Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 30641 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 30641 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 04/07/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
COGNOME NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
Sul ricorso proposto da:
avverso l’ordinanza del 05/02/2025 della Corte d’appello di Palermo lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
1.Con il provvedimento impugnato la Corte d’appello di Palermo, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza presentata nell’interesse di NOME COGNOME diretta ad ottenere l’applicazione della disciplina del reato continuato in relazione ai reati giudicati con le seguenti due sentenze: 1) sentenza Corte d’Appello di Palermo in data 22 luglio 2020, definitiva il 20 gennaio 2022 (per il reato di cui all’art. 416bis cod.pen.) e 2) sentenza Corte d’appello di Palermo del 13 aprile 2023, irrevocabile il 21 maggio 2024 (per il reato di cui agli artt. 56, 629 cod. pen., commesso il 06/11/2014), ritenendo non individuabili elementi sintomatici della medesimezza del disegno criminoso.
2.Avverso il provvedimento ricorre NOME COGNOME per mezzo del difensore Avv. NOME COGNOME denunciando vizio di motivazione, ex art. 606 lett. e) cod. proc. pen., in relazione agli artt. 81 cod. pen. e 671 cod. proc. pen..
Il ricorrente censura l’errata valutazione del giudice dell’esecuzione, il quale ha escluso il vincolo della continuazione tra i reati di cui alle sentenze indicate nell’istanza omettendo di considerare gli elementi addotti dal ricorrente: la corretta valutazione delle vicende processuali di cui alle citate sentenze avrebbe dovuto indurre il Giudice dell’esecuzione a riconoscere la sussistenza degli indici sintomatici dell’unitarietà del disegno criminoso e quindi a riconoscere il vincolo della continuazione. In particolare, osservava il ricorrente come la partecipazione del COGNOME alla famiglia mafiosa di Villabate fosse stata accertata a partire dal 2012; la tentato estorsione di cui alla sentenza sub 2) Ł stata commessa in concorso con altro sodale (NOME COGNOME con l’obiettivo di peggiorare la vita carceraria della persona offesa NOME COGNOME il quale era detenuto per il reato di cui all’art. 416 bis cod. pen. e, nell’ambiente mafioso, era considerato «un infame ed uno sbirro».
– Relatore –
Sent. n. sez. 2326/2025
Evidenziava altresì il ricorrente come la Corte palermitana, con provvedimento del 22/07/2022, avesse riconosciuto il vincolo della continuazione tra i fatti di cui alla sentenza sub 1) ed il reato ex artt. 56, 629 cod. pen., commesso il 29/11/2011 per il quale era stata esclusa l’aggravante di cui all’art. 416 bis .1 cod. pen.. Le violazioni ascritte al COGNOME sono quindi omogenee, e le sentenze sub 1) e 2) hanno ad oggetto reati di tentata estorsione posti in essere dal prevenuto senza soluzione di continuità, dal momento che la richiesta estorsiva di cui alla sentenza sub 2) veniva avanzata subito dopo l’arresto dei sodali e della persona offesa per i fatti di cui alla sentenza sub 1).
Il Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, NOME COGNOME ha fatto pervenire requisitoria scritta con la quale ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. L’impugnazione non può essere accolta.
2. Questa Corte ha costantemente affermato, in tema di reato continuato, che l’unicità del disegno criminoso presuppone l’anticipata ed unitaria ideazione di piø violazioni della legge penale, già presenti nella mente del reo nella loro specificità, e che la prova di tale congiunta previsione deve essere ricavata, di regola, da indici esteriori che siano significativi, alla luce dell’esperienza, del dato progettuale sottostante alle condotte poste in essere (Sez. 4, n. 16066 del 17/12/2008, dep. 2009, Di Maria, Rv. 243632). Il giudice dell’esecuzione, nel valutare l’unicità del disegno criminoso, non può attribuire rilievo ad un programma di attività delinquenziale che sia meramente generico, essendo invece necessaria la individuazione, fin dalla commissione del primo episodio, di tutti i successivi, almeno nelle loro connotazioni fondamentali, con deliberazione, dunque, di carattere non generico, ma generale (Sez. 1, n. 37555 del 13/11/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 267596).
L’identità del disegno criminoso deve essere negata qualora, malgrado la contiguità spazio-temporale ed il nesso funzionale tra le diverse fattispecie incriminatrici, la successione degli episodi sia tale da escludere la preventiva programmazione dei reati ed emerga, invece, l’occasionalità di quelli compiuti successivamente rispetto a quello cronologicamente anteriori (da ultimo Sez. 6, n. 44214 del 24/10/2012 – dep. 14/11/2012, Natali e altro, Rv. 254793).
La ricaduta nel reato e l’abitualità a delinquere non integrano di per sØ il caratteristico elemento intellettivo (unità di ideazione che abbraccia i diversi reati commessi) che caratterizza il reato continuato (Sez. 2, n. 40123 del 22/10/2010, Marigliano, Rv. 248862).
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito che il riconoscimento della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074).
3.Ciò premesso, va osservato che, nel caso di specie,il Giudice dell’esecuzione ha ragionevolmente ritenuto che non vi fossero elementi sufficienti per ritenere che gli illeciti oggetto dell’istanza fossero frutto di un previo e unitario disegno criminoso, evidenziando in
particolare come la tentata estorsione di cui alla sentenza sub 2), in relazione alla quale era stata esclusa l’aggravante oggi prevista dall’art. 416 bis .1 cod. pen., non fosse stata eseguita nell’interesse del sodalizio mafioso Cosa nostra, ma costituisse un tentativo personale di Liga volto ad ottenere la consegna di una somma di denaro, con la minaccia di peggiorare la vita all’interno del carcere alla p.o.; il reato era infatti stato eseguito non da altri mafiosi ma da stretti congiunti del detenuto.
La Corte palermitana aggiungeva come la distanza temporale tra i fatti e i diversi contesti criminali in cui essi erano maturati non consentivano di ritenere gli stessi manifestazioni di un medesimo disegno criminoso.
Il ricorrente, nel censurare la motivazione dell’ordinanza impugnata, elude il nucleo centrale dei principi fin qui enunciati: la necessità di una preventiva programmazione unitaria dei reati – quindi precedente al primo dei reati per i quali si chiede il riconoscimento del vincolo – almeno nella loro linea essenziale. Le censure sollevate dal ricorrente non sono pertanto idonee a destituire di legittimità il provvedimento impugnato, in quanto si limitano a sollecitare una valutazione alternativa degliargomenti posti alla base della decisione impugnata.
A tale riguardo appare opportuno rammentare che questa Corte – a piø riprese – ha affermato che l’accertamento degli indici sintomatici dell’unitarietà del disegno criminoso «e rimesso all’apprezzamento del giudice di merito ed e insindacabile in sede di legittimità, quando il convincimento del giudice sia sorretto da una motivazione adeguata e congrua, senza vizi logici e travisamento dei fatti» (Sez. 7, n. 25908 del 10/03/2022, non massimata; nello stesso senso Sez. 4, n. 25094 del 13/06/2007, COGNOME, Rv. 237014; Sez. 4, n. 10366 del 28/05/1990, COGNOME, Rv. 184908).
L’impugnazione va, pertanto, rigettata.
Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così Ł deciso, 04/07/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME