Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 7176 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 7176 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME, nata in GERMANIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 15/03/2023 del TRIBUNALE di IMPERIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Procuratore generale, NOME COGNOME, la quale ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 15 marzo 2023, il giudice dell’esecuzione del Tribunale di Imperia ha respinto l’istanza avanzata nell’interesse di NOME COGNOME di applicazione della disciplina della continuazione tra i reati giudicati in tre gruppi di sentenze, partitamente analizzate, ritenendo mancanti gli indici dell’invocato istituto, ed invece denotando le reiterate condotte di reato una concezione di vita improntata al crimine e dipendente dagli illeciti guadagni che conseguono da tale sistema di vita.
Avverso tale decisione la condannata ha proposto ricor:so per cassazione, per mezzo del difensore, AVV_NOTAIO, deducendo vizio di motivazione ed illustrando argomenti di contrasto a quelli espressi dal giudice dell’esecuzione, per affermare la ricorrenza della continuazione riferita a ciascun gruppo di sentenze di condanna.
Quanto al primo gruppo si evidenzia che il possesso di arnesi atti allo scasso è prodromico alla consumazione dei reati che COGNOME avrebbe realizzato di lì a pochi giorni, ed è dunque sintomatico del vincolo tra le condotte raggruppate.
Nel secondo gruppo vi sono due furti commessi a Terni in giorni consecutivi (17 e 18 maggio 2013), e non rilevano le diverse modalità della condotta – come ha argomentato il giudice dell’esecuzione – ad escludere il medesimo disegno criminoso, poiché non è richiesto che i reati in programmazione unitaria siano predisposti in ogni minimo dettaglio.
Per il terzo gruppo si sono indicati due furti in abitazione commessi nell’arco di due giorni con la stessa complice, tale NOME COGNOME, uno a Padova e l’altro a Ferrara. La difesa contesta di avere ritenuto comune a tali reati il dato che la ricorrente appartenga all’etnia rom, avendo invece segnalato la mera attitudine dei rom a spostarsi per realizzare illeciti, a giustificazione della diversa sede dei due reati: non si tratta di una petizione di principio, bensì di un dato di esperienza emergente da fatti di cronaca, il che dimostra che le argomentazioni del giudice dell’esecuzione peccano di astrattezza. Nel caso in esame, si tratta di condotte identiche commesse con la stessa concorrente in un ristretto arco temporale, il che contrasta con le argomentazioni usate per escludere la continuazione dei reati del gruppo precedente, laddove si era affermato che le diverse modalità delle condotte predatorie di Terni giustificava l’esclusione della continuazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato, oltre che reiterativo.
La ratio decidendi dell’impugnata ordinanza è stata quella di ritenere che le varie condotte delittuose integrate da NOME siano espressione di un sistema di vita improntato al crimine, che si estrinseca nei modi più vari e nelle situazioni contingenti.
Pertanto, in disparte le pretese contraddizioni motivazionali enfatizzate nel ricorso, restano carenti specifici elementi di programmazione unitaria dei reati, che sostanzino l’invocata continuazione. In tale prospettiva, l’esegesi di legittimità ha affermato il consolidato principio per cui «Ai fini della configurabilità dell’istitu della continuazione è necessaria la prova che i reati siano stati concepiti e portati ad esecuzione nell’ambito di un unico programma criminoso, il quale non deve essere confuso con la sussistenza di una concezione di vita improntata al crimine e dipendente dagli illeciti guadagni che da esso possono scaturire; ne deriva che, a tal fine, non rileva il generico programma di locupletare attraverso lo spaccio di sostanza stupefacente; in tal caso, infatti, la reiterazione della condotta criminosa è espressione di un programma di vita improntata al crimine e che dal crimine intende trarre sostentamento e, pertanto, penalizzata da istituti quali la recidiva, l’abitualità, la professionalità nel reato e la tendenza a delinquere, secondo un diverso ed opposto parametro rispetto a quello sotteso all’istituto della continuazione, preordinato al favor rei» (Sez. 5, n. 10917 del 12/01/2012, COGNOME, Rv. 252950). In corretta applicazione di tale principio, l’impugnata ordinanza ha evidenziato che la vicenda esistenziale della ricorrente non lascia trasparire alcuna programmazione unitaria, sufficientemente specifica, dei reati che ella commette in modo seriale, e così restano prive di rilievo le osservazioni in ordine al fatto che detti reati siano stati commessi in tempi ravvicinati ovvero con la medesima concorrente, mentre il focus motivazionale va ricercato nell’individuazione di un’abitualità criminosa antitetica all’istituto della continuazione. Va dunque ulteriormente richiamato il principio per cui «In tema di reato continuato, il giudice dell’esecuzione nel valutare l’unicità del disegno criminoso non può attribuire rilievo ad un programma di attività delinquenziale che sia meramente generico, essendo invece necessaria l’individuazione, fin dalla commissione del primo episodio, di tutti i successivi, almeno nelle loro connotazioni fondamentali, con deliberazione, dunque, di carattere non generico ma generale» (Sez. 1, n. 37555 del 13/11/2015, dep. 2016, Pg in proc. Bottari, Rv. 267596). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
In conclusione, il ricorso è inammissibile, da ciò conseguendo la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della congrua somma indicata in dispositivo alla cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. peri., non risultando l’assenza di profili di colpa nell
determinazione della causa di inammissibilità, a tenore della sentenza della Cor costituzionale n. 186 del 2000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della cassa del ammende.
Così deciso il 27 ottobre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presideht-e