Reato Continuato: Quando la Ripetizione dei Crimini Non Basta
L’istituto del reato continuato, previsto dall’articolo 81 del codice penale, rappresenta un importante strumento per mitigare il trattamento sanzionatorio di chi commette più reati in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre l’occasione per analizzare i requisiti necessari e le circostanze che, al contrario, ne escludono il riconoscimento.
I Fatti di Causa
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda una persona che, dopo aver subito diverse condanne per furto, aveva chiesto alla Corte d’Appello di Palermo di unificare i reati sotto il vincolo della continuazione. Il primo reato risaliva al 2013, seguito da altri episodi commessi in anni successivi. La richiesta mirava a ottenere una pena complessiva più mite, come previsto dalla disciplina del reato continuato.
La Corte d’Appello, però, aveva respinto l’istanza, ritenendo che non vi fossero gli elementi per configurare un unico disegno criminoso. Contro questa decisione, l’interessata ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo la sussistenza dei presupposti per l’applicazione del beneficio.
La Decisione sul Reato Continuato
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione dei giudici di merito. Secondo gli Ermellini, il ricorso era manifestamente infondato, in quanto non è emersa alcuna prova di un programma criminoso unitario che legasse i diversi episodi di furto.
I giudici hanno sottolineato come la semplice ripetizione di reati non sia sufficiente a integrare la continuazione. È necessario, infatti, che l’agente abbia concepito, sin dal primo reato, un piano complessivo che preveda la commissione dei successivi illeciti.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha basato la sua decisione su una serie di elementi fattuali che, nel loro insieme, escludevano la configurabilità di un unico disegno criminoso. In particolare, sono stati considerati decisivi:
* La distanza temporale: I reati erano stati commessi a distanza di molto tempo l’uno dall’altro, in alcuni casi anche di anni. Un lasso temporale così ampio rende poco plausibile l’esistenza di un programma pianificato sin dall’inizio.
* La diversità dei luoghi: I furti erano avvenuti in luoghi diversi, indicando una mancanza di coerenza logistica che solitamente caratterizza un piano preordinato.
* La diversa natura dei beni: Gli oggetti sottratti erano di varia natura, suggerendo che i furti fossero dettati da decisioni estemporanee e occasionali piuttosto che da un piano strutturato.
Secondo la Cassazione, questo quadro fattuale non delinea un reato continuato, ma piuttosto una serie di “autonome risoluzioni criminose”, espressione di una “pervicace volontà criminale” non meritevole dell’applicazione di istituti di favore. Il comportamento della ricorrente è stato interpretato come una tendenza a delinquere, non come l’esecuzione di un singolo progetto.
Infine, la Corte ha ribadito che il ricorso si limitava a proporre una lettura alternativa dei fatti, senza evidenziare vizi di legittimità nella decisione impugnata, compito che esula dalle funzioni della Corte di Cassazione.
Le Conclusioni
Questa ordinanza riafferma un principio consolidato in giurisprudenza: per il riconoscimento del reato continuato è indispensabile la prova di un’unica ideazione criminosa che preceda e comprenda tutti gli episodi delittuosi. Indici quali la distanza temporale, la varietà dei luoghi e delle modalità esecutive possono essere determinanti per escludere tale vincolo. La decisione comporta, per la ricorrente, non solo la conferma della pena calcolata senza il beneficio della continuazione, ma anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, a causa della manifesta infondatezza del ricorso.
Cos’è il reato continuato e quando si applica?
È un istituto giuridico che unifica più reati, commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, in un’unica fattispecie per ottenere una pena più mite. Si applica solo se si dimostra che l’agente aveva programmato tutti i reati sin dall’inizio, come parte di un unico piano.
Perché la Corte ha negato il riconoscimento del reato continuato in questo caso?
La Corte lo ha negato perché mancavano le prove di un unico disegno criminoso. La notevole distanza temporale tra i reati (anche di anni), la diversità dei luoghi di commissione e la differente natura dei beni rubati sono stati considerati elementi indicativi di autonome e separate decisioni criminose, piuttosto che dell’esecuzione di un piano unitario.
Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte non esamina il merito della questione. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, come in questo caso, al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, poiché si ritiene che l’impugnazione fosse priva dei requisiti minimi previsti dalla legge.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 570 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 570 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato il 13/09/1978
avverso l’ordinanza del 24/05/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso e la ordinanza impugnata.
Rilevato che il ricorso è manifestamente infondato;
Considerato, infatti, che il provvedimento impugnato, in puntuale applicazione dei principi in materia di continuazione come declinati dalla giurisprudenza di legittimità, ineccepibilmente osservato che osta al riconoscimento della continuazione tra i reati indicati nell’istanza, con rilievo decisivo, l’assenza di circostanze da cui desumere ch NOME COGNOME sin dalla consumazione del primo reato (furto commesso il 31 agosto 2013), avesse programmato, sia pure nelle linee generali richieste dall’art. 81, secondo comma, cod. pen., – fatta eccezione per quello di cui alla sentenza sub B) – anche i successivi, tenuto conto della distanza temporale tra essi (anche di anni), dei divers luoghi di perpetrazione degli stessi e della diversa natura dei beni oggetto dei furti. tale contesto i reati commessi sembrano, plausibilmente, riconducibili ad autonome risoluzioni criminose ed espressione di una pervicace volontà criminale non meritevole dell’ applicazione di istituti di favore;
Rilevato, altresì, che le censure della ricorrente, oltre ad essere generiche, sollecitano una lettura alternativa del compendio probatorio tratto dalle sentenze in esecuzione da sovrapporre a quella coerentemente svolta dal giudice di merito;
Ritenuto che deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 7 dicembre 2023.