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Reato continuato: no se i reati sono distanti

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso per il riconoscimento del reato continuato. La Corte ha stabilito che la notevole distanza temporale e la diversità tra i reati commessi escludono la presunzione di un unico disegno criminoso, confermando la decisione del giudice dell’esecuzione.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato Continuato: la Cassazione nega l’unicità del disegno criminoso per reati distanti nel tempo

L’istituto del reato continuato, previsto dall’articolo 671 del codice di procedura penale, rappresenta una figura giuridica di fondamentale importanza nel nostro ordinamento, consentendo di unificare sotto un’unica valutazione sanzionatoria più reati commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e richiede una rigorosa verifica dei presupposti. Con l’ordinanza in esame, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sui limiti di tale istituto, chiarendo come la notevole distanza temporale tra i fatti possa costituire un elemento decisivo per escluderne l’esistenza.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso di un individuo avverso un’ordinanza del Tribunale di Chieti, in funzione di giudice dell’esecuzione. Il ricorrente aveva chiesto il riconoscimento della continuazione tra diversi reati, giudicati separatamente e commessi in un arco temporale significativo, precisamente negli anni 2008, 2011, 2013 e 2014. A sostegno della sua tesi, adduceva l’esistenza di un unico disegno criminoso, motivato dalla volontà di ‘proteggere e difendere la proprietà sua e della famiglia’. Il giudice dell’esecuzione aveva però respinto l’istanza, decisione contro cui è stato proposto ricorso per cassazione.

La Decisione della Corte e l’applicazione del reato continuato

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione del giudice di merito. La Suprema Corte ha ritenuto i motivi del ricorso generici e reiterativi di tesi già adeguatamente vagliate e respinte in precedenza. In particolare, sul tema del reato continuato, i giudici hanno ribadito un principio giurisprudenziale consolidato: in presenza di reati commessi a grande distanza temporale l’uno dall’altro, si presume, salvo prova contraria, l’assenza di un’unica ideazione originaria.

Le motivazioni

La motivazione della Corte si fonda su due pilastri principali.

In primo luogo, si evidenzia come la notevole distanza temporale tra i fatti (reati commessi nel 2008, 2011, 2013 e 2014) e la loro eterogeneità rendano inverosimile l’ipotesi di una programmazione unitaria e anticipata. Secondo la giurisprudenza citata dalla stessa Corte, non è plausibile che la commissione di ulteriori fatti, anche se simili per modalità, fosse stata progettata specificamente sin dal momento del primo reato. La generica affermazione di voler ‘proteggere la famiglia’ non è sufficiente a dimostrare quel ‘medesimo disegno criminoso’ richiesto dalla norma, che implica un piano deliberato e circoscritto fin dall’inizio.

In secondo luogo, la Corte ha dichiarato inammissibile anche il primo motivo del ricorso, relativo a una presunta nullità del titolo esecutivo. Su questo punto, i giudici hanno rilevato che la questione era già stata ampiamente discussa e decisa nelle sedi di merito, formando così un ‘giudicato’ che non poteva essere rimesso in discussione in fase di esecuzione. Il ricorrente si era limitato a riproporre le medesime argomentazioni senza contestare specificamente la motivazione del provvedimento impugnato, rendendo il motivo aspecifico e, di conseguenza, inammissibile.

Le conclusioni

L’ordinanza in commento offre un’importante lezione pratica: per ottenere il riconoscimento del reato continuato non basta invocare un generico movente comune a più condotte illecite. È necessario fornire una prova rigorosa dell’esistenza di un piano criminoso unitario e preordinato, concepito prima della commissione del primo reato. La presunzione contraria, che sorge in caso di reati temporalmente distanti, grava sull’imputato, che deve superarla con elementi concreti. La decisione ribadisce, inoltre, il principio di inammissibilità dei ricorsi meramente ripetitivi di questioni già coperte da giudicato, a tutela della stabilità delle decisioni giudiziarie.

Cosa si intende per reato continuato?
È una finzione giuridica per cui più reati, commessi anche in tempi diversi ma in esecuzione di un medesimo piano criminoso, vengono considerati come un’unica violazione di legge ai fini della determinazione della pena, che sarà più mite rispetto alla somma delle singole pene.

La distanza di tempo tra più reati esclude automaticamente il reato continuato?
No, non lo esclude automaticamente, ma fa sorgere una presunzione contraria. Secondo la Corte, nel caso di reati commessi a distanza temporale l’uno dall’altro, si presume, salvo prova contraria, che non vi fosse un unico disegno criminoso pianificato sin dall’inizio.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto generico, ripetitivo e in contrasto con la giurisprudenza consolidata. Le argomentazioni sul reato continuato non hanno superato la presunzione contraria derivante dalla distanza temporale tra i fatti, mentre le altre censure erano relative a questioni già decise con sentenza definitiva (giudicato).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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