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Reato continuato: no a doppia pena, Cassazione annulla

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza della Corte d’appello di Roma che, in fase di esecuzione, aveva erroneamente calcolato la pena per un reato continuato. Il giudice aveva applicato un aumento per un reato già compreso nella pena base, di fatto sanzionandolo due volte. La Cassazione ha rinviato il caso per una corretta rideterminazione della pena complessiva, evidenziando il divieto di duplicazione della sanzione.

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Pubblicato il 17 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato Continuato: La Cassazione Annulla per Errore di Calcolo della Pena

L’istituto del reato continuato rappresenta un caposaldo del nostro sistema sanzionatorio, volto a mitigare la pena per chi commette più reati sotto l’impulso di un’unica decisione criminale. Tuttavia, la sua applicazione pratica, specialmente in fase esecutiva, può nascondere insidie. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. n. 20255/2024) ce ne offre un chiaro esempio, annullando un’ordinanza per un palese errore di calcolo che aveva portato a una duplicazione illegittima della sanzione.

I Fatti del Caso: Un Aumento di Pena Illegittimo

Il caso trae origine dall’istanza di un condannato che chiedeva al giudice dell’esecuzione di applicare la disciplina del reato continuato a diverse sentenze di condanna divenute definitive. La Corte d’appello di Roma accoglieva la richiesta, procedendo a rideterminare la pena complessiva.

L’errore, però, si è annidato proprio nel calcolo. Il giudice ha individuato la pena base in quella inflitta da una sentenza del 2022 (pari a 7 anni e 4 mesi di reclusione e 2.300 euro di multa), aumentandola poi di 6 mesi di reclusione e 200 euro di multa per i fatti oggetto di una precedente sentenza del 2015. Il problema? La pena della sentenza del 2022 già teneva conto, a sua volta in continuazione, dei reati della sentenza del 2015. In pratica, il condannato si è visto aumentare la pena per un reato che era già stato conteggiato nella pena base, subendo una palese duplicazione sanzionatoria.

L’Applicazione del Reato Continuato in Fase Esecutiva

L’articolo 671 del codice di procedura penale permette, a chi sia stato condannato con più sentenze o decreti penali per reati che avrebbe potuto commettere in continuazione, di chiedere al giudice dell’esecuzione l’applicazione di tale disciplina. Questo strumento è fondamentale per garantire che la risposta sanzionatoria sia proporzionata all’effettivo disvalore del fatto, evitando un cumulo materiale delle pene che risulterebbe eccessivamente afflittivo. Il giudice, individuato il reato più grave, determina la pena base e la aumenta per i reati cosiddetti “satellite”. L’errore, come nel caso di specie, può consistere nel considerare come “satellite” un reato già incluso nel calcolo del reato più grave.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, investita del ricorso, ha ritenuto il motivo fondato, procedendo all’annullamento dell’ordinanza. Gli Ermellini, accedendo agli atti del processo (possibilità consentita quando si deduce una violazione di legge), hanno verificato che la sentenza della Corte d’appello del 31 gennaio 2022 aveva già unificato sotto il vincolo della continuazione i fatti giudicati con la sentenza del 2 dicembre 2015. Di conseguenza, la pena inflitta in quella sede era già onnicomprensiva.

L’ordinanza impugnata, assumendo quella pena come base e aumentandola ulteriormente per gli stessi fatti del 2015, ha commesso una chiara violazione di legge. L’aumento di 6 mesi di reclusione e 200 euro di multa è stato quindi ritenuto illegittimo, in quanto ha punito due volte la medesima condotta criminale. La Corte ha sottolineato come la pena calcolata dal giudice dell’esecuzione dovesse semplicemente coincidere con quella già determinata, senza ulteriori e indebiti aumenti.

Le Conclusioni

In conclusione, la Suprema Corte ha annullato l’ordinanza impugnata, ma limitatamente alla determinazione del trattamento sanzionatorio. Il caso è stato rinviato alla Corte d’appello di Roma per un nuovo giudizio, in cui si dovrà procedere alla corretta rideterminazione della pena, eliminando l’aumento illegittimo. Un aspetto procedurale di rilievo è che la Corte ha specificato che il nuovo giudizio dovrà essere tenuto da un collegio in diversa composizione. Ciò in ossequio a una sentenza della Corte Costituzionale (n. 183/2013) che sancisce l’incompatibilità del giudice che ha già emesso un’ordinanza in materia di reato continuato a partecipare al giudizio di rinvio dopo l’annullamento. Questa pronuncia ribadisce l’importanza del rigore matematico e giuridico nel calcolo della pena, a tutela del principio fondamentale che nessuno può essere punito più di una volta per lo stesso fatto.

Cosa si intende per reato continuato in fase esecutiva?
È la possibilità, per una persona condannata con più sentenze definitive, di chiedere al giudice dell’esecuzione di unificare i reati sotto un medesimo disegno criminoso, ottenendo una pena unica calcolata secondo criteri più favorevoli rispetto al semplice cumulo materiale.

Qual è stato l’errore commesso dal giudice dell’esecuzione in questo caso?
Il giudice ha calcolato la pena finale aumentando la pena base per un reato che, in realtà, era già stato considerato e incluso nel calcolo di quella stessa pena base da una precedente sentenza, portando a una illegittima doppia punizione per lo stesso fatto.

Perché la Cassazione ha disposto che il nuovo giudizio sia tenuto da un giudice diverso?
Per garantire la massima imparzialità, in applicazione di un principio stabilito dalla Corte Costituzionale, secondo cui il giudice che ha già pronunciato un’ordinanza in materia di reato continuato non può partecipare al successivo giudizio di rinvio dopo che la sua decisione è stata annullata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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