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Reato continuato pena: la guida della Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di tre individui condannati per spaccio di stupefacenti. L’ordinanza chiarisce i criteri per il calcolo della pena nel reato continuato, specificando che l’aumento per ogni reato satellite deve essere motivato distintamente. Inoltre, la Corte ha ribadito che non è necessario individuare esplicitamente il ‘reato più grave’ quando tutti i reati commessi sono di pari gravità secondo la legge, confermando la correttezza della sentenza impugnata.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato Continuato Pena: Come la Cassazione Chiarisce il Calcolo

La corretta determinazione della reato continuato pena rappresenta un nodo cruciale nel diritto penale, spesso al centro di dibattiti giurisprudenziali. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata sul tema, fornendo chiarimenti essenziali su come calcolare gli aumenti di pena per i cosiddetti reati satellite e sulla necessità o meno di identificare formalmente il reato più grave. Analizziamo questa importante decisione per comprendere le sue implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso

Tre individui, condannati in secondo grado dalla Corte d’Appello di Firenze per una serie di episodi di cessione di sostanze stupefacenti, hanno proposto ricorso per Cassazione. La loro doglianza principale verteva su un presunto vizio di motivazione relativo al trattamento sanzionatorio. In particolare, contestavano il modo in cui era stata determinata la pena complessiva, applicando l’istituto del reato continuato.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato i ricorsi inammissibili, confermando in toto la decisione della Corte territoriale. La motivazione della corte di merito è stata ritenuta congrua, logica e in linea con i principi stabiliti dalle Sezioni Unite della Cassazione. La decisione si fonda su due pilastri argomentativi principali: la corretta modalità di calcolo degli aumenti di pena e la non necessità di specificare il reato più grave in determinate circostanze.

Le Motivazioni: il Calcolo della Reato Continuato Pena

L’ordinanza offre una disamina precisa dei criteri che il giudice deve seguire per calcolare la pena in caso di reato continuato.

La Corretta Applicazione degli Aumenti di Pena

La Cassazione ha evidenziato che la Corte d’Appello aveva correttamente giustificato la pena finale. Gli aumenti per i reati satellite erano stati determinati in modo distinto, modesto e basato su elementi concreti, come le diverse modalità dei fatti, la quantità e la qualità delle sostanze cedute e il differente contributo dei singoli imputati. Questo approccio è perfettamente allineato con quanto stabilito dalle Sezioni Unite (sent. n. 47127/2021), secondo cui il giudice ha l’obbligo di calcolare e motivare l’aumento di pena singolarmente per ciascun reato satellite.

L’Identificazione del Reato Più Grave e la Reato Continuato Pena

Un altro punto sollevato dai ricorrenti riguardava la mancata indicazione, da parte dei giudici di merito, di quale fosse il ‘reato più grave’ da cui partire per il calcolo della pena base. La Corte ha ritenuto questa doglianza manifestamente infondata. Richiamando consolidati orientamenti, ha spiegato che il criterio per determinare il reato più grave non è quello concreto (la pena che il giudice intende applicare), ma quello astratto, ovvero la ‘più grave pena edittale’ prevista dal legislatore per ciascun reato.

Il Caso dei Reati di Pari Gravità

La vera chiave di volta della decisione risiede nell’applicazione di questo principio al caso di specie. Ai ricorrenti erano stati contestati plurimi atti di cessione di stupefacenti previsti dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990. Trattandosi di reati tutti della medesima specie e, quindi, di pari gravità dal punto di vista della pena edittale, non era necessaria alcuna specifica indicazione del ‘reato più grave’. Essendo la cornice edittale identica per tutti gli episodi, la scelta di uno di essi come base per il calcolo non avrebbe modificato il risultato finale, rendendo la specificazione un mero esercizio formale.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza della Cassazione consolida principi fondamentali in materia di reato continuato pena. In primo luogo, ribadisce la necessità di una motivazione analitica per ogni aumento di pena relativo ai reati satellite, garantendo trasparenza e controllo sulla decisione del giudice. In secondo luogo, chiarisce che l’obbligo di individuare il reato più grave non è un formalismo fine a se stesso. Quando i reati in continuazione sono omogenei e puniti con la stessa pena edittale, tale indicazione diventa superflua, a condizione che la pena base e gli aumenti siano stati correttamente determinati e motivati. La decisione, quindi, bilancia il rigore procedurale con la ragionevolezza applicativa, fornendo un’utile guida per operatori del diritto e cittadini.

In caso di reato continuato, il giudice deve motivare l’aumento di pena per ogni singolo reato satellite?
Sì, la Corte di Cassazione, richiamando un principio delle Sezioni Unite, afferma che il giudice deve calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite.

È sempre necessario indicare esplicitamente quale sia il ‘reato più grave’ per determinare la pena base nel reato continuato?
No, la mancata indicazione esplicita non costituisce un vizio di motivazione se la pena base e gli aumenti sono stati correttamente indicati. Il criterio per determinare il reato più grave è quello astratto, basato sulla ‘più grave pena edittale’ prevista dalla legge per i reati da comparare.

Cosa succede se i reati in continuazione sono tutti di pari gravità dal punto di vista legale?
In questo caso, come specificato nell’ordinanza, non è necessaria alcuna specificazione in ordine al reato più grave, poiché tutti i reati hanno la stessa severità astratta prevista dalla norma e la scelta di uno come base di calcolo non altererebbe il risultato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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