Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 25510 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 25510 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato il 03/01/1976
avverso l’ordinanza del 28/10/2024 del GIP TRIBUNALE di MODENA udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME lette/sentite le conclusioni del PG
udito il difensore
FATTO E DIRITTO
Con l’ordinanza di cui in epigrafe il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Modena, in funzione di giudice dell’esecuzione penale, decidendo quale giudice del rinvio ex art. 627, c.p.p., riconosceva la disciplina della continuazione tra i reati oggetto delle sentenze di condanna n. 447/21, emessa il 16.7.2021 dalla medesima autorità giudiziaria, nei confronti di NOME COGNOME divenuta irrevocabile il 9.9.2021, e la sentenza n. 618/21, emessa il 27.9.2021, sempre dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Modena, nei confronti del medesimo imputato, divenuta irrevocabile il 6.10.2022, con conseguente rideterminazione dell’entità complessiva del trattamento sanzionatorio inflitto al suddetto COGNOME nella misura di anni cinque di reclusione e di euro 22.000,00 di multa.
Avverso la suddetta ordinanza, di cui chiede l’annullamento, ha proposto tempestivo ricorso per cassazione il Bentzmain, lamentando, con un unico motivo di impugnazione, violazione di legge, in relazione agli artt. 81, c.p., e 671, c.p.p., e vizio di motivazione, in quanto il giudice procedente è giunto ad una errata determinazione della pena finale, con riferimento agli aumenti da applicare in fase esecutiva, in relazione alla sentenza n. 618/21.
Il giudice della cognizione, infatti, dopo avere individuato come reato principale quello di cui al capo 1, n. 7, aveva applicato un aumento totale per i reati riconosciuti in continuazione pari a mesi nove di reclusione, ridotti, per il rito abbreviato, alla pena finale di mesi sei di reclusione.
Il giudice dell’esecuzione, invece, pur avendo individuato come pena base, sempre quella relativa al reato di cui al capo 1, n. 7, della menzionata sentenza, aveva applicato, in relazione a questa specifica pronuncia, un aumento totale, già applicata la riduzione per la scelta del rito, pari ad anni uno mesi uno giorni diciotto di reclusione, una pena, dunque, ben più elevata di quella in concreto determinata dal giudice della cognizione, del tutto in contrasto con il principio dell’intangibilità in peius del giudicato.
Con requisitoria scritta del 22.12.2024 il sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione, dott.ssa NOME COGNOME chiede che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
Con conclusioni del 20.3.2025, pervenute a mezzo di posta elettronica certificata, il difensore di fiducia del ricorrente, nel replicare alla requisitoria del pubblico ministero, insiste per l’accoglimento del ricorso.
4. Il ricorso va dichiarato inammissibile per le seguenti ragioni.
Costante nella giurisprudenza di legittimità è l’orientamento secondo cui in tema di reato continuato, la parte che intende beneficiare della relativa disciplina in grado di appello ha l’onere di allegare, ai sensi dell’art. 581 cod. proc. pen., elementi specifici e concreti a sostegno della richiesta, non essendo sufficienti, a pena di inammissibilità dell’impugnazione, né la mera produzione delle sentenze relative alle condanne di cui si chiede l’unificazione “quoad poenam” ex art. 81, comma secondo, cod. pen., né la generica istanza di riconoscimento del beneficio (cfr. ex plurimis, Sez. 3, n. 24052 del 30/05/2024, Rv. 286534).
Come è stato affermato, in tema di riconoscimento della continuazione, la disposizione dell’art. 186 disp. att. cod. proc. pen., secondo cui ‘le copie delle sentenze o decreti irrevocabili, se non allegate alla richiesta prevista dall’art. 671 comma primo cod. proc. pen. sono acquisite d’ufficio’, non è applicabile al giudizio di cognizione ove all’onere di indicazione ed allegazione delle sentenze si aggiunge quello della indicazione degli elementi induttivi della preesistenza dell’unicità del disegno criminoso che include, nelle sue linee essenziali, i singoli episodi. Tale onere, in sede d’impugnazioni non totalmente devolutive nelle quali si iscrivono l’appello ed il ricorso per Cassazione, si coniuga inoltre con l’obbligo della specifica indicazione degli elementi in fatto e delle ragioni di diritto poste a fondamento delle singole richieste speculari agli errori ‘in iudicando’ ed ‘in procedendo’ dai quali si assume essere viziata la decisione impugnata. (In applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto corretta la decisione del giudice di appello di disattendere la richiesta dell’imputato volta al riconoscimento del vincolo
della continuazione tra reati da giudicare e reati già giudicati con sentenza passata in giudicato, della quale aveva indicato solo il numero
del registro generale cfr. Sez. 2, n. 40342 del 13/05/2003, Rv. 227172).
Ne consegue che non avendo, nel caso che ci occupa, il ricorrente prodotto la sentenza di primo grado in relazione alla quale ha dedotto il
vizio
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di GLYPH
motivazione GLYPH
dell’impugnata
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ordinanza GLYPH
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di determinazione degli aumenti operati sulla pena-base prevista per il
reato più grave, il ricorso va dichiarato inammissibile per genericità.
5. Alla dichiarazione di inammissibilità, segue la condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616, c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento
e della somma di euro 3000,00 a favore della cassa delle ammende, tenuto conto della circostanza che l’evidente inammissibilità dei motivi di
impugnazione, non consente di ritenere quest’ultimo immune da colpa nella determinazione delle evidenziate ragioni di inammissibilità (cfr.
Corte Costituzionale, n. 186 del 13.6.2000).
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 26.3.2025.