Reato Continuato: Quando la Reiterazione di Crimini Non Gode del Trattamento di Favore
L’istituto del reato continuato rappresenta un caposaldo del nostro sistema penale, concepito per mitigare il trattamento sanzionatorio nei confronti di chi commette più violazioni di legge in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci ricorda che questo beneficio non è applicabile indiscriminatamente, soprattutto quando le condotte illecite sono espressione di uno stile di vita orientato al crimine. Analizziamo insieme questa importante decisione.
I Fatti del Caso: Un Ricorso Contro la Decisione del Tribunale
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un soggetto avverso un’ordinanza emessa dal Tribunale di Udine. L’interessato, con una storia di ripetute condotte illecite, chiedeva l’applicazione della disciplina del reato continuato, sperando in un trattamento sanzionatorio più mite. La sua richiesta, tuttavia, si è scontrata con una valutazione ben diversa da parte dei giudici di merito, che hanno respinto la sua istanza. Di qui, il ricorso per Cassazione.
La Questione Giuridica: Reato Continuato vs. Abitualità Criminale
Il cuore della controversia giuridica risiede nella netta distinzione tra due concetti apparentemente simili ma giuridicamente opposti:
1. Il Reato Continuato: Si configura quando un soggetto, con un’unica premeditazione (il “medesimo disegno criminoso”), commette una serie di reati. La legge, in questo caso, applica la pena prevista per il reato più grave, aumentata fino al triplo. Il principio ispiratore è il favor rei, ovvero un atteggiamento di favore verso l’imputato.
2. La Reiterazione Criminale: Figure come la recidiva, l’abitualità e la professionalità nel reato descrivono, invece, una situazione diversa. Non c’è un singolo piano, ma una tendenza a delinquere, un “programma di vita improntato al crimine”. In questi casi, la legge prevede un inasprimento della pena, poiché la condotta del reo è considerata socialmente più pericolosa.
Il ricorrente sosteneva che le sue azioni rientrassero nel primo scenario, ma la Cassazione ha seguito un ragionamento differente.
Le motivazioni della Cassazione e il confine del reato continuato
La Suprema Corte, con una motivazione chiara e lineare, ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno sottolineato che la reiterazione costante di condotte illecite non può essere considerata l’espressione di un singolo e specifico disegno criminoso. Al contrario, essa è sintomatica di una scelta di vita criminale, una condizione che il sistema penale sanziona attraverso istituti specifici e aggravanti, come la recidiva o l’abitualità.
La Corte ha ribadito che il parametro per applicare il reato continuato è opposto a quello che caratterizza la tendenza a delinquere. Il primo è preordinato al favor rei, mentre gli istituti che sanzionano la persistenza nel crimine seguono una logica repressiva e di maggiore severità. Confondere i due piani significherebbe snaturare la funzione di entrambi gli istituti. Citando precedenti giurisprudenziali conformi, la Corte ha concluso che non è possibile estendere un trattamento di favore a chi manifesta una sistematica inclinazione a violare la legge.
Le conclusioni
La decisione in commento è di fondamentale importanza pratica. Essa traccia un confine netto: il reato continuato è un beneficio riservato a chi, pur commettendo più reati, lo fa all’interno di un progetto unitario e circoscritto. Non può, invece, essere invocato da chi ha fatto dell’illegalità una costante del proprio agire. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile e il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende. Questa pronuncia riafferma il principio che gli strumenti di clemenza previsti dalla legge non possono essere utilizzati per premiare una carriera criminale.
Quando non si può applicare l’istituto del reato continuato?
Non si può applicare quando la reiterazione delle condotte illecite non è espressione di un medesimo disegno criminoso, ma rappresenta un programma di vita improntato al crimine, sanzionato da istituti diversi come la recidiva o l’abitualità.
Qual è la differenza fondamentale tra reato continuato e abitualità nel reato?
La differenza risiede nel principio ispiratore: il reato continuato è preordinato al favor rei (favore per l’imputato) e presuppone un unico piano criminoso. L’abitualità, al contrario, sanziona una tendenza a delinquere e segue una logica di maggiore severità, opposta al trattamento di favore.
Qual è stata la decisione finale della Corte di Cassazione in questo caso?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, poiché ha ritenuto che la sua condotta non potesse rientrare nella disciplina del reato continuato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 25844 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 25844 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il 12/05/2000
avverso l’ordinanza del 17/03/2025 del TRIBUNALE di UDINE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATI
-0 E CONSIDERATO IN DIRITTO
Esaminato il ricorso proposto avverso l’ordinanza in epigrafe, con la quale il
Tribunale di Udine rigettava la richiesta avanzata da NOME COGNOME finalizzata a ottenere il riconoscimento della continuazione, ai sensi dell’art. 671
cod. proc. pen., in relazione ai reati giudicati dalle sentenze irrevocabili di cui ai punti 1 e 2 del provvedimento impugnato.
Ritenuto che le ipotesi di reato di cui si assumeva la continuazione, non risultavano omogenee e non erano riconducibili a una preordinazione criminosa,
dovendosi, in proposito, evidenziare che «le condotte di reato delle due distinte vicende si differenziano per luogo di commissione persone offese avute di mira
modalità concrete di esecuzione, essendo i reati di cui alla sentenza sub
1) stati commessi in concorso con altro soggetto all’esterno di un pubblico locale ed
essendo connotati dal travisamento di almeno uno dei correi, essendo i reati di cui alla sentenza
sub
2) stati perpetrati con condotta monosoggettiva e ai danni di persona offesa con disabilità incontrati casualmente in zona centrale di
Udine».
Ritenuto che la reiterazione delle condotte illecite non può essere espressione di un programma di vita improntato al crimine, come nel caso di NOME COGNOME, venendo sanzionata da fattispecie differenti, quali la recidiva, l’abitualità, la professionalità nel reato e la tendenza a delinquere, secondo un diverso e opposto parametro rispetto a quello sotteso all’istituto della continuazione, preordinato al favor rei (tra le altre, Sez. 5, n. 10917 del 12/01/2012, COGNOME, Rv. 252950 -01; Sez. 5, n. 49476 del 25/09/2009, Notaro, Rv. 245833 – 01).
Per queste ragioni, il ricorso proposto da NOME COGNOME deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 3 luglio 2025.