Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 36728 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 36728 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BARCELLONA POZZO DI GOTTO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 09/02/2023 della CORTE APPELLO di MESSINA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lettelle conclusioni del PG I c….,cjza cla,Aszb r’ 4 t -53 CW GLYPH Q-521(%-3
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in preambolo, la Corte di appello di Messina, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza presentata da NOME COGNOME, diretta a ottenere l’applicazione della disciplina del reato continuato in executivis, in relazione a reati separatamente giudicati in sede di cognizione e, segnatamente, tra quelli di cui agli artt. 416-bis cod. pen. (capo 1) e più ipotesi di estorsione aggravate dall’art. 416-bis 1. cod. pen. (capi 2 e 3) giudicati con la sentenza della Corte di appello di Messina in data 23 luglio 2020, irrevocabile il 29 marzo 2022, e quelli giudicati con le sentenze ricomprese nel provvedimento di esecuzione di pene concorrenti emesso dalla procura della Repubblica di Savona in data 20 dicembre 2019, concernente i reati in materia di armi, violazione della normativa in materia di rifiuti pericolosi, appropriazione indebita e calunnia.
Rilevava – a fondamento del proprio provvedimento reiettivo – che l’istante non aveva soddisfatto l’onere, sullo stesso incombente, di allegazione di specifici elementi a sostegno dell’identità del disegno criminoso, facendo esclusivamente riferimento alla loro comune commissione nel territorio della provincia tirrenica di Messina, avente carattere neutro.
Neppure – si osservava – erano indicate circostanze di fatto sulla scorta della quali inferire che si trattasse di reati commessi in ragione dell’appartenenza dell’istante alla consorteria mafiosa per cui è stato condannato; circostanza comunque esclusa dal Giudice dell’esecuzione, in ragione del ruolo svolto da COGNOME in detto sodalizio, ossia quello di autista dei maggiorenti del clan e di soggetto interessato all’esecuzione dei reati di estorsione, aggravate dal cd. metodo mafioso, la cui continuazione con il reato di cui all’art. 416-bis cod. pen. era stata, difatti, ritenuta dallo stesso Giudice del merito.
Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione COGNOME, per mezzo del difensore di fiducia AVV_NOTAIO, affidato a tre motivi.
2.1. Con il primo motivo deduce violazione degli artt. 81 cod. pen., 125, 671 cod. proc. pen. e manifesta illogicità della motivazione.
Il Giudice dell’esecuzione avrebbe errato nell’affermare la mancata indicazione da parte dell’istante degli elementi che avrebbero consentito di ricondurre i reati giudicati alla sua appartenenza al clan mafioso.
Dalla lettura delle motivazioni delle sentenze di merito e, in particolare, di quella di cui ai n. 2) e 4) del provvedimento di esecuzione di pene concorrenti menzionato si evincerebbe che il condannato è colui che si occupava di procurare munizioni che venivano usate anche per finalità dell’associazione. Tali
circostanze, trascurate dal Giudice dell’esecuzione, imporrebbero di ritenere che gli ulteriori reati di estorsione e quelli inerenti alle armi rientrino nella l criminale associativa, non rispondendo a eventi contingenti ovvero occasionali.
2.2. Con il secondo motivo lamenta la violazione dell’art. 125 cod. proc. pen. e il vizio di motivazione, in punto di affermata mancanza d’identità del dato cronologico tra i reati giudicati.
Rileva il ricorrente che, quantomeno per il reato in materia di a commesso il 4 ottobre 2010, giudicato con la sentenza di cui al n. 4) del menzionato provvedimento di esecuzione di pene concorrenti, si tratta di fatto cronologicamente ricompreso nell’arco temporale (tra il 1996 e il 2018), di acclarata appartenenza del ricorrente al sodalizio mafioso giudicato con la sentenza della Corte di appello di Messina, irrevocabile il 29 marzo 2022.
2.3. Con il terzo motivo, deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in punto di esclusione dell’unicità del disegno criminoso.
Riprendendo le argomentazioni dei motivi precedenti, il ricorrente lamenta il mancato ossequio, da parte del Giudice dell’esecuzione, dei principi posti dalla giurisprudenza di legittimità – ampiamente citata nel ricorso – alla base della valutazione allo stesso spettante in tema di sussistenza dell’unitaria e anticipata deliberazione.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, con requisitoria scritta depositata il 23 aprile 2024, ha prospettato il rigetto del ricorso.
In data 6 maggio 2024 l’AVV_NOTAIO ha depositato memoria di replica alle conclusioni della Procura generale, ribadendo le argomentazioni svolte con i motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deduce censure infondate e, come tale, dev’essere dichiarato rigettato.
Com’è noto, il riconoscimento della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di un’approfondita e rigorosa verifica, onde riscontrare se effettivamente, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, Gargiulo, Rv. 270074) e che l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, nonché la contiguità spazio-temporale degli illeciti, rappresentano
solo alcuni degli indici in tal senso rivelatori, i quali, seppure indicativi di determinata scelta delinquenziale, non consentono, di per sé soli, di ritenere che gli illeciti stessi siano frutto di determinazioni volitive risalenti ad un’unica deliberazione di fondo (Sez. 3, n. 3111 del 20/11/2013, dep. 2014, P., Rv. 259094). Si è precisato che il decorso del tempo costituisce elemento decisivo sul quale fondare la valutazione ai fini del riconoscimento delle condizioni previste dall’art. 81 cod. pen., atteso che, in assenza di altri elementi, quanto più ampio è il lasso di tempo fra le violazioni, tanto più deve ritenersi improbabile l’esistenza di una programmazione unitaria predeterminata almeno nelle linee fondamentali. (Sez. 4, n. 34756 del 17/05/2012, COGNOME e altri, Rv. 253664).
Il riscontro della serie di elementi rilevanti al fine di stabilire l’unici disegno criminoso – serie potenzialmente includente le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità delle azioni in rapporto alle abitudini d vita, e ogni altro aspetto in grado di riflettere l’unicità o pluralità delle origi determinazioni – è rimesso all’apprezzamento del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità, quando il convincimento del giudice sia sorretto da una motivazione adeguata e congrua, senza vizi logici e travisamenti di fatto (Sez. 1, n. 354 del 28/01/1991, Livieri, Rv. 187740).
Nel caso di specie, il Giudice dell’esecuzione ha fatto buon governo degli anzidetti principi e ha dato articolato conto della loro applicazione.
In primo luogo ha correttamente applicato il principio secondo cui «In tema di esecuzione, grava sul condannato che invochi l’applicazione della disciplina del reato continuato l’onere di allegare elementi specifici e concreti a sostegno, non essendo sufficiente il mero riferimento alla contiguità cronologica degli addebiti ovvero all’identità dei titoli di reato, in quanto indici sintomatici non di attuazio di un progetto criminoso unitario quanto di un’abitualità criminosa e di scelte di vita ispirate alla sistematica e contingente consumazione degli illeciti» (Sez. 3, n. 24052 del 30/05/2024, Pisano, Rv. 286534; Sez. 1, n. 35806 del 20/04/2016, COGNOME, Rv. 267580), evidenziando come l’istante non avesse assolto detto onere, avendo rivolto una istanza affatto generica.
Lo stesso Giudice è poi, comunque, entrato nel merito dell’invocata continuazione, dando conto – con argomentazioni assolutamente logiche e non contraddittorie – delle ragioni per le quali non aveva ritenuto di ravvisare l’invocato istituto sia tra i reati giudicati con le sentenze comprese nel “cumulo”, sia tra questi e quelli giudicati con la sentenza della Corte di appello di Messina e, segnatamente, in modo coerente l’indicato indirizzo giurisprudenziale circa la decisività dell’elemento rappresentato dal decorso del tempo, valorizzando la
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distanza temporale tra la contravvenzione in materia di rifiuti, l’appropriazione indebita e la calunnia.
Ha altresì chiarito il motivo per il quale le estorsioni di cui ai capi 1), 2) e della sentenza della Corte di appello di Messina, irrevocabile il 29 marzo 2022, sono state ritenute dal Giudice di merito unificate ex art. 81 con il 416-bis cod. pen., ossia per la circostanza che si tratta di reati aggravati dal metodo mafioso.
A tale motivazione il ricorrente oppone una generica indicazione di una progettazione delittuosa unitaria e insiste sull’elemento unificatore che sarebbe costituito dalla circostanza, evincibile dalla sentenza di cui al n. 4) de provvedimento di cumulo, secondo cui COGNOME, in possesso di porto d’armi, fosse solito procurare ai maggiorenti del clan munizioni che, unitamente alle armi, con un salto logico e apoditticamente, afferma che egli detenesse per conto o, comunque, a disposizione dell’associazione.
Quanto, poi all’invocato raffronto tra il reato di armi commesso nel 2010, dunque compreso nell’arco temporale di partecipazione al sodalizio (dal 1996 al 2018), osserva il Collegio che se è vero – come statuito dalla giurisprudenza di legittimità (Sez. 1, n. 7381 del 12/11/2018, dep. 2019, Zuppone, Rv. 276387) che l’elevato arco temporale all’interno del quale sono stati commessi più reati non esime il giudice dall’onere di verificare se la continuazione possa essere riconosciuta con riferimento a singoli gruppi di reati commessi, all’interno di tale arco, in epoca contigua, tenuto conto degli ulteriori indici rappresentati dalla similare tipologia, dalle singole causali e dalla contiguità spaziale, è altrettant vero – come specificato nella sentenza appena citata – che l’esigenza di tale verifica sussiste se e nei limiti in cui l’interessato abbia dedotto l’evenienza de medesimo disegno criminoso anche per singoli gruppi di reati, enucleandoli ed allegando gli indici rivelatori della corrispondente continuazione parziale; ciò che il ricorrente non ha fatto.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle sp processuali. GLYPH O
Così deciso, il 14 maggio 2024