Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 25739 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 25739 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 29/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a BRESCIA il 19/10/1962
avverso l’ordinanza del 04/02/2025 del TRIBUNALE di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 4 febbraio 2025, Il Tribunale di Milano, in funzione di Giudice dell’esecuzione, ha accolto l’istanza avanzata nell’interesse di NOME COGNOME volta all’applicazione della disciplina della continuazione tra i fatti giudicati da seguenti sentenze:
sentenza emessa dal Tribunale di Pavia il 25 novembre 2020, irrevocabile II 15 giugno 2023, di condanna alla pena di tre anni e sei mesi di reclusione per il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione;
sentenza emessa dal Tribunale di Milano in data 8 novembre 2022, irrevocabile Il 24 aprile 2024, di condanna alla pena di tre anni e sei mesi di reclusione in relazione ad alcune fattispecie di bancarotta e reati fiscali.
Il Giudice dell’esecuzione, riconosciuta la riconducibilità dei reati sopra indicati al medesimo disegno criminoso, ha rideterminato la pena finale in cinque anni e quattro mesi di reclusione, sulla base del seguente calcolo: pena base tre anni e sei mesi di reclusione per il reato giudicato con la sentenza sub 1), aumentata di un anno e dieci mesi di reclusione per i fatti di cui alla sentenza sub 2).
Ricorre per cassazione NOME COGNOME per mezzo del difensore, articolando un unico motivo di impugnazione con cui denuncia la nullità dell’ordinanza impugnata ex art. 606 comma 1 lett. e) cod. proc. pen., per mancanza di motivazione in punto di determinazione della pena complessiva per il reato continuato.
Ha errato la Corte nell’individuare la pena base in quella di cui alla sentenza sub 1), anziché in quella della sentenza sub 2), da ritenersi più grave, come specificato in istanza, a ragione di un indicatore certo, costituito dall’ammontare dell’imposta non versata.
Il G.E. è poi incorso nel vizio di omessa motivazione, in ordine all’entità dell’aumento di pena a titolo di continuazione, rendendo in tal modo impossibile il controllo effettivo del ragionamento losto a sostegno della determinazione della pena complessiva.
COGNOME Il sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME intervenuto con requisitoria scritta, ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei limiti che si vanno ad esplicitare.
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2. Il Giudice dell’esecuzione, nell’individuare la pena da porre a base del calcolo della riconosciuta continuazione in executivis, ha fatto corretta applicazione del principio sancito dall’art. 187 disp. att. cod. proc. pen., ponendo come pena base quellaApezIalquble è stata inflitta la pena più grave. Nel caso specifico, infatti, la pena concretamente inflitta per l’unico reato giudicato con la sentenza sub 1., di bancarotta fraudolenta (pari ad anni tre e mesi sei di reclusione), è superiore a quelle inflitteprevio doveroso scorporo della continuazione interna – per i plurimi reati giudicati con la sentenza sub. 2.
3. Merita invece accoglimento il secondo profilo di doglianza mosso in ricorso. Questa Corte ha chiarito da tempo, senza instabilità interpretative, che, al fine di procedere alla rideterminazione della pena per la continuazione tra reati separatamente giudicati con sentenze, ciascuna delle quali per più violazioni già unificate a norma dell’art. 81 cod. pen., il giudice dell’esecuzione deve dapprima scorporare tutti i reati riuniti in continuazione, individuare quello più grave e, so successivamente, sulla pena come determinata per quest’ultimo dal giudice della cognizione, operare autonomi aumenti per i reati satellite, compresi quelli già riuniti in continuazione con il reato posto a base del nuovo computo (ex multis Sez. 1, n. 17948 del 31/1/2024, S., Rv. 286261; Sez. 1, n. 21424 del 19/3/2019, COGNOME, Rv. 275845). Ed inoltre ha affermato che il giudice dell’esecuzione deve dare conto dei criteri utilizzati nella rideternninazione della pena per applicazione della continuazione, in modo da rendere noti all’esterno non solo gli elementi che sono stati oggetto del suo ragionamento, ma anche i canoni adottati, sia pure con le espressioni concise caratteristiche dei provvedimenti esecutivi (Sez. 1, sentenza n. 23041 del 14/5/2009, COGNOME, Rv. 244115); specificando in particolare che detto giudice – in quanto titolare di un potere discrezionale esercitabile secondo i parametri fissati dagli artt. 132 e 133 cod. pen. – è tenuto a motivare, non solo in ordine all’individuazione della pena-base, ma anche in ordine all’entità dei singoli aumenti per i reati-satellite ex art. 81, comma secondo, cod. pen., in modo da rendere possibile un controllo effettivo del percorso logico e giuridico seguito nella determinazione della pena, non essendo all’uopo sufficiente il semplice rispetto del limite legale del triplo della pena base (Sez. 1, n. 17209 del 25/05/2020, COGNOME, Rv. 279316). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Sono, poi, intervenute le Sezioni Unite di questa Corte – Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, COGNOME, Rv. 282269 – 01 – che, componendo un contrasto sul punto, hanno chiarito, sia pure con riferimento a un caso in cui veniva in rilievo la continuazione in sede di cognizione, che, in tema di reato continuato, il giudice, nel determinare la pena complessiva, oltre ad individuare il reato più grave e stabilire la
pena base, deve anche calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite. La Corte ha precisato che il grado di impegno
motivazionale richiesto in ordine ai singoli aumenti di pena è correlato all’entità degli stessi e tale da consentire di verificare che sia stato rispettato il rapporto
proporzione tra le pene, anche in relazione agli altri illeciti accertati, che risult rispettati i limiti previsti dall’art. 81 cod. pen. e che non si sia ope
surrettiziamente un cumulo materiale di pene (Conf. Sez. U, n.7930/95, Rv.201549-
01).
4. Ciò premesso e passando al caso in esame, va osservato che il Tribunale di
Milano non ha fatto corretta applicazione dei principi sopra individuati.
Nell’operare il calcolo per la rideterminazione della pena, conseguente al riconoscimento della continuazione tra i reati oggetto dell’istanza, il G.E., dopo avere
– correttamente – individuato la pena base, ha effettuato un unico aumento per i più
reati giudicati con la sentenza sub 2. Tali reati, tuttavia, a seguito del riconoscimento della continuazione ed individuazione della pena base in quella inflitta con la sentenza
sub 1., erano divenuti reati satellite, con la conseguenza che il G.E. avrebbe dovuto, per ognuno di essi, calcolare l’entità dell’aumento da porre in continuazione sulla già individuata pena base, motivando specificatamente su detta entità, come sancito dalle citate sez. Unite COGNOME.
L’ordinanza impugnata deve dunque essere annullata con riguardo al punto indicato, con rinvio al giudice dell’esecuzione – in diversa composizione come prescrive la sentenza della Corte costituzionale n. 183 del 2013 – affinché colmi la rilevata lacuna motivazionale.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata, relativamente alla misura della pena, con rinvio per nuovo giudizio sul punto al Tribunale di Milano.
Così deciso il 29 maggio 2025
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Il Consigliere estensore
Il Presidente