Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 16630 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Presidente: COGNOME
In nome del Popolo Italiano Relatore: COGNOME
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Penale Sent. Sez. 1 Num. 16630 Anno 2025
Data Udienza: 13/02/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
Composta da NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– Presidente –
Sent. n. sez. 559/2025
CC – 13/02/2025
– Relatore –
R.G.N. 42193/2024
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a Cercola il 09/03/1986
avverso l’ordinanza del 14/11/2024 della Corte d’appello di Napoli udita la relazione del consigliere, NOME COGNOME
letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale, NOMECOGNOME che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata, la Corte di appello di Napoli, in funzione di giudice d ell’ esecuzione, ha rigettato la richiesta di applicazione della disciplina del reato continuato, ex art. 671 cod. proc. pen., proposta nell’interesse di NOME COGNOME in relazione ai fatti giudicati con le seguenti pronunce:
sentenza del 23 giugno 2017, della Corte di appello di Napoli, divenuta irrevocabile in data 8 novembre 2017, di condanna alla pena di anni tre, mesi otto di reclusione ed euro 3.000 di multa, per aver illecitamente detenuto un’arma comune da sparo e sostanze stupefacenti del tipo hashish e marijuana , commesso il 26 aprile 2016 in Ercolano;
sentenza del 2 luglio 2020 della Corte di appello di Napoli, divenuta irrevocabile il 12 marzo 2021, di condanna alla pena di anni dieci di reclusione, per i reat i di partecipazione ad un’associazione dedita al narcotraffico , capeggiata da NOME e NOME COGNOME e NOME COGNOME in qualità di addetto ad
una piazza di spaccio, detenzione illecita di un’arma, detenzione illecita e spaccio di stupefacenti, commessi dal 28 dicembre 2014 al 20 gennaio 2015 a San Giorgio a Cremano;
3) sentenza resa in data 11 ottobre 2022 della Corte di appello di Napoli, divenuta irrevocabile il 24 febbraio 2023, di condanna alla pena di anni nove, mesi uno e giorni dieci di reclusione per aver partecipato ad un’associazione dedita al narcotraffico, capeggiata da NOME COGNOME e per aver effettuato cessioni di droga, commessi a gennaio 2016 e dal 9 al 26 aprile 2016 a San Giorgio a Cremano.
Il Giudice dell’esecuzione ha posto a sostegno del rigetto la circostanza che i fatti giudicati con la sentenza sub 3 fossero riconducibili alla gestione di una piazza di spaccio nell’ambito di un’associazione dedita al narcotraffico facente capo a NOME COGNOME, attiva dal gennaio 2016, non ancora operativa al momento della commissione dei fatti sub 2, poiché sorta dopo la scarcerazione di COGNOME nel 2015.
Nonostante la contestazione associativa con condotta perdurante di cui alla sentenza sub 2, la Corte di appello di Napoli ha evidenziato l’i nsussistenza di elementi da cui dedurre la protrazione dell’operatività del sodalizio dedito al narcotraffico, oltre il mese di febbraio 2015.
Riguardo ai fatti sub 1, il G iudice dell’esecuzione ha escluso la sussistenza di un medesimo disegno criminoso rispetto ai fatti giudicati con le altre pronunce, in assenza della strumentalità tra questi e il sodalizio, considerando, peraltro, la mutazione del contesto territoriale di commissione delle condotte.
Avverso la descritta ordinanza, il condannato ha proposto tempestivo ricorso per cassazione, con atto del suo difensore, Avv. NOME COGNOME affidandosi ad un unico motivo, con cui deduce erronea applicazione degli artt. 671 cod. proc. pen. e 81 cod. pen. e vizio di motivazione in ordine alla sussistenza del medesimo disegno criminoso.
A parere del ricorrente, il G iudice dell’esecuzione non ha correttamente valutato le circostanze che deponevano verso l’accoglimento dell’istanza, tra cui le sentenze acquisite nel fascicolo. Da queste ultime, invero, emerge che COGNOME si sia sempre dedicato alla vendita di sostanze stupefacenti, prima, per il clan COGNOME e, poi, per il clan COGNOME, mantenendo inalterate le redini della medesima piazza di spaccio, dal 2013 al 2016, limitandosi a cambiare il fornitore e a versare i proventi alle casse di un nuovo sodalizio.
Per quanto non fosse prevedibile la nascita di un nuovo organismo associativo, il ricorrente osserva che la disciplina della continuazione richiede una programmazione iniziale di una pluralità di condotte delineate in vista di un unico fine.
Il cambiamento del clan viene descritto come rientrante ‘ nella variabilità di situazioni di fatto la cui previsione non è richiesta ai fini dell ‘ applicazione della disciplina del reato continuato ‘ (v. p. 5 del ricorso).
Il Sostituto Procuratore Generale, NOME. COGNOME intervenuto con requisitoria scritta, ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Questa Corte ha costantemente affermato che il riconoscimento della continuazione in sede esecutiva richiede un’approfondita verifica dei concreti indici, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spaziotemporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente la valorizzazione solo di taluno di essi (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074 -01).
Tale verifica è effettuata anche attraverso l’onere , che incombe sul condannato che richieda l’applicazione della continuazione , di allegare elementi specifici e concreti sintomatici della riconducibilità dei reati ad una programmazione unitaria effettuata prima della commissione dei singoli reati. Siffatto onere evita che l’applicazione della disciplina della continuazione diventi un automatico beneficio premiale conseguente alla reiterazione dei reati (cfr. Sez. 3, n. 17738 del 14/12/2018, dep. 2019, Rv. 275451 -01; Sez. 1, n. 35806 del 20/04/2016, Rv 267580 -01).
Il Giudice dell’esecuzione, invero, nel valutare l’unicità del disegno criminoso, non può attribuire rilievo a un programma di attività delinquenziale che sia meramente generico, essendo invece necessaria l’individuazione, fin dalla commissione del primo episodio, di tutti i successivi, almeno nelle loro connotazioni fondamentali, con deliberazione, dunque, di carattere non generico, ma generale (tra le altre, Sez. 1, n. 37555 del 13/11/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 267596).
Nel caso di specie la Corte di appello di Napoli ha fatto buon governo dei principi suesposti, in quanto ha analizzato il rapporto tra i fatti giudicati con le indicate, non solo complessivamente ma anche parzialmente.
Il ricorrente, invero, non si confronta con la motivazione della Corte di appello, soprattutto nella parte in cui evidenzia la sussistenza della contestazione
aperta del reato associativo giudicato con la sentenza sub 2, valorizzando allo stesso tempo l’assenza di elementi da cui desumere l’operatività nel territorio di riferimento successivamente al febbraio 2015.
La data individuata di cessazione del clan , pertanto, secondo la motivazione immune da illogicità manifesta del G iudice dell’esecuzione, osta alla prevedibilità legata alla costituzione di un diverso clan , con diversi organizzatori, nel gennaio 2016, peraltro operante in un diverso contesto territoriale.
La difesa, inoltre, non adduce elementi specifici da cui desumere la continuità dell’attività ovvero la progettazione, almeno nelle linee essenziali, delle successive condotte, limitandosi a far riferimento alla gestione della piazza di spaccio.
Questa Corte, invero, in tema di riconoscimento del vincolo della continuazione tra reati associativi, ha affermato il condivisibile principio secondo il quale non è sufficiente il riferimento alla tipologia del reato e all’omogeneità delle condotte, poiché occorre effettuare una specifica indagine circa la natura dei vari sodalizi, in relazione alla loro concreta operatività e alla loro continuità nel tempo, così accertando la sussistenza dell’unicità del momento deliberativo e la sua attuazione per mezzo della progressiva appartenenza ad una pluralità di associazioni (cfr. Sez. 6, n. 51906 del 15/09/2017, Rv. 271569 -01). Non va trascurato, peraltro, che il ricorso si appalesa generico perché non indica indicatori specifici della sussistenza di un disegno unitario, quanto meno in grandi linee, già presente al momento dell’adesione di COGNOME al prim o sodalizio, inerente alla sua programmazione di partecipare anche al secondo, diverso, organismo oggetto della seconda sentenza irrevocabile.
Alla luce di quanto premesso il ricorso va rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali , ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così è deciso il 13 febbraio 2025
Il Consigliere estensore Il Presidente NOME COGNOME NOME COGNOME