Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 12740 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 12740 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME NOME nato a Velletri il 01/06/1963
avverso l’ordinanza del 16/10/2024 della Corte di Appello di Roma udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sost. Proc. Gen. NOME COGNOME per l’inammissibilità.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Roma, quale giudice dell’esecuzione, con l’ordinanza del 16 ottobre 2024, ha rigettato l’istanza di applicazione della disciplina del reato continuato, presentata nell’interesse di NOME COGNOME tra i reati di cui ai seguenti provvedimenti: a) condanna emessa dal Tribunale di Velletri, in data 9 gennaio 2008, irrevocabile il 24 aprile 2008, per il reato di tentato furto aggravato, commesso in Velletri il 17 dicembre 2007; b) condanna emessa dalla Corte d’appello di Roma, in data 26 novembre 2020, irrevocabile il 6 maggio 2022, per il reato di ricettazione, accertato in Cisterna di Latina il 12 dicembre 2007.
Il giudice dell’esecuzione ha osservato come, nonostante l’omogeneità dei reati, non possa ravvisarsi un medesimo disegno criminoso quanto, piuttosto, una generica inclinazione a delinquere, ciò tenuto conto delle innumerevoli condanne ascrivibili ad NOME per reati contro il patrimonio commessi, come dimostrato dal certificato penale, pressoché ininterrottamente dagli anni ’80 fino al 2017.
Ragione questa per cui anche i reati per i quali si invoca il riconoscimento del beneficio de quo, perpetrati, peraltro, in comuni diversi, appaio espressione di uno stile di vita improntato al crimine e all’arricchimento, attraverso l’attività sistematica di predazione dell’altrui patrimonio.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso l’interessato che, a mezzo del difensore, ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione agli artt. 81 e 671 cod. proc. pen. evidenziando che il giudice dell’esecuzione, sulla scorta di un automatismo che escluderebbe il riconoscimento del vincolo della continuazione, ha conferito valore esclusivo ai precedenti penali del condannato, omettendo così di valutare l’estrema vicinanza temporale tra i reati, l’identità dei correi e l’omogeneità delle violazioni. Peraltro, il giudice avrebbe dovuto valorizzare il dato costituito dal sequestro della refurtiva avvenuto il 12 dicembre 2007, onde pervenire alla conclusione per cui delitto di furto di cui alla sentenza sub a) è stato commesso al fine di rifornire il magazzino ove si trovava la merce trafugata e, per l’appunto, sequestrata.
In data 12 dicembre 2024 è pervenuta in cancelleria la requisitoria scritta con la quale il Sost. Proc. Gen. NOME COGNOME chiede che il ricorso sia dichiarata inammissibile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Nell’unico motivo di ricorso la difesa deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione agli artt. 81 e 671 cod. proc. pen. evidenziando che il giudice dell’esecuzione, sulla scorta di un automatismo che escluderebbe il
riconoscimento del vincolo della continuazione, ha conferito valore esclusivo ai precedenti penali del condannato, omettendo così di valutare l’estrema vicinanza temporale tra i reati, l’identità dei correi e l’omogeneità delle violazioni.
La doglianza è infondata.
2.1. L’art. 81, secondo comma, cod. pen. postula che i fatti siano riferibili ad un “medesimo” (dunque originario) disegno criminoso. Siffatta unicità di disegno, egualmente necessario per il riconoscimento della continuazione in fase di cognizione e in fase esecutiva, non si identifica «con il programma di vita delinquenziale del reo, che esprime, invece, l’opzione del reo a favore della commissione di un numero non predeterminato di reati, che, seppure dello stesso tipo, non sono identificabili a priori nelle loro principali coordinate, rivelando una generale propensione alla devianza, che si concretizza, di volta in volta, in relazione alle varie occasioni ed opportunità esistenziali» (Sez. 1, n. 15955 del 08/01/2016, Eloumari, Rv. 266615 – 01).
Ai fini del riconoscimento della continuazione, quindi, occorre «una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, í successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea » (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074 – 01).
La nozione di continuazione delineata nell’art. 81, secondo comma, cod. pen., infatti, richiede che i fatti siano riferibili ad un «medesimo» (dunque originario) disegno criminoso e l’unicità di disegno implica che l’agente abbia una iniziale programmazione e deliberazione di compiere una pluralità di reati, che possono essere anche non dettagliatamente ab origine progettati e organizzati, purché risultino almeno in linea generale previsti, in funzione di “adattamento”
alle eventualità del caso, come mezzo per il conseguimento di un unico fine, parimenti prefissato e sufficientemente specifico.
Deve, dunque, escludersi che una tale programmazione possa essere desunta sulla sola base dell’analogia dei singoli reati o del contesto in cui sono maturati, ovvero ancora della spinta a delinquere, tanto più se genericamente economica, non potendo confondersi il fine specifico, ovverosia il movente-scopo che individua una programmazione e deliberazione unitaria, con la tendenza stabilmente operante in un soggetto a risolvere i propri problemi esistenziali commettendo reati (Sez. 1, n. 12905 del 17/03/2010, COGNOME Rv. 246838 01).
L’inciso «anche in tempi diversi» contenuto nell’art. 81, comma secondo, cod. pen., d’altro canto, non consente di negare ogni rilevanza all’aspetto del tempo di commissione dei reati: come la vicinanza temporale non costituisce di per sé «indizio necessario» dell’esistenza del medesimo disegno criminoso, così la notevole distanza di tempo ben può essere, anche se non è inevitabile che lo sia, indizio negativo.
Ciò in quanto le difficoltà di programmazione e deliberazione a lunga scadenza e le crescenti probabilità di mutamenti che, con il passare del tempo, richiedono una nuova risoluzione anti-doverosa, comportano che le possibilità di ravvisare la sussistenza della continuazione normalmente «si riducono fino ad annullarsi in proporzione inversa all’aumento del distacco temporale tra i singoli episodi criminosi».
2.2. In tema di applicazione della disciplina del reato continuato in sede esecutiva, non è dunque sufficiente il mero riferimento alla contiguità cronologica degli addebiti ovvero all’identità o analogia dei titoli di reato -poiché esse sono indicative anche di abitualità criminosa e di scelte di vita ispirate alla sistematica e contingente consumazione di illeciti- ma è necessaria la positiva verifica del genetico legame ideativo tra le plurime violazioni e a tal fine non bastano gli accertamenti consacrati nelle sentenze di condanna secondo la sola
interpretazione del giudice dell’esecuzione, ma occorre almeno l’allegazione, da parte dell’interessato, pur non gravato da onere di prova, di elementi specifici e concreti che sostengano l’unitario disegno criminoso invocato nella sua istanza (Sez. 5, n. 21326 del 06/05/2010, COGNOME, Rv. 247356 – 01; Sez. 7, n. 5305 del 16/12/2008, dep. 2009, COGNOME, Rv. 242476 – 01; Sez. 1, n. 2229 del 13/05/1994, COGNOME, Rv. 198420 – 01).
2.3. Nel caso di specie il giudice dell’esecuzione si è conformato ai principi indicati e ha spiegato le ragioni per cui l’identità tipologica dei reati, in assenza di altri elementi, non possa essere indicativa dell’unicità del disegno criminoso, ma, invece, di una scelta di vita ispirata alla sistematica e contingente consumazione di illeciti, dimostrata dalla commissione di numerosi altri delitti contro il patrimonio, così come risulta per tabulas dal certificato del casellario giudiziale in atti.
2.4. La lettura fornita nell’impugnazione, di contro, secondo la quale l’identità del disegno criminoso consisterebbe nella gestione di un magazzino di merce trafugata, oltre ad essere del tutto generica, tradisce la confusione tra la nozione di medesimo disegno criminoso e quella di programma di vita delinquenziale.
L’identità del disegno criminoso come in precedenza evidenziato -che postula che l’agente si sia previamente rappresentato e abbia unitariamente deliberato una serie di condotte criminose teleologicamente connesse, seppure non elaborate nei loro particolari bensì nelle sole linee essenziali- è infatti diverso dal programma di vita delinquenziale, che è caratterizzato dalla scelta di commettere un numero indeterminato di reati e rivela una generale propensione alla devianza che si concretizza, di volta in volta, in relazione alle varie occasioni e opportunità esistenziali (Sez. 1, n. 39222 del 26/02/2014, B., Rv. 260896 01; Sez. 2, n. 18037 del 07/04/2004, COGNOME, Rv. 22905 – 012; Sez. 1, n. 6553 del 13/12/1995, dep. 1996, COGNOME, Rv. 203690 – 01).
Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento al pagamento delle spese processuali.
Così deciso 1’8 gennaio 2025
Il Consiglier estensore
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