LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Reato continuato motivazione: quando è sufficiente?

Un soggetto, condannato per tre diversi reati, otteneva dal giudice dell’esecuzione l’applicazione del reato continuato. Lamentava però una carenza di motivazione sugli aumenti di pena. La Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo che per un reato continuato, la motivazione sull’aumento di pena si attenua se l’aumento stesso è modesto e inferiore al minimo edittale, non richiedendo una spiegazione dettagliata.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato Continuato e Motivazione: Quando un Aumento di Pena ‘Modico’ Non Richiede Spiegazioni Dettagliate

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 4884 del 2024, offre chiarimenti cruciali sul reato continuato e la motivazione della pena. In particolare, la Corte stabilisce che l’obbligo del giudice di motivare in modo approfondito l’aumento di pena per i reati ‘satellite’ si attenua notevolmente quando tale aumento è di modesta entità. Questa decisione ha importanti implicazioni pratiche per la fase esecutiva del processo penale.

I Fatti del Caso

Un individuo si rivolgeva al Tribunale di Treviso, in qualità di giudice dell’esecuzione, per chiedere l’applicazione della disciplina del reato continuato su tre condanne definitive a suo carico. I reati, commessi in un arco temporale di circa cinque anni, erano:

1. Ricettazione (art. 648 c.p.), commesso nel 2013.
2. Appropriazione indebita (art. 646 c.p.), commesso in epoca successiva all’ottobre 2013.
3. Possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi (art. 497-bis c.p.), commesso nel 2018.

Il giudice dell’esecuzione accoglieva la richiesta, riconoscendo la sussistenza di un medesimo disegno criminoso. Rideterminava quindi la pena complessiva partendo dalla pena base per il reato più grave (ricettazione), fissata in tre anni di reclusione e 3.000 euro di multa, e applicando successivi aumenti per gli altri due reati (i cosiddetti reati satellite). La pena finale veniva così calcolata in quattro anni e quattro mesi di reclusione e 3.700 euro di multa.

L’imputato, tuttavia, presentava ricorso in Cassazione, lamentando un vizio di motivazione. A suo dire, il giudice si era limitato a quantificare gli aumenti di pena per i reati satellite senza fornire alcuna spiegazione sui criteri adottati per tale quantificazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Ha ritenuto che, nel caso di specie, la motivazione fornita dal giudice dell’esecuzione fosse adeguata e sufficiente, nonostante la sua sinteticità. La decisione si fonda su un principio consolidato, ma qui applicato specificamente al calcolo della pena in sede di esecuzione per il reato continuato.

Il Principio sul Reato Continuato e la Motivazione della Pena

La Cassazione ribadisce che, sebbene il giudice debba calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ciascun reato satellite, l’onere motivazionale non è sempre uguale. Esso varia in base all’entità della pena inflitta rispetto ai limiti edittali previsti dalla legge per quel reato.

In particolare, l’obbligo di fornire una motivazione dettagliata si attenua quando l’aumento di pena applicato per un reato satellite è:

* Modico in assoluto.
* Notevolmente inferiore al minimo edittale previsto per la fattispecie di reato in questione.

Al contrario, l’obbligo motivazionale diventa più stringente se l’aumento di pena si avvicina o supera il minimo edittale, specialmente se la pena base per il reato più grave era stata fissata al minimo.

Le Motivazioni della Sentenza

Nel caso analizzato, la Corte ha osservato che il giudice dell’esecuzione aveva correttamente seguito la procedura: aveva individuato il reato più grave, stabilito la pena base e calcolato separatamente gli aumenti per gli altri due. Gli aumenti applicati (quattro mesi per l’appropriazione indebita e un anno per il possesso di documenti falsi) erano stati definiti ‘estremamente modesti’ rispetto alle pene minime previste per tali reati.

Data questa modestia, la quantificazione numerica dell’aumento era di per sé sufficiente a esprimere la valutazione del giudice sulla gravità del fatto, senza necessità di ulteriori specificazioni basate sui criteri dell’art. 133 c.p. La mancanza di una spiegazione analitica non costituiva, quindi, un vizio di motivazione tale da invalidare l’ordinanza.

Conclusioni

La sentenza n. 4884/2024 consolida un importante principio di economia processuale e di proporzionalità nell’ambito della motivazione delle pene. Si chiarisce che il rigore richiesto al giudice nella spiegazione delle sue decisioni sanzionatorie è direttamente proporzionale alla severità della pena inflitta. Quando gli aumenti per i reati satellite in un contesto di continuazione sono minimi, si presume che il giudice abbia considerato tutti i fattori rilevanti, e una motivazione sintetica è considerata legittima. Questa pronuncia offre quindi un criterio guida per i giudici dell’esecuzione e per gli avvocati, delineando i confini tra una motivazione legittimamente succinta e un vizio di motivazione censurabile.

Quando un giudice può applicare la disciplina del reato continuato?
Un giudice può applicare il reato continuato quando riscontra la sussistenza di elementi sintomatici di un ‘medesimo disegno criminoso’ che lega tra loro più reati commessi dalla stessa persona, anche se giudicati con sentenze diverse.

L’obbligo di motivare l’aumento di pena per i reati satellite è sempre uguale?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’obbligo di motivazione si attenua notevolmente quando l’aumento di pena inflitto per il reato satellite è modico e inferiore al minimo edittale previsto dalla legge per quel reato. In questi casi, non è richiesta una spiegazione dettagliata.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Se il ricorso è dichiarato inammissibile, come in questo caso, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (nel caso specifico, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati