Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 30390 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 30390 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME, nato a Arzignano il DATA_NASCITA, avverso l’ordinanza del 17/01/2024 della Corte di Appello di Venezia; letti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto rigettarsi il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME formulava al giudice dell’esecuzione istanza ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., chiedendo riconoscersi il vincolo della continuazione tra i reati giudicati con le seguenti sentenze:
sentenza della Corte di appello di Venezia del 17 febbraio 2020, irrevocabile dal 6 ottobre 2020, di condanna alla pena di anni 2 di reclusione ed € 600 di multa per i reati di ricettazione di 51 moduli di assegno circolare provento di furto, nonché per i reati di falso in scrittura privata e tentata truf aggravata commessi compilando i predetti moduli e cercando di portarli all’incasso presso una banca rumena, commessi in Vicenza ed in Romania tra il novembre e il dicembre 2012, in concorso con NOME COGNOME e NOME COGNOME;
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sentenza della Corte di appello di Venezia del 10 febbraio 2022, irrevocabile dal 23 gennaio 2023, di condanna alla pena di anni 1 e mesi 4 di reclusione ed C 600 di multa per il reato di ricettazione di tre quadri provento del delitto di contraffazione e corredati di certificazione falsificata, commesso in Vicenza il 29 agosto 2012 in concorso con NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Rappresentava che i reati oggetto delle suddette condanne – in relazione alle quali gli era stato notificato l’ordine di esecuzione della pena di anni 3 e mesi 4 di reclusione, e gli era stato concesso in data 12 aprile 2023 l’affidamento in prova ai servizi sociali – erano stati commessi nell’ambito di un unico disegno criminoso, trattandosi di delitti della stessa indole, di identica matrice, posti i essere nell’arco di soli cinque mesi, nello stesso contesto territoriale, con identiche modalità esecutive e con la complicità di NOME COGNOME.
La Corte di appello di Venezia, con ordinanza del 17 gennaio 2024, rigettava l’istanza, ritenendo che nel caso di specie sussistesse non un identico disegno criminoso, ma una AVV_NOTAIO propensione alla perpetrazione di un’indeterminata serie di reati non identificabili a priori nelle loro principali coordinate, come era, tra l’altro, confermato dalla ontologica diversità dell’oggetto materiale dei reati; né poteva ritenersi significativa la circostanza che in entrambi i casi il COGNOME avesse riportato condanna unitamente al complice NOME COGNOME, atteso che «a parte il COGNOME, i coimputati divergono nei due diversi procedimenti».
2. Il difensore di fiducia del COGNOME, AVV_NOTAIO, ha tempestivamente impugnato l’indicata ordinanza, articolando un unico motivo con il quale deduce la violazione di legge, con riferimento agli artt. 81 cod. pen. e 671 cod. proc. pen., e la manifesta illogicità della motivazione per l’erronea esclusione della sussistenza delle condizioni previste dall’art. 671 cod. proc. pen.
Si duole della omessa valorizzazione dei plurimi elementi sottoposti alla valutazione del giudice dell’esecuzione: i reati dei quali si discute sarebbero stati, invero, frutto di deliberazione unitaria da parte del COGNOME e del COGNOME, come sarebbe confermato dalla identità dei responsabili, dalla omogeneità dei titoli di reato, dalla contiguità temporale (il reato oggetto della sentenza sub 2 fu commesso nell’agosto del 2012, ed anche gli assegni ricettati oggetto della sentenza sub 1 furono trafugati nell’agosto del 2012), dalla circostanza che le intercettazioni ambientali delle comunicazioni intercorse nell’autovettura del COGNOME avevano chiaramente disvelato che tutti gli episodi delittuosi erano stati originati da un’ideazione unitaria, come aveva sostanzialmente riconosciuto lo stesso pubblico ministero, nelle motivazioni della richiesta per l’applicazione di misure cautelari formulata nel 2013, ed infine dalla circostanza che il procedimento poi definito con la sentenza sub 2) «comprendeva inizialmente una
lunga serie di fattispecie di reato per vari delitti contro il patrimonio e dive episodi di ricettazione di beni contraffatti e/o falsi (quadri, orologi, assegni), concorso di volta in volta con altri soggetti che procuravano, utilizzavano o acquistavano i predetti beni. Nella successiva fase dibattimentale vi è stata una segmentazione dei processi col fine renderli più agilmente trattabili, così da evitare il rischio di prescrizione dei reati».
Il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ha chiesto rigettarsi il ricorso, avendo il giudice dell’esecuzione dato ineccepibile applicazione ai canoni ermeneutici stabiliti dalla giurisprudenza di legittimità in tema di continuazione: i particolare, nel caso di specie non appare possibile ricondurre le condotte illecite ad un’unica ed originaria determinazione criminosa, costituendo esse, piuttosto, espressione di estemporanea scelta di ricorso al crimine, non potendo confondersi il programma criminoso deliberato per conseguire un determinato fine con la generica propensione all’illecito.
Inoltre, evidenzia la parte pubblica, lo stesso ricorrente ricostruisce la progettualità criminosa riconducendola alla necessità del condannato di reperire ingenti somme di denaro con ogni mezzo – truffe, ricettazioni e reati contro il patrimonio – per poter sostenere il proprio elevato tenore di vita, sicché «è la stessa parte ricorrente ad ammettere, anche nel ricorso che ci occupa, che la reiterazione della condotta criminosa va ricondotta, nella specie, ad uno stile di vita improntato al crimine e che dal crimine intende trarre sostentamento: siamo dunque in presenza di un’abitualità e professionalità nel reato, che sono l’esatto opposto della continuazione».
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e deve, pertanto, essere rigettato.
Questa Corte ha costantemente affermato che, in tema di reato continuato, l’unicità del disegno criminoso presuppone l’anticipata ed unitaria ideazione di più violazioni della legge penale, già presenti nella mente del reo nella loro specificità, e che la prova di tale congiunta previsione deve essere ricavata, di regola, da indici esteriori che siano significativi, alla l dell’esperienza, del dato progettuale sottostante alle condotte poste in essere (Sez. 4, n. 16066 del 17/12/2008, dep. 2009, COGNOME, Rv. NUMERO_DOCUMENTO).
Il giudice dell’esecuzione, nel valutare l’unicità del disegno criminoso, non può attribuire rilievo ad un programma di attività delinquenziale che sia meramente generico, essendo invece necessaria la individuazione, fin dalla
commissione del primo episodio, di tutti i successivi, almeno nelle loro connotazioni fondamentali, con deliberazione, dunque, di carattere non generico, ma AVV_NOTAIO (Sez. 1, n. 37555 del 13/11/2015, dep. 2016, Bottari, Rv. 267596).
L’esistenza di un medesimo disegno criminoso va desunta da elementi indizianti quali l’unitarietà del contesto e della spinta a delinquere, la brevità d lasso temporale che separa i diversi episodi, l’identica natura dei reati, l’analogia del modus operandi e la costante compartecipazione dei medesimi soggetti (Sez. 5, n. 1766 del 06/07/2015, dep. 2016, Esposti, Rv. 266413), tenendo presente che la ricaduta nel reato e l’abitualità a delinquere non integrano di per sé il caratteristico elemento intellettivo che caratterizza il reato continuato, costituito dalla unità di ideazione che abbraccia i diversi reati commessi (Sez. 2, n. 40123 del 22/10/2010, Marigliano, Rv. 248862).
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno ribadito che il riconoscimento della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto d determinazione estemporanea (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074).
La prova dell’unicità del disegno criminoso – ritenuta meritevole di un più benevolo trattamento sanzionatorio, attesa la minore capacità a delinquere di chi si determina a commettere gli illeciti in forza di un singolo impulso, anziché di spinte criminose indipendenti e reiterate – investendo l’inesplorabile interiorità psichica del soggetto, deve dunque essere ricavata da indici esteriori significativi, alla luce dell’esperienza, del dato progettuale sottostante alle condotte poste in essere, indici che, tuttavia, hanno un carattere sintomatico, e non direttamente dimostrativo: l’accertamento, pur offìcioso e non implicante oneri probatori, deve assumere il carattere di effettiva dimostrazione logica, non potendo essere affidato a semplici congetture o presunzioni; esso è rimesso all’apprezzamento del giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, quando il convincimento del giudice sia sorretto da una motivazione adeguata e congrua, senza vizi logici e travisamento dei fatti (Sez. 1, n. 5043 del 21/12/2022, dep. 2023, COGNOME, n.m.).
Ancora di recente, questa Corte ha ribadito che l’unicità del disegno criminoso non può identificarsi con una scelta di vita che implica la reiterazione
di determinate condotte criminose o comunque con una AVV_NOTAIO tendenza a porre in essere determinati reati, e che, al contempo, neppure può ridursi all’ipotesi che tutti i singoli reati siano stati dettagliatamente progettat previsti, in relazione al loro graduale svolgimento, nelle occasioni, nei tempi, nelle modalità delle condotte, giacché siffatta definizione di dettaglio non sarebbe conforme al dettato normativo, che parla soltanto di «disegno», e porrebbe l’istituto fuori dalla realtà concreta, data la variabilità delle situazioni fatto e la loro possibile prevedibilità solo in via approssimativa: occorre, dunque, che si abbia una riscontrabile programmazione e deliberazione iniziale di una pluralità di condotte in vista di un unico fine, una programmazione che può essere anche di massima, purché i reati da compiere risultino previsti almeno in linea AVV_NOTAIO, con riserva di adattamento alle eventualità del caso, come mezzo per il conseguimento di un unico scopo, prefissato e sufficientemente specifico (Sez. 1, n. 24202 del 23/02/2022, Cartanese, n.m.).
Riguardando alla luce di questi generali principi le doglianze che il difensore muove all’ordinanza impugnata, si rileva che il giudice dell’esecuzione ha ragionevolmente escluso che dagli atti in carteggio potessero ricavarsi elementi sufficienti per ritenere che gli illeciti per i quali è intervenuta condanna fossero frutto di un previo e unitario disegno criminoso, costituissero, cioè, parte integrante di un unico programma deliberato fin dall’origine nelle sue linee essenziali, al quale, volta per volta, si sono poi aggiunti gli elementi voliti necessari per dare allo stesso concreta attuazione.
Secondo la condivisibile prospettazione del giudice dell’esecuzione, i reati appaiono esser stati commessi in maniera del tutto estemporanea, non ravvisandosi ragioni oggettive di legame tra le condotte accertate: ed invero, l’omogeneità anche temporale di delitti che il COGNOME commise al fine di procurarsi denaro è sintomatica non di un identico disegno criminoso, ma di un identico movente, sicché, in assenza di elementi specifici e concreti, il mero fine di lucro che ha animato il reo non può di per sé solo consentire il riconoscimento della invocata continuazione, essendosi ripetutamente statuito che «In tema di esecuzione, incombe sul condannato che invochi l’applicazione della disciplina della continuazione l’onere di allegare elementi sintomatici della riconducibilità anche dei reati successivi a una preventiva programmazione unitaria, onde evitare che il meccanismo sanzionatorio di cui all’art. 81, comma secondo, cod. pen. si traduca in un automatico beneficio premiale conseguente alla mera reiterazione del reato, rendendo evanescente la linea di demarcazione tra continuazione e abitualità a delinquere» (Sez. 1, n. 35806 del 20/04/2016, COGNOME, Rv. 267580 – 01).
Nel caso di specie, gli elementi valorizzati dal ricorrente possono essere ritenuti sintomatici non di un’unica ed originaria deliberazione criminosa adattata nel tempo, ma di una scelta di vita delinquenziale, che ha ispirato la perpetrazione di reati che, pur se dello stesso tipo, non erano identificabili a priori nelle loro principali coordinate, essendo stati di volta in volta deliberati e commessi sfruttando estemporanee contingenze favorevoli.
Deve, infine, sottolinearsi, per un verso, che appare del tutto irrilevante che, come enfatizzato dal ricorrente, originariamente il pubblico ministero avesse iscritto un unico procedimento comprendente plurimi delitti contro il patrimonio contestati al COGNOME, trattandosi di elemento che, di per sé solo, nulla dice circa la sussistenza di un unitario disegno criminoso; per altro verso, che il ricorrente ha fatto riferimento a conversazioni intercettate nell’autovettura del COGNOME, asseritannente disvelatrici dell’identità del disegno criminoso, ma non ne ha allegato il contenuto, sicché questa Corte non può che constatare l’inconsistenza di questo argomento, anche in considerazione del fatto che la prospettazione difensiva si limita a mettere in evidenza che molti dei reati commessi dal COGNOME furono ideati e programmati dallo stesso mentre circolava all’interno della sua autovettura insieme al COGNOME: evenienza del tutto neutra ai fini che qui rilevano, in quanto di per sé sola insufficiente a radicare il convincimento della sussistenza di una unitaria deliberazione che abbia avvinto ed unificato le diverse violazioni della legge penale, nei termini che si sono innanzi illustrati.
Dunque, indipendentemente dalla natura omogenea delle violazioni, e dalla loro vicinanza spazio-temporale, il giudice dell’esecuzione ha correttamente concluso nel senso che non vi è prova che gli illeciti commessi siano stati conseguenti ad un’unica deliberazione di fondo: da quest’ultima non si può, invero, prescindere, specie a fronte di uno stile delinquenziale radicato, giacché la ratio dell’istituto in oggetto va ravvisata, con riferimento all’aspetto intellettivo, nella iniziale previsione della ricorrenza di più azioni criminos rispondenti a determinate finalità dell’agente e, in relazione al profilo della volontà, nell’elaborazione di un programma di massima, ancorché richiedente, di volta in volta, in sede attuativa, ulteriori specifiche volizioni (Sez. 1, n. 34502 de 02/07/2015, Bordoni, Rv. 264294-01).
Sulla base delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali.
Così deciso il 12/07/2024.