Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10226 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10226 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 30/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a Catania il 15/03/1978
avverso l’ordinanza del 01/07/2024 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catania in funzione di Giudice dell’esecuzione dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che con l’ordinanza impugnata è stata rigettata l’istanza, proposta nell’interesse di NOME COGNOME di riconoscimento del vincolo della continuazione, ex art. 671 cod. proc. pen., relativamente a due sentenze definitive, per reati di rapina aggravata, commesso il 24 settembre 2001 (sentenza sub 1) e associazione per delinquere e reati contro il patrimonio, commessi nel 2002 (sentenza sub 2).
Considerato che il motivo proposto dalla difesa, avv. NOME COGNOME (violazione degli artt. 81 cod. pen. e 671 cod. proc. pen., travisamento del fatto e vizio di motivazione), fonda su ragioni manifestamente infondate in quanto si denuncia asserito difetto di motivazione che non si ravvisa dalla lettura del provvedimento impugnato (cfr. p. 1 dell’ordinanza).
Reputato che il riconoscimento del vincolo della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, di un’approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati, se i successivi reati risultino, comunque, frutto d determinazione estemporanea (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074).
Ritenuto, altresì, che grava sul condannato che invochi l’applicazione della disciplina del reato continuato l’onere di allegare elementi specifici e concreti a sostegno, non essendo sufficiente il mero riferimento alla contiguità cronologica degli addebiti e all’identità dei titoli di reato, in quanto indici in sé sintomatici, di attuazione di un progetto criminoso unitario, quanto di un’abitualità criminosa e di scelte di vita ispirate alla sistematica e contingente consumazione degli illeciti (tra le altre, Sez. 1, n. 35806 del 20/04/2016, COGNOME, Rv. 267580).
Evidenziato che la prova del medesimo disegno criminoso è stata esclusa dal Giudice dell’esecuzione con motivazione non manifestamente illogica, immune da violazione di legge e coerente con i principi giurisprudenziali indicati, sottolineando i che i fatti oggetto delle due sentenze risultano commessi in concorso con soggetti diversi, senza elementi oggettivi dai quali reputare che tutti siano stati deliberati fin dal momento del primo delitto, escludendo, inoltre, che la rapina aggravata, oggetto della sentenza sub 1) sia da ricondurre al sodalizio di cui alla sentenza sub 2), finalizzato alla realizzazione di reati contro il patrimonio.
Ritenuto, peraltro, il ragionamento in linea con la giurisprudenza di legittimità in tema di concorso tra reato associativo e delitti fine (Sez. 6, n. 4680 del 20/01/2021, COGNOME, Rv. 280595; Sez. 5, n. 54509 del 08/10/2018, COGNOME, Rv. 275334; 6, n. 13085 del 03/10/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259481) secondo la quale non è configurabile la continuazione tra il reato associativo e quei reati fine che, pur rientrando nell’ambito delle attività del sodalizio criminoso ed essendo finalizzati al suo rafforzamento, non erano programmabili perché legati a circostanze ed eventi contingenti e occasionali.
Ritenute, peraltro, generiche, rispetto all’indicata giurisprudenza di legittimità, le ulteriori doglianze relative al dedotto collegamento tra le condotte del COGNOME e l’inserimento di questi nel clan COGNOME Ercolano, indicato come elemento di connessione tra la partecipazione alla società e i reati fine commessi nell’interesse della stessa.
Considerato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila
in favore della Cassa delle ammende, determinata equitativamente, considerati i motivi devoluti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 30 gennaio 2025
Il Consigliere estensore
Il Preside te