Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 17904 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 17904 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 11/02/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a GELA il 28/08/1975
avverso l’ordinanza del 29/10/2024 della Corte d’Appello di Caltanissetta;
Vista la relazione del Consigliere NOME COGNOME;
Vista la requisitoria del Sost. Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso;
in procedura a trattazione scritta.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa in data 29 ottobre 2024 la Corte di Appello di Caltanissetta – quale giudice della esecuzione – ha respinto la domanda introdotta da COGNOME NOMECOGNOME tesa ad ottenere il riconoscimento della continuazione tra i fatti oggetto di distinte decisioni irrevocabili.
In motivazione viene evidenziato che: a) la prima decisione riguarda la partecipazione ad una associazione di stampo mafioso, un delitto di omicidio volontario e altro; b) la seconda decisione riguarda, alla luce degli esiti del giudizio di legittimità, la partecipazione ad una associazione dedita allo smercio di stupefacenti, diversa dal sodalizio mafioso di cui alla prima sentenza; c) i fatti giudicati con la seconda sentenza sono accaduti a distanza di tempo dai primi e dopo un periodo di detenzione molto consistente.
Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione – a mezzo del difensore COGNOME Il ricorso propone una unica deduzione in termini di erronea applicazione della disciplina regolatrice e vizio di motivazione.
Secondo la difesa il lungo intervallo temporale tra le due condotte criminose non sarebbe significativo e ciò proprio in ragione della tendenziale ‘stabilità’ del vincolo associativo (di tipo mafioso) anche in costanza di detenzione.
Inoltre, viene evidenziato che la decisione della Corte di Cassazione sul secondo procedimento non ha escluso la permanenza di una contiguità mafiosa del ricorrente ma ha semplicemente ritenuto che la contestazione di cui all’art.74 dPR n.309 del 1990, in una con l’aggravante della
agevolazione mafiosa, era tale da ricomprendere l’intero disvalore del fatto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł infondato, per le ragioni che seguono.
Va premesso che in tema di riconoscimento della continuazione il giudice di merito – attraverso un concreto esame dei tempi e delle modalità di realizzazione delle diverse violazioni commesse deve apprezzare l’esistenza o meno di indici rivelatori tali da consentire – se rinvenuti – la qualificazione delle condotte in termini di unicità del disegno criminoso.
Per tale va intesa la rappresentazione unitaria sin dal momento ideativo delle diverse condotte violatrici – almeno nelle loro linee essenziali – da parte del soggetto agente, sì da potersi escludere una successione di autonome risoluzioni criminose ed in tal modo giustificandosi la valutazione di ridotta pericolosità sociale che giustifica il trattamento sanzionatorio piø mite rispetto al cumulo materiale (ex multis Sez. I n. 40123 del 22.10.2010, rv 248862) .
Ciò perchŁ la ricaduta nel reato e l’abitualità a delinquere non integrano di per sØ il caratteristico elemento intellettivo (unità di ideazione che abbraccia i diversi reati commessi) che caratterizza il reato continuato.
La ricostruzione del processo ideativo di una serie di episodi Ł – per natura – indiziaria, atteso che trattandosi di accertamento relativo ad atteggiamento psicologico lo stesso può alimentarsi esclusivamente dall’apprezzamento di nessi esteriori – tra le diverse condotte poste in essere -, che non siano però espressivi di una indefinita adesione ad un sistema di vita.
Va riaffermato dunque che la unicità di disegno criminoso, richiesta dall’art. 81, secondo comma, cod.pen. non può identificarsi con una scelta di vita che implica la reiterazione di determinate condotte criminose o comunque con una generale tendenza a porre in essere determinati reati.
Al contempo la nozione di continuazione neppure può ridursi all’ipotesi che tutti i singoli reati siano stati dettagliatamente progettati e previsti, in relazione al loro graduale svolgimento, nelle occasioni, nei tempi, nelle modalità delle condotte, giacchØ siffatta definizione di dettaglio oltre a non apparire conforme al dettato normativo, che parla soltanto di “disegno” porrebbe l’istituto fuori dalla realtà concreta, data la variabilità delle situazioni di fatto e la loro prevedibilità, quindi e normalmente, solo in via approssimativa.
Quello che occorre, invece, Ł che si abbia una visibile programmazione e deliberazione iniziale di una pluralità di condotte in vista di un unico fine.
La programmazione può essere perciò ab origine anche di massima, purchØ i reati da compiere risultino previsti almeno in linea generale, con riserva di ‘adattamento’ alle eventualità del caso, come mezzo per il conseguimento di un unico scopo o intento, prefissato e sufficientemente specifico (in tal senso Sez. I n. 12905 del 17.3.2010, rv 246838).
Tali principi sono stati ribaditi, con specifico riferimento ai contenuti della valutazione da compiersi in sede esecutiva, da Sez. Un. n. 28659 del 18.5.2017, rv 270074, che si Ł espressa nel modo che segue : il riconoscimento della continuazione, necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spaziotemporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea.
Ora, nel caso in esame la valutazione operata dalla Corte di Appello appare rispondente a tali considerazioni in diritto e non appare inficiata da evidenti vizi logici, dato che il lungo intervallo temporale tra le condotte delittuose risulta significativo della mancanza di una concreta ideazione unitaria delle diverse violazioni e la diversità dei due agglomerati associativi appare congruamente motivata.
NŁ la prospettazione difensiva esposta nel ricorso appare in linea con la ricognizione dell’istituto sin qui realizzata.
Non può in particolare accedersi all’ipotesi di un costante ‘apporto’ del soggetto detenuto alla organizzazione mafiosa (dovendo tale ipotesi formare oggetto di specifico apprezzamento in concreto, ferma restando la permanenza, in assenza di segni tangibili, di una condizione di latente pericolosità del soggetto) posto che l’esperienza detentiva crea una ‘obiettiva cesura’ con la realtà esterna ed una concreta occasione di ripensamento, tale da determinare, per logica comune, una ‘rinnovata’ ideazione, lì dove alla scarcerazione segua un nuovo delitto, aspetto tendenzialmente incompatibile con la fisionomia normativa del reato continuato.
Al rigetto del ricorso segue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 11/02/2025.
Il Presidente NOME COGNOME