenziato come in sede di cognizione non fosse stata avanzata istanza di riconoscimento della continuazione tra i reati oggetto dell’istanza avanzata in sede esecutiva, sottolineando, con richiami alla consolidata giurisprudenza di questa Corte (Sez. 1, n. 18343 del 03/06/2020, Forma, Rv. 279188 – 01; sez. 1, n. 1613 del 18/09/2019 dep. 2020, COGNOME, Rv. 277914 – 01; Sez. 1, n. 46606 del 11/07/2019, COGNOME, Rv. 277483 – 01; Sez. 1, n. 48308 del 13/07/2018, Argirò, Rv. 274327 – 01), K come tale omissione non potesse essere valutata quale indice negativo della sussistenza dei presupposti di applicazione dell’art. 671 cod. proc. pen., ha osservato che, in sede di cognizione, la linea difensiva volta ad avvalorare la tesi del non inserimento del reato giudicato con la sentenza sub 2. nel contesto associativo di cui alla sentenza sub 1., fosse stata accolta.
Rilevava infatti il G.E. come la Corte d’appello di Bari, con la sentenza in data 30/05/2022, avesse riqualificato il reato ivi giudicato ai sensi dell’art. 73 comma 5 d.P.R. n. 309 del 1990, valorizzando, in conformità alla prospettarone difensiva in quella sede avanzata, «la mancanza di qualsiasi forma di apparato organizzativo a supporto della detenzione casualmente accertata in sede di esecuzione del provvedimento di fermo», oltre al fatto che, in quell’occasione, il COGNOME risultava avere agito non in concorso con altri soggetti.
Con motivazione affatto illogica, il G.E. ha negato il riconoscimento derrik vincolo della continuazione, sul presupposto che la motivazione sottesa all’istanza sottoposta alla sua attenzione- ovvero che l’episodio commesso il 05/12/2018 rientrasse nell’ambito di operatività del sodalizio organizzato e cioè dell’associazione dedita al narcotraffico di cui alla sentenza sub 1.- si poneva in insanabile contrasto con quanto irrevocabilmente accertato in merito alla commissione del fatto sub 2., di cui si è testé detto.
Il ricorso, di contro, si limita ad operare una critica, che si appalesa infondata, sul presupposto che il G.E., in applicazione di quanto sancito dall’art. 671 comma 1 cod. proc. pen., si fosse arrestato sul dato formale dell’avvenuto
rigetto implicito della continuazione in fase di cognizione: ciò, come detto, non si riscontra, dal momento che il provvedimento impugNOME, preso atto che dall’esame delle sentenze di merito, ed in particolare di quella sub 2., si fosse accertato come il reato commesso il 05/12/2018 ivi giudicato, non rientrasse nell’ambito di operatività del sodalizio criminoso giudicato con la sentenza sub. 1., ne ha tratto, conseguentemente e non illogicamente, argomento dirimente per addivenire al rigetto dell’istanza.
L’impugnazione va, pertanto, rigettata.
Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 08/02/2024