LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Reato continuato: motivazione della pena in Cassazione

Un soggetto condannato per tentato furto e possesso di arnesi da scasso ha impugnato la sentenza d’appello, lamentando una carenza di motivazione sull’aumento di pena applicato in virtù del reato continuato. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, specificando che per aumenti di pena di lieve entità non è necessaria una motivazione dettagliata, essendo sufficiente il richiamo al quadro sanzionatorio complessivo e alla personalità dell’imputato.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 1 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato continuato e obbligo di motivazione: la Cassazione fa il punto

Quando più reati vengono commessi in esecuzione di un unico piano criminale, si parla di reato continuato. Questa finzione giuridica consente di evitare un cumulo di pene eccessivo, applicando la sanzione prevista per il reato più grave, aumentata per gli altri. Ma fino a che punto il giudice deve giustificare questo aumento? Con l’ordinanza in commento, la Corte di Cassazione torna sul tema, chiarendo i confini dell’obbligo di motivazione in caso di aumenti di pena di lieve entità.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine da una condanna per tentato furto aggravato e possesso ingiustificato di arnesi da scasso. In secondo grado, la Corte d’Appello, accogliendo un motivo di impugnazione, aveva riunito i due reati sotto il vincolo della continuazione. Pur confermando la condanna, aveva quindi ricalcolato la pena, applicando un aumento di due mesi di reclusione per il secondo reato (quello meno grave).

L’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso in Cassazione, sollevando due questioni principali:
1. La mancata informazione, da parte della Corte d’Appello, sulla possibilità di accedere alle pene sostitutive previste dalla Riforma Cartabia.
2. La presunta assenza di una motivazione specifica che giustificasse l’aumento di due mesi di reclusione a titolo di continuazione.

La gestione del reato continuato in Appello

La Suprema Corte ha rapidamente liquidato il primo motivo di ricorso come inammissibile. Richiamando la propria giurisprudenza consolidata, ha ribadito che l’applicazione delle pene sostitutive brevi nei processi già pendenti in appello al momento dell’entrata in vigore della Riforma Cartabia non è automatica. È, invece, subordinata a una specifica richiesta da parte dell’imputato, da presentare al più tardi durante l’udienza di discussione. In assenza di tale richiesta, il giudice non ha alcun obbligo di considerare d’ufficio questa possibilità.

La Motivazione dell’Aumento di Pena

Il cuore della pronuncia risiede nell’analisi del secondo motivo, relativo alla motivazione dell’aumento di pena per il reato continuato. La Corte ha giudicato anche questa censura manifestamente infondata, spiegando che l’obbligo di motivazione del giudice è direttamente proporzionale all’entità dell’aumento di pena disposto.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha chiarito che, nel caso di specie, un aumento di soli due mesi di reclusione è da considerarsi di “esigua entità”. Pertanto, non è necessario che il giudice di merito fornisca una motivazione specifica e dettagliata per ogni singolo aumento relativo ai cosiddetti “reati satellite”. È invece sufficiente che le ragioni della quantificazione della pena siano desumibili, anche indirettamente, dal complesso della motivazione della sentenza.

Nel caso analizzato, la Corte d’Appello aveva ampiamente giustificato il trattamento sanzionatorio generale, facendo riferimento a elementi concreti quali:
1. L’assenza di giustificazioni da parte dell’imputato riguardo agli arnesi da scasso trovati in suo possesso.
2. La connessione con l’altro reato accertato, ovvero il tentato furto.
3. La “negativa personalità del prevenuto”, desunta dai suoi numerosi precedenti penali, che avevano già impedito la concessione delle attenuanti generiche.

Secondo la Cassazione, queste considerazioni, pur essendo state formulate per giustificare la pena base e il diniego delle attenuanti, sono sufficienti a supportare logicamente anche l’aumento di pena di due mesi per la continuazione. La Corte ha inoltre sottolineato come tale aumento fosse notevolmente inferiore rispetto alla pena di sei mesi di arresto inflitta in primo grado per lo stesso reato, a dimostrazione di un trattamento sanzionatorio finale più mite e proporzionato.

Le conclusioni

L’ordinanza ribadisce un principio di economia processuale e di proporzionalità nell’obbligo di motivazione. Per aumenti di pena minimi nell’ambito del reato continuato, non è richiesto al giudice un “impegno motivazionale” eccessivo. L’importante è che la decisione sia coerente, non appaia come un abuso del potere discrezionale e che il rapporto di proporzione tra le pene sia rispettato. Questa pronuncia conferma che il controllo di legittimità della Cassazione non entra nel merito delle valutazioni del giudice, a meno che la motivazione non sia palesemente illogica, contraddittoria o del tutto assente, circostanze non ravvisabili nel caso di specie. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Il giudice deve sempre motivare in modo specifico l’aumento di pena per ogni reato nel caso di reato continuato?
No. Secondo la Corte, per aumenti di pena di esigua entità, non è richiesta una motivazione specifica e dettagliata, purché le ragioni siano desumibili dal percorso motivazionale complessivo della sentenza e sia rispettato il rapporto di proporzione tra le pene.

Perché il ricorso sulla mancata applicazione delle pene sostitutive è stato respinto?
È stato respinto perché, secondo la giurisprudenza consolidata, l’applicazione delle pene sostitutive brevi nei processi pendenti in appello all’entrata in vigore della Riforma Cartabia è subordinata a una richiesta esplicita dell’imputato, che in questo caso non era stata formulata.

Quali elementi ha considerato la Corte per ritenere giustificato l’aumento di pena?
La Corte ha ritenuto che la motivazione fosse indirettamente supportata da vari elementi già considerati dal giudice d’appello, tra cui la carenza di giustificazioni per il possesso di arnesi da scasso, la commissione di un altro reato (tentato furto) e la personalità negativa dell’imputato, come evidenziato dai suoi numerosi precedenti penali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati