Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 13103 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 13103 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Catanzaro nel procedimento a carico di:
NOME NOME nato a Cassano allo Ionio il 04/01/1984
inoltre:
COGNOME NOME
avverso la sentenza del 29/05/2024 della Corte di Assise di Appello di Catanzaro
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME COGNOME
udite le conclusioni del Sost. Proc. Gen. NOME COGNOME per il rigetto del ricorso; udite le conclusioni dell’avv. NOME COGNOME che insiste per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di Assise di Appello di Catanzaro, con sentenza del 29 maggio 2024, in parziale riforma della sentenza pronunciata dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Castrovillari dell’8 febbraio 2023, ha riconosciuto la continuazione tra i reat contestati e, rideterminata la pena in anni dieci e mesi otto di reclusione, ha confermato nel resto la condanna nei confronti di NOME COGNOME in relazione ai reati di cui agli ar 575 e 99 e 411 cod. pen. con riferimento all’omicidio di NOME NOME COGNOME e alla distruzione del cadavere dello stesso.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso il Procuratore generale che ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione quanto all’applicazione dell’istituto di cui all 81 cod. pen. evidenziando che, considerato lo svolgimento fatti e che al condannato è stato anche riconosciuto il vizio parziale di mente, la determinazione di distruggere il cadavere sarebbe stata estemporanea e che, pertanto, non si potrebbe ritenere che i due reati facessero parte di un medesimo e originario disegno criminoso.
In data 12 novembre è pervenuta in cancelleria la dichiarazione di rinuncia al ricorso da parte di NOME COGNOME
CONSIDERATO IN DIRITTO
Preliminarmente si deve dare atto che non risulta che l’imputato abbia proposto ricorso e, pertanto, questa Corte non è tenuta a provvedere in ordine alla rinuncia pervenuta in cancelleria.
Il ricorso proposto dal Procuratore generale è infondato.
Nell’unico motivo di impugnazione l’organo dell’accusa deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine all’applicazione dell’istituto di cui all’art. 81 cod. pe
La censura è infondata.
3.1. Come più volte ribadito dalla giurisprudenza di legittimità, al fine di verificare possibilità di applicare la disciplina del reato continuato, ai sensi dell’art. art. 81 com secondo cod. pen. il giudice di merito è tenuto – attraverso un concreto esame dei tempi e delle modalità di realizzazione delle diverse violazioni commesse e giudicate – a individuare l’esistenza di elementi dai quali desumere la sostanziale unicità del disegno criminoso tra le condotte poste in essere.
In una corretta prospettiva sistematica, infatti, il trattamento più mite rispetto cumulo materiale è giustificato dall’esistenza di una rappresentazione unitaria sin dal momento ideativo delle diverse condotte violatrici – almeno nelle loro linee essenziali – da parte del soggetto agente così da potersi escludere una successione di autonome risoluzioni criminose.
Ciò perché la ricaduta nel reato e l’abitualità a delinquere non integrano di per sé il caratteristico elemento intellettivo (unità di ideazione che abbraccia i diversi reat commessi) che caratterizza il reato continuato né, evidentemente, consentono l’applicazione di un trattamento sanzionatorio più mite (Sez. 2, n. 10033 del 07/12/2022,
dep. 2023. COGNOME, Rv. 284420 – 01; Sez. 1, n. 39222 del 26/02/2014, B., Rv. 260896 – 01; Sez. 2, n. 40123 del 22/10/2010, Marigliano, Rv. 248862 – 01).
La giurisprudenza di legittimità nel corso del tempo ha indicato quali possibili “indici rivelatori” della effettiva preordinazione unitaria: a) la ridotta distanza cronologica tr diversi fatti; b) le concrete modalità della condotta; c) l’omogeneità del bene tutelato dalle previsioni incriminatrici; d) l’apprezzamento della causale e delle condizioni di tempo e luogo delle singole violazioni, aggiungendo che risulta possibile valorizzare anche soltanto alcuni di detti elementi purché significativi (cfr. Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074 – 01; Sez. 5, n. 1766 del 06/07/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266413 – 01; Sez. 1, n. 8513 del 09/01/2013, Cardinale, Rv. 254809 – 01; Sez. 1, n. 11564 del 13/11/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv. 255156 – 01; Sez. 1, n. 44862 del 05/11/2008, COGNOME, Rv. 242098 – 01).
L’unicità del disegno criminoso, in altre parole, non può identificarsi con una scelta di vita che implica la reiterazione di determinate condotte criminose o comunque con una generale tendenza a commettere dei reati (cfr. ancora Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074 – 01 e giurisprudenza in precedenza indicata).
La nozione di continuazione, d’altro canto, non può neanche ridursi all’ipotesi che tutti i singoli reati siano stati dettagliatamente progettati e previsti, in relazione al loro gradua svolgimento, nelle occasioni, nei tempi, nelle modalità delle condotte, in quanto tale definizione di dettaglio, oltre a non apparire conforme al dettato normativo, che parla soltanto di “disegno”, porrebbe l’istituto fuori dalla realtà concreta, data la variabilità d situazioni di fatto e la loro prevedibilità, quindi e normalmente, solo in via approssimativa.
Quello che occorre, invece, è che si abbia una visibile programmazione e deliberazione iniziale di una pluralità di condotte in vista di un unico fine, concreto e specifico, che pu essere ab origine anche di massima, purché i reati da compiere risultino previsti almeno in linea generale -seppure con una riserva di ‘adattamento’ alle eventualità del caso- come mezzo per il conseguimento di un unico scopo o intento prefissato (in tal senso di nuovo Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 3111 del 20/11/2013, dep. 2014, Rv. 259094 – 01; Sez. 1, n. 12905 del 17/03/2010, P., Rv. 246838 – 01
La difficoltà di applicazione pratica dell’istituto deriva dalla natura indiziaria di tipologia di accertamento che impone di risalire dai fatti commessi (evidenza obiettiva) a un aspetto di tipo eminentemente psichico (che si pone come antecedente ideologico), rappresentato dalla unitaria programmazione nell’ambito di una finalità ben individuata e circoscritta.
In questa prospettiva, ad esempio, le decisioni che riconoscono una particolare valenza all’indicatore logico della ‘non eccessiva distanza temporale’ tra le violazioni realizzano, pertanto, una opportuna autolimitazione della discrezionalità affidandosi ad
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una massima di esperienza che può essere ritenuta ragionevole (cfr. Sez. 5, n. 1766 del 06/07/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266413 – 01; Sez. 2, n.’ 7555 del 22/01/2014, COGNOME, Rv. 258543 – 01
Ciò perché l’elemento teleologico richiesto dal legislatore non può coincidere con un finalismo del tutto generico -come in ipotesi l’obiettivo dell’agente di realizzare profi illeciti attraverso una tendenziale dedizione al crimine sì da soddisfare in tal modo, per un tempo consistente, i propri bisogni di vita- posto che ciò finirebbe con il contraddire l natura stessa dell’istituto quale norma di favore, tesa a mitigare il rigore del cumulo materiale nei confronti dell’agente che abbia mostrato una ridotta capacità criminale.
Da ciò deriva che un consistente intervallo temporale tra un episodio e quello successivo, salve le ipotesi in cui si rinvenga una chiara ragione giustificatrice di un attuazione temporalmente frazionata di un fine specifico, è indicatore logico di una successione di azioni sorrette da ideazione autonome o comunque orientate a realizzare più che una finalità circoscritta (come richiesto dalla norma) una tendenza soggettiva indeterminata ed ampia.
3.2. Nel caso di specie il giudice di merito si è conformato ai principi indicati.
Il provvedimento impugnato, infatti, pure confrontandosi con la diversa conclusione cui era pervenuto il giudice di primo grado, ha dato adeguato conto delle ragioni sulle quali ha ritenuto che tra il reato di omicidio e di soppressione di cadavere esistesse il vincolo della continuazione.
Ciò anche considerando l’aggravan’di cui all’art. 61, n. 2, cod. pen. e il ritenuto vizi parziale di mente in quanto, come correttamente evidenziato, nel caso di specie appare coerente ritenere che le due violazioni, seppure non specificamente e autonomamente programmate, facessero parte di un’unica e indistinta ideazione originaria (Sez. 1, n. 320 del 17/12/1991, dep. 1992, Sacco, Rv. 191103 – 01).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso il 13 dicembre 2024
Il Consiglue estensore
Il Presidente