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Reato continuato: no se è stile di vita criminale

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un condannato per narcotraffico che chiedeva l’applicazione del reato continuato tra due condanne per associazione a delinquere. La Corte ha stabilito che la partecipazione a diversi sodalizi criminosi, in tempi e con ruoli diversi, non configura un unico disegno criminoso, ma piuttosto uno ‘stile di vita criminale’, escludendo così il beneficio.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato continuato: la differenza tra piano criminale e stile di vita

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 16671/2025) offre un’importante chiave di lettura sull’applicazione dell’istituto del reato continuato, delineando in modo netto il confine tra un singolo e preordinato ‘disegno criminoso’ e una generica ‘scelta di vita’ dedita al crimine. Comprendere questa distinzione è fondamentale, poiché da essa dipende la possibilità di ottenere un trattamento sanzionatorio più favorevole. L’istituto, infatti, permette di unificare giuridicamente più reati, evitando il cumulo materiale delle pene.

I fatti di causa

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un soggetto condannato con due sentenze definitive per il reato di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti. La prima condanna si riferiva alla sua partecipazione, come mero partecipe, a un’organizzazione criminale attiva fino al giugno 2011, specializzata nell’importazione di droga dal Sudamerica. La seconda condanna, invece, lo vedeva in un ruolo direttivo all’interno di un diverso sodalizio, operante in un’altra località, tra il settembre 2017 e il luglio 2019.

In fase esecutiva, il condannato aveva richiesto al Giudice l’applicazione della disciplina del reato continuato, sostenendo che entrambe le condotte delittuose fossero espressione di un unico programma criminoso. L’istanza, tuttavia, era stata rigettata, motivando la decisione con la diversità dei contesti temporali e territoriali, la differente struttura delle associazioni criminali e il diverso ruolo ricoperto dall’imputato.

Le motivazioni della Corte sul rigetto del reato continuato

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione del giudice dell’esecuzione, rigettando il ricorso del condannato. I giudici hanno ribadito un principio cardine: per poter riconoscere il reato continuato, non è sufficiente che i reati siano dello stesso tipo o che derivino da una generica propensione a delinquere. È invece necessario dimostrare l’esistenza di un ‘medesimo disegno criminoso’.

Questo concetto implica che l’agente, prima di commettere il primo reato, si sia rappresentato e abbia deliberato unitariamente una serie di condotte criminose future, almeno nelle loro linee essenziali. Nel caso specifico, diversi elementi ostacolavano tale riconoscimento:

1. Il considerevole lasso temporale: Un intervallo di oltre sei anni tra la fine della prima condotta e l’inizio della seconda è stato ritenuto un fattore indicativo della mancanza di un piano unitario.
2. La diversità dei sodalizi: La partecipazione a due gruppi criminali distinti, con compagini e programmi operativi differenti, indebolisce l’idea di un’unica strategia preordinata.
3. Il cambiamento di ruolo: Il passaggio da semplice partecipe a soggetto con funzioni direttive è stato interpretato come l’inizio di una nuova e autonoma esperienza criminale, piuttosto che la prosecuzione di un vecchio piano.
4. L’interruzione dovuta alla detenzione: La Corte ha sottolineato come i periodi di detenzione subiti tra i due reati siano eventi ‘verosimilmente interruttivi di qualunque progetto’, rendendo improbabile che un disegno delittuoso possa includere e ‘sopravvivere’ all’arresto e all’espiazione della pena.

Le conclusioni

La sentenza riafferma con chiarezza che la reiterazione di condotte criminali, anche se omogenee, non è di per sé sufficiente per ottenere il beneficio del reato continuato. Quando la commissione di reati diventa un vero e proprio ‘programma di vita’, espressione di una scelta esistenziale e non di un piano specifico e circoscritto, l’istituto non trova applicazione. La decisione evidenzia l’onere, per chi richiede il beneficio, di fornire elementi concreti che dimostrino come i reati successivi fossero già stati programmati, almeno nelle linee generali, al momento della commissione del primo. In assenza di tale prova, la serialità criminale viene considerata come una successione di decisioni autonome, ciascuna meritevole di una sanzione distinta.

Che differenza c’è tra ‘disegno criminoso’ e ‘programma di vita criminale’ ai fini del reato continuato?
Il ‘disegno criminoso’ è un piano unitario e specifico, deliberato prima di commettere il primo reato, che prevede una serie di violazioni. Il ‘programma di vita criminale’, invece, è una generica propensione a delinquere che si manifesta in base alle occasioni, senza una pianificazione iniziale unitaria. Solo il primo consente l’applicazione del reato continuato.

La partecipazione a due diverse associazioni criminali esclude automaticamente il reato continuato?
Non automaticamente, ma rende molto più difficile dimostrarlo. Secondo la Corte, è necessaria un’indagine specifica sulla natura dei sodalizi, la loro continuità nel tempo e l’operatività. Nel caso di specie, la diversità dei gruppi, dei ruoli e il notevole lasso di tempo intercorso sono stati elementi decisivi per escludere il vincolo della continuazione.

Un lungo periodo di tempo tra un reato e l’altro può impedire il riconoscimento del reato continuato?
Sì, un notevole lasso di tempo, specialmente se intervallato da periodi di detenzione, è un forte indicatore contrario al riconoscimento del reato continuato. La Corte ritiene che tali circostanze siano ‘verosimilmente interruttive di qualunque progetto’, rendendo improbabile che un unico disegno criminoso possa persistere attraverso l’arresto, la pena e un lungo intervallo temporale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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