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Reato continuato patteggiamento: accordo necessario

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso per l’applicazione del reato continuato tra due sentenze di patteggiamento. La decisione sottolinea che, in questi casi, è indispensabile seguire la procedura speciale che prevede un accordo preventivo tra il condannato e il pubblico ministero sull’entità della nuova pena unificata, come stabilito dall’art. 188 disp. att. c.p.p. La semplice prova di un medesimo disegno criminoso non è sufficiente senza tale accordo.

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Pubblicato il 4 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato Continuato Patteggiamento: Indispensabile l’Accordo con il Pubblico Ministero

L’applicazione del reato continuato patteggiamento nella fase esecutiva della pena richiede una procedura specifica che non può essere derogata. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce in modo inequivocabile che, quando i reati sono stati giudicati con sentenze di patteggiamento, non è sufficiente dimostrare l’esistenza di un medesimo disegno criminoso. È necessario, invece, un accordo preventivo con il Pubblico Ministero sull’entità della pena da rideterminare. In mancanza di tale accordo, la richiesta è destinata a essere dichiarata inammissibile.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un ricorso presentato da un condannato che chiedeva al Giudice dell’esecuzione di applicare la disciplina del reato continuato (ex art. 671 c.p.p.) a due diverse sentenze definitive. Entrambe le condanne erano state emesse a seguito di patteggiamento, ai sensi dell’art. 444 c.p.p., per reati legati agli stupefacenti. Il Giudice dell’esecuzione del Tribunale di Gela aveva rigettato l’istanza, spingendo la difesa a ricorrere per Cassazione, lamentando l’errata applicazione della legge.

La Procedura Speciale per il Reato Continuato Patteggiamento

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, centrando la sua analisi su un punto procedurale cruciale. Quando si intende applicare il reato continuato patteggiamento, la normativa di riferimento non è solo l’art. 671 del codice di procedura penale, ma anche e soprattutto l’art. 188 delle disposizioni di attuazione dello stesso codice.

Questa norma speciale delinea uno schema procedimentale inderogabile: il condannato deve concordare con il pubblico ministero l’entità della pena detentiva unificata prima di poter chiedere al giudice l’applicazione della disciplina del reato continuato. La richiesta presentata senza l’osservanza di questo passaggio fondamentale è, pertanto, irricevibile.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha ribadito un principio consolidato in giurisprudenza: la natura consensuale del patteggiamento si riflette anche nella fase esecutiva. Se la pena originaria è frutto di un accordo, anche la sua modifica per effetto della continuazione deve passare attraverso un nuovo accordo. Pertanto, per il reato continuato patteggiamento, non basta la sussistenza del medesimo disegno criminoso. Sono necessari i seguenti presupposti:

1. Richiesta concorde: L’istanza deve essere il frutto di un accordo tra l’interessato e il pubblico ministero.
2. Controllo del Giudice: In caso di disaccordo del PM, il Giudice dell’esecuzione può intervenire solo se ritiene tale disaccordo ingiustificato.
3. Limiti di pena: La pena complessiva ricalcolata non deve superare i limiti massimi previsti per il patteggiamento.
4. Congruità: Il Giudice dell’esecuzione deve comunque valutare la congruità della pena concordata.

Nel caso di specie, l’istante aveva presentato la richiesta unilateralmente, senza il preventivo accordo con l’organo dell’accusa. Questo vizio procedurale ha reso la richiesta ab origine inammissibile, precludendo qualsiasi valutazione nel merito circa l’esistenza del disegno criminoso.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame conferma che la via per ottenere il riconoscimento del reato continuato tra sentenze di patteggiamento è strettamente vincolata a un percorso procedurale che valorizza la natura pattizia del rito. Chi intende beneficiare di questo istituto in fase esecutiva deve necessariamente avviare un dialogo con il pubblico ministero per raggiungere un’intesa sulla nuova pena. Agire unilateralmente equivale a presentare un’istanza priva di un requisito essenziale, con la conseguenza inevitabile dell’inammissibilità. La decisione rappresenta un importante monito per la difesa: la strategia processuale deve tenere conto delle specificità normative che regolano la modifica delle pene patteggiate.

Cosa è necessario per applicare il reato continuato a sentenze di patteggiamento?
È indispensabile che il condannato raggiunga un accordo preventivo con il pubblico ministero sull’entità della pena unificata. La richiesta al giudice deve essere il risultato di questo accordo, come previsto dall’art. 188 disp. att. c.p.p.

È sufficiente dimostrare l’esistenza di un medesimo disegno criminoso tra i reati?
No. Per le sentenze di patteggiamento, la sola prova del medesimo disegno criminoso non è sufficiente. L’elemento procedurale dell’accordo con il pubblico ministero è un requisito essenziale e ineludibile.

Cosa succede se la richiesta di applicazione del reato continuato viene presentata senza l’accordo del pubblico ministero?
La richiesta viene dichiarata inammissibile perché non rispetta lo schema procedimentale specifico previsto dalla legge. Il giudice non può procedere all’esame nel merito dell’istanza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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