Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 36940 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 36940 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 10/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a LAMEZIA TERME il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 19/02/2025 della Corte d’appello di Catanzaro udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO; letta la requisitoria del pubblico ministero in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 2.07.2024, questa Corte annullava l ‘ordinanza della Corte di Appello di Catanzaro del 2.07.2024, nei confronti di COGNOME NOME, che accogliendo parzialmente l’istanza di riconoscimento del vincolo della continuazione tra i reati giudicati con cinque diverse sentenze, dichiarava uniti tra loro i delitti di cui agli artt.416 bis cod. pen., 629 cod. pen. ed altri reati-fine, giudicati con due diverse sentenze, in quanto relativi alla partecipazione al clan RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE sin dal 2009, nonché uniti tra loro i delitti di cui agli artt.74 e 73 D.P.R. 309/1990, commessi dopo il 2012, mentre escludeva la continuazione tra questi ultimi e il reato di cui all’art.416 bis cod. pen. perché, pur essendo stato il traffico di stupefacenti commesso per agevolare la medesima cosca, si è trattato di un ‘attività iniziata solo a partire dal 2012 e frutto, pertanto, di una programmazione successiva al momento di adesione alla consorteria mafiosa.
La sentenza rescindente ha rinviato alla Corte d’appello di Catanzaro per un nuovo giudizio al fine di valutare la rilevanza e significatività, per la decisione, della continuazione già dichiarata con riferimento a due reati coincidenti con quelli contestati nella sentenza di cui al n.4) dell’elenco.
Con l ‘ ordinanza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Catanzaro , in sede di annullamento con rinvio, quale giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza di COGNOME NOME di applicazione dell’istituto della continuazione tra i reati associativi, giudicati con due diverse sentenze, pronunciate dalla C orte d’appello di Catanzaro, rispettivamente, n.2169/2017 del 20.07.2017 (sub 1), per i reati di cui agli artt. 416 bis, 629 cod. pen., e 73 D.P.R 309/1990, e n.1489/2020 del 2/10/2020 (sub 4), per il reato di cui agli artt. 74 e 73 D.P.R. 309/1990.
Contro l’anzidetta ordinanza, il condannato propone ricorso, affidato ad un unico motivo, con il quale lamenta violazione e falsa applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 627, 666, 671 cod. proc. pen. e 81 cpv. cod. pen. Si deduce il mancato riconoscimento del vincolo della continuazione tra le sentenze di cui ai punti sub 1) e sub 4) dell’elenco riportato nell’ordinanza .
La contestazione del reato di cui al l’art. 416 bis cod. pen., (capo 1) della sentenza n.2169/2017 del 20/07/2017, indica, specificamente, nelle finalità della partecipazione all’associazione mafiosa , l’attività del ricorrente nel campo del traffico illecito di sostanze stupefacenti, mentre la Corte territoriale avrebbe omesso di indicare che il reato di spaccio di stupefacenti, di cui al capo 31), era aggravato dall’art. 7 L.203/1991.
Si deduce che entrambe le sentenze irrevocabili fanno riferimento a due condanne, riportate dal ricorrente, per il reato di cui all’art. 73 D.P.R. 309/1990, per le quali è già stata riconosciuta la c.d. continuazione interna; che nelle indicate sentenze si fa riferimento al medesimo sodalizio mafioso, operante nel territorio lametino ed in contrasto con l’altro gruppo mafioso denominato RAGIONE_SOCIALE ; che non esiste distanza temporale tra condotte, che avvengono tra il 2011 e gli inizi del 2013, mentre la presunta iniziativa di appartenenza alla cosca, nel 2009, non rileverebbe, per il ruolo del ricorrente di attività anche nel campo del traffico degli stupefacenti.
L’ordinanza impu gnata non avrebbe considerato che la sentenza irrevocabile ha ritenuto la continuazione tra il reato di cui all’art. 416 bis cod. pen. e quello di plurime cessioni di stupefacente a NOME COGNOME, avvenute tra novembre 2012 e febbraio 2013 nonché con quello della connessa estorsione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
La Corte territoriale ha interamente analizzato il percorso interpretativo conseguente alla decisione di annullamento ed in particolare la richiesta di valutare, anche con riferimento al capo di imputazione n. 31), se fosse veramente giustificato ritenere che tra le realtà criminose, prese in esame dalle due sentenze sub 1) e sub 4), non fosse ravvisabile un ‘ iniziale e generale programmazione, nonostante la distanza temporale tra i fatti contestati e la diversità delle due compagini organizzate.
2.1 In tema di applicazione della normativa del reato continuato, la costante giurisprudenza di questa Corte ritiene che l’unicità del disegno criminoso, costituente il presupposto indispensabile per la sua configurabilità, non possa identificarsi con la generale inclinazione del soggetto a commettere reati sotto la spinta di fatti o circostanze occasionali, più o meno collegate tra loro, ovvero di bisogni e necessità di ordine contingente e neanche con la tendenza a porre in essere reati della stessa indole, dovendo le singole violazioni costituire parte integrante di un unico programma criminoso deliberato sin dall’inizio nelle sue linee essenziali, per conseguire un determinato fine, a cui, di volta in volta, si aggiungerà l’elemento volitivo necessario per la sua attuazione. Ai fini della sussistenza dell’unicità del disegno criminoso, non rileva un generico programma delinquenziale, essendo necessaria, invece, la progettazione “ab origine” di una serie ben individuata di illeciti, già concepiti almeno nelle loro caratteristiche essenziali. Tale progetto criminale non può essere desunto sulla base della sola identità o analogia dei titoli di reato commessi, della loro prossimità temporale, della medesimezza del movente delle varie azioni criminose, ma deve essere positivamente e rigorosamente provato.
L’attuale configurazione dell’istituto esige, dunque, che lo scopo sia sufficientemente specifico, che la rappresentazione dell’agente ricomprenda tutta la serie di illeciti, che il programma criminoso sia concepito nelle sue linee essenziali e che i reati commessi non si discostino da tali linee essenziali.
2.2 Al riguardo, la Corte d’appello ha richiamato il principio, affermato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui la possibilità di riconoscere il vincolo della continuazione tra un’associazione di stampo mafioso ed una funzionale al traffico di s tupefacenti è subordinata ad ‘ una specifica indagine sulla natura dei vari sodalizi, sulla loro concreta operatività e sulla loro continuità nel tempo, avuto riguardo ai profili della contiguità temporale, dei programmi operativi perseguiti e del tipo di compagine che concorre alla loro formazione, non essendo a tal fine
sufficiente la valutazione della natura permanente del reato associativo e dell’omogeneità del titolo di reato e delle condotte criminose ‘ (Sez. 5, 18/107205; Sez. 4, sentenza n. 3337 del 22/12/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268786 -01; Sez. 6, sentenza n. 6851 del 9/2/2016, COGNOME, Rv. 266106; (Sez. 5, Sentenza n. 20900 del 26/04/2021, Rv. 281375 – 01).
Con riferimento agli elementi significativi da porre a base della valutazione, la Corte d’appello ha correttamente richiamato la distanza cronologica tra i fatti, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, la tipologia dei reati, il bene protetto, l’omogeneità delle violazioni, la causale, le condizioni di tempo e di luogo, con accertamento da compiere caso per caso, in relazione alle modalità concrete di commissione dei reati di cui si chiede l’unificazione, desumibili dalle sentenze. Elementi che, secondo il principio affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, non devono ricorrere congiuntamente in quanto la progettazione ad origine può trovare riconoscimento anche in presenza della ricorrenza di alcuni soltanto di tali elementi sintomatici, ‘purché significativi’ (Sez.1, sentenza del 13/11/2012, n.11564).
E ancora, la Corte d’appello ha tenuto conto dell’ulteriore principio, affermato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui non comportano necessariamente soluzione di continuità nella vita dell’associazione criminosa evenienze quali: l’eventuale variazione della compagine associativa per la successiva adesione di nuovi membri all’accordo originario o per la rescissione del rapporto di affiliazione da parte di alcuni sodali; l’estensione dell’attività criminosa di reati di altre specie; l’ampliamento dell’ambito territoriale di operatività (Sez. 5, 26.04.2021 n.20900, Rv. 281375; Sez. 2, n. 28644 del 26/04/2012, COGNOME, Rv. 253416).
2.3 Il dato rilevante del percorso motivazionale della Corte territoriale è proprio l’analisi del valore da attribuire al capo 31 ), attinente a cessioni di eroina nei confronti di NOME COGNOME, che, nelle sue caratteristiche fattuali rappresenterebbe il tratto unificante tra le due associazioni perché il COGNOME si sarebbe reso responsabile, anche nel contesto associativo mafioso, di modiche cessioni di stupefacente, così evidenziando che la programmazione generale al medesimo riferibile quando aderiva (molto giovane) alla associazione ex art. 416 bis cod. pen. comprendeva anche lo spaccio di stupefacenti e non solo il settore estorsivo.
La risposta negativa che la Corte d’appello fornisce con il provvedimento impugnato è del tutto logica e conseguenziale alla analisi dei fatti riportati nelle sentenze in questione. La Corte territoriale prende in esame infatti tutti gli elementi di raccordo tra le due decisioni e li valuta prima singolarmente e poi nella loro interazione, proprio per verificare se dalla analisi degli stessi sia rinvenibile ex
post (da parte del giudice della esecuzione) la possibilità di applicare l’istituto invocato.
Nella specie, la Corte territoriale, nell’analizzare le due associazioni, ha rilevato che, da un lato, si pone un sodalizio di stampo ndranghetistico, denominato COGNOMERAGIONE_SOCIALECOGNOMERAGIONE_SOCIALECOGNOME, operante dal 2009 (dal 2003 per alcuni sodali, tra cui il COGNOME), incentrato su una sistematica realizzazione di reati estorsivi, in relazione al quale il ricorrente ha riportato anche una condanna (capo 31) per cessioni di eroina a tale COGNOME, commesso tra il 2012 e il 2013, dall’altro , una associazione dedita al traffico di stupefacenti, operante, dal novembre 2012, per favorire la suddetta cosca mafiosa, operanti entrambe nel territorio di Lamezia Terme. Trattasi di reati di diversa natura, posti a presidio di differenti beni giuridici e realizzati in contesti temporali sufficientemente distanti tra loro.
È stata, inoltre, correttamente sottolineata la diversa composizione dei due gruppi, in quanto a fronte della medesimezza di alcuni soggetti, protagonisti di entrambe le associazioni, per l’associazione mafiosa , venivano condannate 18 persone non coinvolte nel sodalizio dedito allo spaccio di stupefacenti, e viceversa, risultando assenti dalla consorteria mafiosa 19 soggetti condannati per il reato di cui all’art. 74 D.P.R 309/1990. E ancora, nel sodalizio di stampo ‘ndranghetistico, COGNOME aveva un ruolo di partecipe, non di particolare prestigio, dedito, unitamente al padre, alla esecuzione di estorsioni, ai danni di imprenditori e commercianti lametini, mentre l’attività di spaccio è collocata soltanto negli anni 2012-2013; nel sodalizio finalizzato al traffico di stupefacenti, il ricorrente aveva il ruolo di gestore e coordinatore di una piazza di spaccio.
L ‘esame sinottico delle imputazioni dimostra una serie di differenze e variabili che non possono essere condotte ad unità, se non a prezzo di svilire l’istituto della continuazione ad una mera reiterazione di propostiti criminosi.
La Corte del rinvio, con motivazione immune da vizi e censure, ha ritenuto che il reato di cui al capo 31) non può essere letto come la prova dell ‘ esistenza di una programmazione generica dell’attività di spaccio di stupefacenti , se non a costo di ricostruire i fatti diversamente da come sono stati accertati dalle sentenze di merito, operazione preclusa al giudice della esecuzione, trattandosi di due associazioni del tutto diverse sia quanto alla individuazione della struttura delle compagini, sia quanto alla individuazione dei partecipi, del tutto differenti e non sovrapponibili.
L ‘attività di spaccio continuata nei confronti di NOME (capo 31), contestata anche nella sentenza n.1489/2020 della Corte di appello di Catanzaro del 2.10.2020, in cui si contesta il reato di cui all’art. 74 D.P.R 309/1990, è stata correttamente ritenuta una evenienza del tutto eccentrica rispetto alla natura della
partecipazione al sodalizio mafioso, perché contestata in due soli capi di imputazione (uno dei quali per COGNOME), a fronte della preponderanza di contestate estorsioni ai danni di imprenditori e commercianti, nonché estemporanea rispetto alla condotta partecipativa sino ad allora mostrata dal ricorrente, ed inevitabile in quanto intimamente connessa all’estorsione di cui al capo 4). Analoghe considerazioni la Corte territoriale ha formulato con riguardo all’attività di traffico di stupefacenti, indicata in chiusura del capo 1) della sentenza n.2169 del 20.07.2017, che, tenuto conto delle restanti contestazioni, è stata ritenuta un corpo del tutto estraneo ed assolutamente non sviluppato nel prosieguo.
Con riguardo all ‘attività di gestione di una piazza di spaccio da parte del ricorrente, nell’ambito della associazione dedita al traffico di stupefacenti, che la Corte d’appello valuta in temini di novità, la motivazione è corretta ed immune da vizi e censure, in quanto trattasi di attività che evoca quella estemporaneità dipesa da esigenze contingenti, che, in presenza di un dato delittuoso sopravvenuto, questa Corte valorizza per l’esclusione di una programmazione unitaria ab origine (Sez. 5, sentenza del 14/05/2008, Rv.23370), atteso il ragionevole ostacolo che il ricorrente potesse prefigurarsi in anticipo, a far data dal 2009, tutte le successive attività delittuose.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 10/09/2025.
Il AVV_NOTAIO estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME